“Fast cars and slow food” è l’inconfondibile motto che segna l’ingresso a Maranello, patria della Ferrari, in provincia di Modena. Qui, di fronte al celebre stabilimento automobilistico, lo scorso giugno Massimo Bottura ha inaugurato un altro indirizzo del Gruppo Francescana: Il Cavallino. O meglio, ha dato nuova vita alla leggendaria trattoria griffata Ferrari, che ora accoglie gli ospiti completamente rinnovata negli spazi, con il design di India Mahdavi, e il menu dello chef tre stelle Michelin. La cucina è stata affidata al modenese Riccardo Forapani, formatosi per 13 anni all'Osteria Francescana, mentre la sala è gestita da Luis Diaz, già premiato nel 2016 come miglior giovane maître d’Italia, con Silvia Campolucci come sommelier.
Il risultato è un modello perfetto, un ristorante dove si sta bene, capace di incarnare lo spirito del made in Italy e di raccontare la storia di un luogo cult, che ha saputo mantenere il legame con il territorio, andando a interpretare al meglio le sue icone. Motori a vista provenienti dal Museo Ferrari, foto d'epoca che ritraggono il mondo del Cavallino e del suo fondatore, antichi manifesti alle pareti e il musetto della monoposto che ha vinto a Monza nel campionato di Formula 1 del 2019: la sensazione è quella di esplorare un capitolo di storia del costume italiano, capace di catturare l'attenzione non solo degli appassionati di motori, ma di tutti i palati. Gourmet, curiosi, sensibili al lifestyle.
Il Cavallino a Maranello, la location
Uno spazio voluto da Enzo Ferrari, che lo ha aperto assieme alla famiglia Neri negli anni Cinquanta, non solo per accogliere i dipendenti dell’azienda, ma anche per sé, per portare i propri clienti in un luogo che proponesse i piatti dell’ottima tradizione gastronomica locale. Ancora oggi, dopo il restyling, è stata conservata la sala privé riservata all’azienda, con l’unico tavolo non vendibile e riservato alla Ferrari.
La trattoria del Cavallino ha uno status leggendario tra gli aficionados della Ferrari, ed era proprio qui che il fondatore della società Enzo Ferrari intratteneva i suoi ospiti e clienti, ogni singolo incontro di lavoro iniziava o finiva con un pranzo o una cena. Secondo la leggenda, una bottiglia di Lambrusco era sempre in fresco.
Il Cavallino oggi ha un look e un'atmosfera che onora il favoloso passato del marchio automobilistico più famoso al mondo, ma lo modernizza con un tocco più contemporaneo. Così, il pavimento a scacchi rievoca il motivo delle classiche tovagliette in carta usate un tempo dalle trattorie, la mise en place è candida e semplice, i lampadari riprendono le linee vintage dei punti luce delle cucine di una volta.
Dettagli rétro che vanno a bilanciare scelte di design mirate: dalle sedie studiate da Cassina (incluse alcune sedute originali in lacca rosso Cina disegnate da Vico Magistretti, recuperate, restaurate e riverniciate) alle stazioni di servizio che ricordano le linee di Fornasetti, decorate con disegni che rappresentano i motori della collezione Ferrari.
Una location, due piani e ambienti diversi, dove il fil rouge è un mix di gastronomia e motori che rispecchia l’attitudine del territorio, tra tinte rosso fiammante e dettagli di colore giallo acceso, tra foto in bianco e nero (bellissima quella che ritrae Enzo Ferrari mentre imbocca il pilota John Surtees proprio al Cavallino) e tappezzerie con cavallini optical, tra disegni di motori del 1946 e bozzetti di carrozzerie degli anni ‘60.
Affacciata sul dehors, poi, c’è la sala della griglia, con il Josper, dove verranno preparati i piatti che saranno proposti in un menu ad hoc dedicato alla griglia, grande passione di Forapani, che è in fase di elaborazione (al momento si trovano come fuori carta).
