Il capocollo di Martina Franca, conosciuto anche a livello locale come capicollo, è un salume pugliese particolarmente apprezzato. Si ottiene attraverso la salagione, l'affumicatura e quindi la stagionatura dell'area cervicale (tra il collo e la costata) del maiale. In sostanza è la parte che viene chiamata coppa nel Nord Italia a e lonza al Centro.
Tradizione vuole che in Puglia, dove la norcineria non è mai stata particolarmente sviluppata, Martina Franca sia sempre stata un'eccezione grazie ad una produzione di salumi di qualità che non si fermava soltanto al capocollo. Proprio per questo alla manodopera martinese ci si rivolgeva, quando era il momento di macellare il suino, dal resto della provincia di Taranto e dal Salento.
Capocollo di Martina Franca | Il territorio e la storia

Martina Franca è un comune della provincia di Taranto di meno di 50.000 abitanti, noto per l'architettura barocca. Situato sulle propaggini meridionali delle Murge è un rilevante centro agricolo e viticolo.
Qui la lavorazione del capocollo di Martina Franca si differenzia da quella degli altri prodotti simili d'Italia - dalla coppa di Parma IGP al capocollo di Calabria DOP - poichè prevede una tecnica di lavorazione ad hoc per le condizioni climatiche della regione, decisamente sfavorevoli per la conservazione e la stagionatura dei salumi.
Ogni passaggio nella produzione del capocollo di Martina Franca è minuziosamente indicato e spiegato nel disciplinare.
Come abbiamo detto quest'area è un'eccezione rispetto al resto della regione: la tradizione pugliese della norcineria è quasi del tutto inesistente, eppure qui la Val d'Itria, tra Taranto e Brindisi, con Martina Franca in primis, sono un luogo d'eccellenza della tradizione salumiera italiana già dal XVIII secolo, cioè al tempo del Regno di Napoli.
Capocollo di Martina Franca | Lavorazione e produzione

Per realizzare il capocollo di Martina Franca si impiegano carni suine regionali, al bisogno nazionali.
Dopo essere stati mondati e sagomati, i pezzi di capocollo vengono posti a macerare sotto sale per un periodo tra i 15 e i 20 giorni. Successivamente si estraggono e si lavano con una preparazione a base di vino cotto e spezie. A questo punto sono pronti per essere insaccati nel budello di maiale. Si asciugano quindi avvolgendoli in alcuni panni e si posano su delle assi, dove potranno riposare per circa dieci giorni.

Una volta che sono completamente asciutti verranno affumicati. Come? Un tempo la tecnica della classica affumicatura prevedeva di creare a terra una base con rametti di alloro, timo, mortella, cui si dava fuoco facendo attenzione che brucciassero senza alcuna fiamma; oggi si impiegano appositi camini, in cui si bruciano essenze e corteggia di Fragno (Quercus trojana, una tipologia di quercia).
Si arriva così alla stagionatura, che può durare fino a 90 giorni.
Capocollo di Martina Franca | Oggi

Se è vero, come abbiamo spiegato, che esistono salumi ben più noti e diffusi (non fosse altro che per il numero di pezzi prodotti), il capocollo di Martina Franca sta vivendo un momento particolarmente favorevole ed è apprezzato da un pubblico sempre più vasto di consumatori.
Il merito va sicuramente al lavoro di promozione e tutela svolto dal Consorzio del Capocollo di Martina Franca. Che sono poi sostanzialmente le realtà che supervisionano il disciplinare con rigore. Non solo: fondamentale è stato l'apporto dato da chef e pizzaioli della regione - e non solo - che ne hanno fatto l'ingrediente principe di piatti fine dining e pizze.
Infine è indispensabile il lavoro quotidiano svolto dalle aziende locali, non solo sotto l'aspetto della qualità, ma anche della comunicazione. Basti pensare all'approccio 2.0 di Angela e Micaela Santoro del Salumicio Santoro: ereditata dal padre la passione per i salumi, raccontano la vita d'azienda, il buon cibo e i loro viaggi gastronomici attraverso il sito, i social e l'hashtag #lesantorine. Insomma, rendere glamour il capocollo non è cosa da poco.
Capocollo di Martina Franca | Caratteristiche

Una volta pronto per essere consumato, il capocollo di Martina Franca alla vista appare fumè, la fetta è caratterizzata da un colore rosso vino intenso, intervallato da lievi venature di grasso bianco. Al naso esprime evidenti note pulite e dolci con sentori di legno e fumo, persistenti ma non invasivi.
In bocca è delicato, poco sapido, con intense note di tostato e un aroma pronunciato grazie proprio all'affumicatura e all'utilizzo del pepe.
Capocollo di Martina Franca | Come consumarlo a tavola

Ma come abbinarlo al meglio? Abbiamo chiesto un consiglio proprio a due esperte come Angela e Micaela Santoro, che si sono trovate immeditamente d'accordo sull'utilizzo a tavola del capocollo di Martina Franca: «Consigliamo di consumarlo al naturale, tagliato sottile, su una fetta di pane di grano duro. Ma se si vuole necessariamente mangiare in abbinamento ad altro, un ottimo connubio, legato anche al territorio, si ottiene unendo qualche fetta di capocollo di Martina Franca a dei fichi freschi e un filo di Vincotto».
Certo che anche su una pizza appena sfornata (aggiunto a crudo), o affiancato da qualche tarallo artigianale, a noi di Fine Dining Lovers sembra davvero perfetto.
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