Un profondo amore per il territorio, per il suo orto e per la ricerca: si potrebbero così riassumere le passioni di Christian Milone, ex ciclista e giovane chef classe '79 della Trattoria Zappatori di Pinerolo, Torino. Quando sette anni fa Christian prende in mano le redini del ristorante di famiglia decide di affiancare al menù tradizionale anche alcune proposte "diverse". Il laboratorio gourmet si chiama Gastronavicella e la piccola sala dedicata si affaccia su un microgiardino Zen. Nel suo percorso è fondamentale l'incontro con Enrico Crippa (tre stelle Michelin e uno dei quattro italiani presenti nella lista dei The World's 50 Best Restaurants 2013), come lui stesso racconta.
Christian Milone in tre parole.
Volitivo, testardo e tenace.
Famiglia di ristoratori, studi nel settore. Com'è avvenuto il passaggio di consegne fra lei e suo padre?
All'inizio lo scontro generazionale fra noi è stato inevitabile: io sono cresciuto con delle convinzioni diverse, ma piano piano mi sono ritagliato il mio spazio, sgomitando e prendendo poi definitivamente il mio posto in cucina. Adesso lui mi aiuta a curare l'orto del ristorante e mi procura prodotti spontanei, come le erbe, che si trovano nel territorio attorno Pinerolo.
Come descriverebbe la sua cucina a chi non la conosce?
Nella trattoria reinterpretiamo la cucina locale, quella più vicina alla tradizione piemontese, mentre nella Gastronavicella si sperimenta, con una cucina gourmet, autoriale, con la quale mi esprimo realmente. Qui ho la possibilità pensare ai piatti giorno per giorno, non c'è un menù, non ci sarebbe neanche il tempo di stamparlo. La cucina della Gastronavicella è materica, trasmette la mia personalità ma è il prodotto ad essere al centro del piatto. Il mio compito è solo quello di traghettare il gusto, dalla natura al mio orto alla tavola.

E la sua formula “due locali in uno” (la trattoria e la Gastronavicella)?
È stato un processo naturale. Ho ristrutturato il locale nel 2006, avevo in mente di aggiungere qualcosa al locale, ma all'inizio non sapevo bene che direzione prendere. Siamo stati per qualche anno nella stessa sala con due menù diversi, uno più tradizionale e l'altro gourmet. Poi ho deciso di non proporre per un po' i miei piatti di ricerca, perchè rischiavano di non essere capiti, e potevano creare confusione nel cliente.
Per un anno e mezzo ho quindi lavorato solo in cucina sul versante della ricerca; in seguito ho capito che la Gastronavicella era il luogo ideale dove dare spazio ai miei piatti. Fra qualche anno riporterò la parte creativa nella sala principale, e i due menù ritorneranno a convivere. Non eravamo pronti e maturi per questo sette anni fa.
Perché un giardino Zen, a Pinerolo?
Il giardino Zen è in un'area che abbiamo ricavato nella Gastronavicella. Mi piace questo piccolo angolo e sono molto legato alla filosofia giapponese: sono affascinato dal loro approccio al cibo, sebbene non abbia mire fusion nella mia cucina. È un angolo che ti rimette in pace con te stesso e aiuta il cliente a godersi l'atmosfera, soprattutto in un luogo ci si mette completamente nelle mani dello chef, e dove non offre un menù.
Da dove parte l'ispirazione per un suo nuovo piatto?
Una volta assaggiavo qualcosa, sentivo un odore e riuscivo a immaginare un piatto. Adesso, grazie all'esperienza, ho un po' di dati in più in testa (gusti, sensazioni, abbinamenti ) e il mio cervello funziona come un calcolatore: se ho qualche idea metto dentro tutto ed esce fuori un piatto.
Poi, il mio orto è una fonte inesauribile per le mie ricette, lì vedo qualcosa che altri non vedono, come i fiori di pomodoro e di rosmarino.
Tra i suoi maestri c’è Enrico Crippa: l’insegnamento più importante che le ha lasciato?
Enrico mi ha dato i mezzi per poter capire la cucina moderna, mi ha aiutato a creare un metodo e mi ha insegnato come uno chef deve approcciarsi alla materia prima. Lo stimo molto, soprattutto in questo momento storico nel quale gli chef sono più personaggi mediatici che cuochi, e nel quale lui ha scelto di restare in cucina, entrando per primo e uscendo sempre per ultimo. Mi ha insegnato moltissimo: non è uno chef che ha paura di svelare i propri segreti in cucina. Del resto chi ha avuto grandi maestri non ha mai paura di insegnare agli altri.

Davvero è stato ciclista professionista? E oggi, pratica ancora questo sport?
Si ho fatto il Giro d'italia nel 2002 poi, arrivato a 25 anni, ho smesso. Dopo aver gareggiato per 10 anni ho lasciato lo sport e sono rientrato in cucina.
Lo sport e l'alta cucina hanno punti in comune?
Assolutamente si. Se non avessi fatto sport, non avrei forse imparato la disciplina e il sacrificio. L'agonismo ti insegna ad essere determinato. In più, il mio passato da sportivo si riflette nei miei piatti. È facile riconoscere la cucina di uno sportivo, perchè evita le cose che fanno male e i grassi; conosco bene l'argomento, sono stato 10 anni a dieta. Avere una vita sana e "mangiare bene" ti consente inoltre di essere lucido, e di avere un palato pulito, sempre attento alle sfumature.
Quali sono le materie prime a cui non potrebbe mai rinunciare?
I vegetali. Raccolgo le erbe dal mio orto poco prima di usarle per i miei piatti, per mantenerne la freschezza, un po' come fanno i giapponesi con il pesce per il sushi. D'inverno, quando l'orto non è pronto, lavoro con il territorio in maniera diversa, utilizzando il legno o il muschio, attingo in maniera diversa dalla natura.
Il suo prossimo obiettivo?
Come chef li sto realizzando tutti. Mi piacerebbe raggiungere il traguardo della stella Michelin, sebbene non sia proprio un obiettivo, più che altro un buon modo per coronare questa prima parte della mia carriera. Il vero traguardo sarà la mia realizzazione come imprenditore. Chi come me è giovane e ha deciso di aprire o gestire un ristorante, oltre ad essere uno chef è anche un vero e prorpio imprenditore.
Lo chef che più rappresenta la cucina italiana nel mondo oggi, secondo lei?
A livello di comunicazione Massimo Bottura, perchè fa passare i propri concetti in maniera chiara e convincente. Ma come chef io direi senza dubbio Enrico Crippa.