Il Cavallino a Maranello, il menu
Il menu? Vede protagonisti i sapori della trattoria di un tempo, mutuati dal sapere made in Francescana, e attualizzati. "Ricordiamo che siamo a Modena, ma usando la tecnologia, diamo un tocco di leggerezza a una cucina dal carattere molto importante", dice Bottura. "Invece di usare i grassi miglioriamo il gusto usando la tecnica".
Così, l’esperienza gastronomica - resa ancora più piacevole da una sala accogliente, empatica e disponibile - prende vita attraverso piatti che elevano la cucina della trattoria classica e che diventano espressione di grande tecnica. Tutti accomunati dallo stesso leitmotiv: il comfort.
Si comincia con l’antipasto, un omaggio all’Emilia che passa dalla rivisitazione dell’erbazzone (una sfoglia al Parmigiano farcita con crema di erbe aromatiche) allo gnocco fritto, arioso e fragrante, servito con pancetta di Leonardi stagionata 24 mesi, alla reinterpretazione della tigella con lardo e Parmigiano, sotto forma di macaron salato.
Arriva poi l’iconico Crème Caramel al Parmigiano Reggiano, una frittata al Parmigiano invecchiato 36 mesi, con un finto caramello a base di riduzione di cipolla tostata e una guarnizione con aceto balsamico tradizionale di Villa Manodori. E ancora, il Carpaccio di lingua salmistrata, servito con caviale, lumache e seppie, una sorpresa con una consistenza (e un sapore) capace di convincere anche il più scettico dei palati.
Si prosegue poi con un piatto completamente autunnale, che riprende la tipica zuppa della tradizione locale, rivisitata con una spuma di patate e cipolle, con alla base foie gras, crema al tuorlo d’uovo, pan brioche e tartufo nero, e finita con zucca marinata, olio alla menta e tartufo bianco. Il consiglio è quello di affondare bene il cucchiaio, per godere appieno di questa coccola, avvolgente e gustosa.
E ancora, il Risotto alla zucca, che si rinnova con note agrumate e aromatiche, preparato con coppa di testa, arancia e rafano: un risotto dal fresco respiro che da Mantova è andato in Sicilia, passando per Modena e i suoi salumi tipici. Arriva direttamente dal Delta del Po, invece, l’ostrica di Goro, che viene cotta al Josper e servita nella sua conchiglia con midollo, acetosella e succo di bergamotto, per regalare una visione insolita e una sensazione alternativa, con la sua consistenza carnosa al profumo di mare.
L’anguilla prende a braccetto il piccione in un piatto che li vede armoniosamente protagonisti. Ecco allora l’Anguilla alla brace, farcita con battuto di piccione, salsa di carpione e giardiniera: due prodotti iconici che appagano all’unisono, in una creazione davvero godibile. La proposta del Cavallino reinterpreta i classici italiani con un tocchi moderni. Ne è un esempio felice il filetto alla Rossini, che diventa un Cotechino alla Rossini, condito con salsa a base di foie gras, salsa di marasche e tartufo nero dei colli bolognesi.
Per concludere in dolcezza, una rilettura del pain perdu, a base di panettone con cioccolato e marasche, passato nel burro chiarificato, salsa al Lambrusco, gelato al fior di latte e cioccolato bianco e tartufo nero, inondato da una golosa salsa allo zabaione.
Ma le sorprese non sono finite, perché il vero dessert è 100% modenese ed è un piatto imperdibile per chi passa di qui: i mitici Tortellini del Tortellante cotti in brodo di cappone e serviti in crema di Parmigiano Reggiano. Vera chicca che onora non solo il territorio, ma anche il progetto che vede impegnate le nonne di Modena al fianco di giovani adulti con disturbo dello spettro autistico, per insegnare loro a fare la pasta ripiena a mano. Un piatto che, proprio come il nuovo Cavallino, narra di un mondo che va oltre la cucina, un mondo con un grande valore culturale di cui essere orgogliosi. E, per questo, ancora più buono.
Tutte le foto sono di Danilo Scarpati