“È stata una scalata dell’Everest a piedi nudi e a mezze maniche, senza ossigeno”. Commenta così il suo percorso Francesco Martucci de I Masanielli di Caserta, salito per la prima volta sul gradino più alto di 50 Top Pizza 2019 - la classifica delle migliori pizzerie in Italia e nel mondo in collaborazione con S.Pellegrino e Acqua Panna - che lo ha incoronato primo ex aequo assieme a Franco Pepe di Pepe in Grani di Caiazzo (qui la lista completa).
Oggi Martucci raccoglie i frutti di questa scalata, che si traduce in una domanda di circa 5 mila unità al giorno, in una pizzeria di 150 coperti, composta da una squadra di 38 persone, "la famiglia allargata", come ama definirla lui. "Non è possibile soddisfare tutte le richieste, ma il sabato riusciamo a servire dai 1000 ai 1250 clienti, tra pranzo e a cena", spiega il pizzaiolo. "Persone provenienti da tutto il mondo: ci sono tanti locali, ma anche molti che arrivano da luoghi lontani, come l'Iran, l'Australia o l'America", precisa.
Ma chi è Francesco Martucci, con quello sguardo deciso che tradisce una forte personalità e quel look particolare che riflette una grande passione per la moda e il design? Il suo è un percorso che profuma di impasti e di fatica, cominciato trent’anni fa, quando aveva appena dieci anni. “Ho iniziato a lavorare da bambino per necessità, vengo da una situazione difficile: ho cominciato dalle mansioni più semplici, alla pizzeria Al Solito Posto di Caserta con Franco Pagliaro”, racconta.
“La sera, quando finivamo, chiedevo al maestro di farmi fare la pizza: per me era un gioco, ma allo stesso tempo quel panetto rappresentava la mia cena”, ricorda. “Poi, pian piano, il maestro mi ha spostato a chiudere le pizze d’asporto con la carta bianca che si usava all’epoca, in seguito è arrivato il pass e il forno”. Un’esperienza importante, che ha segnato indelebilmente Martucci, enfant terrible della pizza cresciuto tra la grande disciplina trasmessa da Pagliaro e la ribellione caratteriale. “L’approccio maniacale del maestro è stato fondamentale per il mio percorso: sono proprio le sfumature a fare la differenza”. Così, tra numerose strigliate e altrettanti insegnamenti, Martucci resta alla corte di Pagliaro sino al 1998, quando decide di camminare con le proprie gambe.
"I tempi erano maturi: per diventare un pizzaiolo mediocre ci vogliono cinque anni, ma è anche vero che sono necessarie delle doti innate, la predisposizione, la sensibilità alla materia e al tatto, che dà una marcia in più a un pizzaiolo", commenta. Comincia così l'esperienza da Speady Pizza, dove lascia il segno, facendo passare la produzione da 30 a 200 pizze a serata. "Mi hanno dato carta bianca su tutto, a partire dalla scelta della materia prima: è in questo momento che ho inziato a sviluppare una certa sensibilità verso l’eccellenza, la voglia di trovare il miglior prosciutto o il miglior fungo disponibile sul mercato", ricorda.
Il grande passo, però, arriva a marzo 2001, quando apre I Masanielli, nella sua prima versione come pizzeria da asporto: 16 metri quadrati in via Acquaviva, sempre a Caserta. Un'impresa che vede coinvolti anche la madre, la sorella e il fratello (ora alla regia de I Masanielli Sasà Martucci, numero 33 della classifica di 50 Top Pizza). Qui resta fino al 2012. Poi? Comincia il cammino in solitaria, e scommette su una pizzeria di 70 coperti in viale Lincoln: "I primi due anni sono stati durissimi, di una sofferenza atroce: c’erano sere in cui non facevo nemmeno un tavolo", ricorda. "Venendo da un contesto di pizze d’asporto, è stato difficile affermarsi. Mi davano del matto per gli ingredienti d’eccellenza che sceglievo, ma col tempo ho iniziato a servire due o tre tavoli a sera, fino a che non abbiamo riempito la pizzeria".
La svolta definitiva, però, arriva nel 2017, con un locale più ampio: l'attuale spazio de I Masanielli, in viale Giulio Douhet. "Un'ex concessionaria d’auto di 500 metri quadrati, dove ho voluto una cucina di 320 metri quadrati che potesse permettermi di sviluppare la ricerca, con 19 celle frigofere che consentono di conservare ogni ingrediente alla giusta temperatura".
