Davanti a un forno ci è praticamente nato, Luca Pezzetta, che deve tutto ai primi insegnamenti ai nonni, gestori di una trattoria a Grottaferrata. Poi ha studiato dai grandi e ha pian piano conquistato un posto nel gotha dei pizzaioli romani. Ed ecco che finalmente Pezzetta riparte da un’esperienza tutta sua, scegliendo come approdo la via principale di Fiumicino, via della Torre Clementina, che dà anche il nome alla pizzeria.
Clementina, appunto, è nata dalla collaborazione con un altro giovane imprenditore del luogo, Jacopo Rocchi, che ha messo la parte “dolce” nel progetto. Entrambi nati nel 1989, sono cresciuti insieme, dicono, e da anni sognavano di aprire un locale tutto loro: pizza e pasticceria sul mare di Roma.
Si entra in un lungo corridoio che inganna, sembra un locale angusto, ma poi…
Poi si apre in una grande sala da 300 metri quadrati dai soffitti alti ed è questo che ci ha fatto innamorare del locale, che fino a qualche anno fa era un cinema. Quando abbiamo deciso di dar vita a questo progetto, la destinazione era Fiumicino, anche perché la pasticceria di famiglia del mio socio è già un punto di riferimento per la cittadina. E volevamo stare nel cuore pulsante della darsena, quindi appena si è liberato questo locale lo abbiamo subito amato.
Uno spazio di lavoro enorme e lavorazione a vista: una vostra scelta?
L’ho progettato tutto io, volevo lavorare largo, vedendo tutto ciò che accade in sala. Questo assetto ci ha fatto rinunciare a 15-20 coperti, ma non ci dispiace perché la qualità del lavoro è fondamentale. L’unica cosa che ci rammarica, ma non escludiamo di farlo in seguito, è che abbiamo dovuto rinunciare al bancone attorno alla workstation, su cui volevo far sedere i clienti per dar loro un’esperienza esclusiva. Purtroppo le regole Covid non lo rendono possibile, ma speriamo che tutto questo passi.
Quanti coperti? Sembrano pochi rispetto alle dimensioni della sala.
Sono sessantaquattro, ai quali contiamo di aggiungerne quasi cento con il dehors estivo. Non volevamo affastellare la sala e va bene se ora lavoriamo con numeri più bassi e facciamo rodaggio, in attesa del grande momento, in cui daremo vita anche ai nuovi progetti che abbiamo in mente.
Ovvero? Quali sono questi nuovi progetti?
Vogliamo puntare sull’aperitivo e sul dopocena. Nel primo caso lavorando soprattutto su spicchi e quadrotti, i formati di pizza che ben si abbinano a un drink. Nel secondo caso abbiamo già comprato un carretto dei gelati anni Cinquanta, che vogliamo rimodernare e rendere operativo per una proposta non di gelati, ma di dolci espressi come bombe e ciambelle. Una sorta di colazione notturna.
Dicevamo, spicchi e quadrucci a cui si aggiunge la pizza romana: tre linee di pizza.
Tre tipologie e tre lievitazioni differenti. La mattina arrivo alle 8 a rinfrescare il lievito madre, poi ogni pomeriggio lavoro spicchi e quadrucci nella quantità che mi serve per affrontare la serata. Li cuocio a vapore e poi li riscaldo in forno statico per il servizio, ma ci tengo a fare una produzione quotidiana perché è il modo migliore per avere un prodotto sempre perfetto. Poi c’è la romana, che per me è un ritorno alle origini, a mio nonno che preparava la pizza al mattarello.
Quindi stesura a mano o mattarello?
Entrambe le cose. Allargo l’impasto a mano e poi lo appiattisco sul finale, prima di condire il disco. Infine cottura in forno a legna.
E a proposito di condimenti, maggior estro per spicchi e quadrucci, mentre per le tonde grandi classici e rivisitazioni.
Nei quadrucci e spicchi i condimenti sono di mare e di terra, tanto crudi come nel caso delle tartare, quanto stracotti come la coda alla vaccinara. Per quanto riguarda le tonde abbiamo le pizze classiche, ma in ognuna c’è il mio tocco, che va dalla selezione delle materie prime, come il pomodoro dell’azienda Migliarese, rigorosamente spellato a mano uno a uno, oppure una rivisitazione come l’uovo disidratato e grattugiato a mo’ di bottarga nella capricciosa.
Non possono mancare i fritti.
A Roma non mancano mai. In questo caso mi sono divertito a riprendere ricette della tradizione della cucina italiana, sia di mare che di terra, come il supplì cozze e pecorino o il supplì quadrato di bucatini alla carbonara. Insomma, un tripudio di bontà avvolte in una panatura croccante e dorata.
E poi i dolci, che hanno un ruolo importante da Clementina. Non è così?
Il 20% della carta è costituito dai dolci, che sono 8-10 fissi a cui si aggiungono le proposte del giorno: bombe, maritozzi, i cornetti in stile romano che hanno reso famosa la pasticceria Rustichelli, che appartiene alla famiglia del mio socio Jacopo. Il tutto con farciture fresche ed espresse.
E la scritta “Periferia iodata” che si legge sulla giacca invece cosa significa?
È il nome dell’associazione creata dai due stellati di Fiumicino, Lele Usai del Tino e Gianfranco Pascucci di Pascucci al Porticciolo, con lo scopo di fare sistema e rivalutare il territorio dal punto di vista gastronomico. Appena sono arrivato mi sono accorto che qui c’è un clima collaborativo fra ristoratori e questo mi piace molto. Sono stato subito coinvolto nell’associazione e sono onorato di farne parte.