L'incontro comincia con un sorriso. Andrea Berton ricorda gli inizi della propria carriera, nelle cucine di Gualtiero Marchesi in via Bonvesin de la Riva. Prima di lui era già arrivato Davide Oldani: "Mi faceva un po' di nonnismo" scherza lo chef dell'omonimo ristorante milanese "Ricordo una volta in cui dovevo portare nella cella una placchetta di salmone. Pensavo di averla appoggiata nel modo giusto, poi è arrivato Oldani che mi ha spiegato dove stavo sbagliando e mi ha rimproverato dicendo: 'Se vuoi lavorare in questo ristorante funziona così'. Dopo quella volta, però, siamo diventati amici".
Siamo alla tavola rotonda “Coltivare il talento - storie di successo tra maestri e allievi",organizzata da S.Pellegrino durante Identità Golose 2016. Una riflessione sul tema della mentorship, anche in vista di S.Pellegrino Young Chef 2016, che si è tenuta tra alcuni dei migliori chef italiani: Matteo Baronetto, Andrea Berton, Cristina Bowerman, Annie Féolde, Riccardo Monco, Paolo Griffa, Alessandro Negrini e Davide Oldani.
La definizione di talento è stato ovviamente uno degli argomenti più dibattuti. Secondo Oldani il talento è "Sacrificio, voglia di fare e gareggiare". Lo chef prosegue con i paragoni sportivi sostenendo che in cucina noi italiani dovremmo "imparare dal terzo tempo del rugby: avere il coraggio di guardare negli occhi i ragazzi e costruire un sistema di mestiere etico e corretto". Necessità di confronto con i giovani della propria brigata sostenuta anche da Annie Féolde, che si riferisce allo staff dell'Enoteca Pinchiorri come a una "famiglia".
Ma la prospettiva del maestro non era l'unica presente: tra i relatori c'era anche il giovanissimo finalista italiano di S.Pellegrino Young Chef 2015, Paolo Griffa, che ha portato la sua esperienza sostenendo che più del curriculum conta la prova di sé data in cucina. E secondo la Bowerman questa prova ha soprattutto a che vedere con il carattere: "È la cosa che possiamo più modellare per ottenere il meglio da noi stessi. E vale tanto per i ragazzi quanto per noi chef: mi hanno insegnato a essere educata, sempre".
Una "giusta severità dosata" che secondo Baronetto si deve accompagnare alla capacità dei giovani chef di capire i rimproveri. Anche perché, come sostiene sempre Negrini, "il talento è la prima forma di ricerca". Gli fa eco Berton: "Fare gli errori serve a migliorare. Serve a esprimersi, a mostrare la propria passione e dimostrare di potercela fare. A crescere".
L'incontro si conclude nel segno dell'ottimismo, con Baronetto che sostiene che in Italia non si è mai mangiato così bene e la Bowerman che ricorda di "non identificarsi con la propria carriera" mentre Monco invita a non dimenticarsi mai di "ricercare la felicità, sempre e comunque".