Qui approfondisce ulteriormente il discorso sulla materia prima e prosegue la ricerca sul suo impasto scioglievole, che cerca di migliorare costantemente. "Un impasto fortemente identitario: soffice, fragrante, con un mini crunch delicatissimo che gli dà una consistenza tutta particolare, e che è la mia firma".
Un impasto da cui prendono vita pizze come la Mani di Velluto, che rivisita la classica salsiccia e friarielli, con crema di friarielli in acqua di ricotta di bufala, mozzarella di bufala campana Dop, salsiccia a punta di coltello di suino grigio ardesia, calcagno a crosta liscia, olio evo U Trappiddu. O come la Profondo rosso, un'altra creazione iconica, nata nel 2018, con mozzarella di bufala, fonduta di Gorgonzola artigianale, cavolo cappuccio rosso, macerato in aceto balsamico stravecchio, olio evo Koinè. "La mia prima pizza farcita con i fermentati, cui se ne aggiungeranno altre nel menu di ottobre: sto lavorando a un Gioco di Foresta con castagna fermentata, estratto di pino e sentori di muschio, ispirata alla new nordic cuisine di René Redzepi", racconta Martucci.
Pizze che definisce "innovative, estreme e avanguardistiche", che lo hanno portato ai vertici assieme a una cura maniacale di ogni dettaglio: dalla carta dei vini con 80 etichette che spaziano dalla Campania alle bollicine francesi, alla carta delle birre con 36 etichette, tra referenze nazionali e internazionali, sino alla carta dei dessert curata dalla compagna, la pastry chef Lilia Colonna, che crea dolci di ispirazione contemporanea nel laboratorio di pasticceria interno alla pizzeria. E ancora, 14 olii in carta, tra i quali spicca il Koinè, monocultivar Tonda del Matese, prodotto nella provincia di Caserta e siglato Slow Food, figlio di una varietà di olive che si stava perdendo.
Insomma, tanti dettagli che hanno fatto la differenza, sino a quella che nell'ultimo anno, secondo Martucci, è stata l'iniziativa che ha rivoluzionato il modus operandi de I Masanielli: "Abbiamo introdotto quelli che chiamo i play-pizza-maker, ossia i ragazzi che seguono solo la cottura delle pizze davanti ai forni e che controllano: il loro apporto è stato fondamentale, in questo modo abbiamo dato meno stress ai fornai".
Quando ha avuto la sensazione che stava andando nella giusta direzione? "Capisci che stai facendo bene quando ti ritiri alle 3 e mezza di notte a casa, dopo aver trascorso la serata a fare pizze: la regola è che se io non ci sono, la pizzeria è chiusa". Programmi futuri? "Continuare a fare le pizze, ogni sera. Tra cinque anni, invece, realizzerò un progetto itinerante, Liberty by I Masanielli, ispirandomi a quanto ha fatto René Redzepi con il suo Noma: porteremo la pizzeria in giro per il mondo, aprendo dei temporary a Lima, a Copenaghen, a Tokyo e a New York, preparando pizze con topping locali. Un progetto che coinvolgerà tutta la squadra. Chiuderemo temporaneamente la sede di Caserta, ma vivremo quotidianamente l'emozione del primo giorno: è un modo per ringraziare i clienti che ci vengono a trovare da tutto il globo".
Un progetto ambizioso, in linea con le idee di Martucci. "Il cibo è cultura e ho voglia di emozionarmi ancora: sono cresciuto in un quartiere difficile di Caserta e questo mi ha dato la spinta e il carattere giusto per riuscire”. Una spinta che lo ha portato a salire sul tetto d'Italia, insegnandoci che quel panetto, oltre a essere un simbolo del Made in Italy dalle sempre più marcate sfumature gourmet, può rappresentare un motivo di riscatto sociale e assumere un valore (e una valenza) di cambiamento che va al di là delle classifiche. "Il risultato di 50 Top Pizza è la dimostrazione che i sacrifici, la perseveranza, lo studio e la conosecnza di chi parte da zero possono svilupparsi in un grande sogno. Il sogno dei Masanielli".