Come si fa a non chiedere a un ex delle cucine di Cannavacciuolo se sia vero che lo chef di Villa Crespi distribuisce devastanti pacche sulle spalle? Per la cronaca, la risposta è sì, le leggendarie pacche sulle spalle di Antonino Cannavacciuolo non sono solo una trovata televisiva, ma una solida realtà nelle sue brigate. Ad ammetterlo è Alessandro Pietropaoli, il giovane chef che ha preso le redini del ristorante del Campocori, rifugio gourmet dell’hotel Chapter, a due passi dal Ghetto di Roma.
Chef Alessandro Pietropaoli Venanzi
Ma andiamo con ordine, riassumendo le puntate precedenti e arrivando a questa nuova insegna del panorama gastronomico capitolino.
Chapter, boutique hotel dedicato all’arte contemporanea
Siamo in un antico palazzo del Rione Regola, incastonato fra il ministero della Giustizia e la Sinagoga, e inaugurato a novembre del 2019. A rendere unico lo spazio, il designer sudafricano Tristan Du Plessis dello Studio A di Johannesburg, che ha applicato a questo palazzo storico schemi cosmopoliti da loft newyorkese, tocchi d’arte contemporanea sparsi qua e là (come non citare il murales del duo americano Cyrcle), mescolati con elementi originali.
Ingressi separati (benché sia tutto interdipendente) per hotel, cocktail bar e ora anche per il ristorante, ultimo nato della famiglia, che ha assunto un altro nome per differenziarsi ulteriormente: Campocori. Il nome è un omaggio all’ormai scomparsa Chiesa di S. Maria in Campo Cori che nel Medioevo occupava l’area dove sorge ora il Chapter.
Atmosfere anni Trenta al Campocori
Passata la bufera del Covid che ha fatto ritardare l’apertura del ristorante, già nei piani fin dall’inaugurazione dell’hotel, il patron Marco Cilia ha richiamato lo stesso designer, De Plessis, con il compito di dare un’anima fine dining, ma non ingessata, alla sala del Campocori. Qui lo stile di base è più classico, pesca nel ricordo dei ristoranti italiani anni Trenta di New York, fra velluti delle sedute, lampadari in vetro di Murano, boiserie, tavoli in marmo.
Il ristorante Campocori all'interno dell'hotel Chapter di Roma Venanzi
Ma non mancano i tocchi contemporanei, a cominciare dalle finiture in metallo battuto, che richiamano le antiche botteghe dei fabbri (i cosiddetti calderari) che animavano la via in cui si trova il ristorante. A rompere ulteriormente lo schema, le opere d’arte contemporanea firmate da Haris Nukem, giovane fotografo bosniaco attivo sulla scena londinese. Due ritratti di donna, irriverenti e trasgressivi, campeggiano sulle boiserie e richiamano insistentemente lo sguardo. Fra i tavoli, si muovono i ragazzi, guidati dalla direzione di Jacopo Arosio, che ha impostato un servizio accurato e raffinato, ma friendly, che non fa sentire nessuno a disagio. “Con Campocori - spiega Marco Cilia - vogliamo tornare agli anni della Golden Age dei Supper Club, negli anni Trenta. Locali che offrivano cucina ricercata, servizio di primo livello e convivialità in un ambiente elegante, ma divertente”.
La cucina di Alessandro Pietropaoli
Ristorante Campocori - il menu firmato da chef Pietropaoli
Originario di Tagliacozzo, comune dell’Abruzzo marsicano, Pietropaoli ha 31 anni e un bagaglio culturale di viaggi ed esperienze: va dalla Costa Azzurra all’Egitto, passa per le cucine stellate di Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi e Vito Mollica al ristorante La Veranda del Four Seasons Hotel a Milano. Raffina la tecnica e conosce ingredienti lontani, che gli servono, dice, per contaminare ed elevare i piatti della tradizione, rendendoli contemporanei e cosmopoliti.
Gioca con il mare e con la terra, non disdegnando il vegetale, tanto che non manca un menù degustazione Natura dedicato ai vegetariani (quattro piatti a 55 euro). Gli altri percorsi proposti sono le cinque portate del menù Emozioni (70 euro), e le otto portate del menù Viaggio (95 euro).
Tutto inizia con i piccoli antipasti dello chef, che giocano con i classici romani, come il bon bon di Carbonara, continua con primi di sostanza come il Plin alla Vaccinara e si spinge fino all’unione di mare e terra con i riuscitissimi Tagliolini AOP, ricci di mare, bufala e guanciale. Il Piccione in doppio servizio (anzi triplo per la verità) è un esercizio di stile, mentre il dessert a base di Ricotta e barbabietola è quel dolce non dolce che stuzzica il palato sorprendendolo.
Ristorante Campocori - Ricotta e Barbabietola
Le altre insegne di Chapter
Oltre all’apertura di Campocori, il Chapter ha finalmente chiuso il cerchio di una variegata offerta food&beverage. Nel frattempo al bancone del lounge bar è arrivata la bravissima Solomiya Grytsyshyn, barlady di origini ucraine che si è fatta le ossa affiancando per anni il grande Massimo D’Addezio e che finalmente spicca il volo per un progetto totalmente affidato a lei. La sua prima carta è in lavorazione e uscirà a breve, quando si comincerà a poter tornare anche ad animare la magnifica terrazza Hey Guey (atmosfera messicana sui tetti di Roma). Nel frattempo, con altro ingresso separato su via Arenula, sempre lo stesso gruppo ha aperto anche il Lucky Fish Market (la scelta della materia prima e le ricette sono sempre supervisionate da Pietropaoli), sushi bar dall’area minimal e quasi nordeuropea, vocato più a pasti veloci.