Negli ultimi anni il settore della gelateria ha dimostrato di saper reggere molto bene l’impatto della crisi e la pandemia, tra lo sviluppo di delivery ad hoc per proporre il gelato a domicilio e lo studio di gusti sempre più particolari, secondo le ultime tendenze del gelato, con grande attenzione al vegan e al lactose free. Sebbene anche il comparto del sottozero stia soffrendo per la mancanza di personale, il dolce universo fatto di creme e sorbetti, coppe e coni, continua a esercitare un grande fascino su nuove (giovani e non) leve, che scommettono sul sapere artigianale italiano da un lato, ma anche sulla democraticità di un prodotto facilmente trasportabile e accessibile, sempre più destagionalizzato. Ma come si diventa professionista del gelato?
Lo abbiamo chiesto a Laura Poloni, classe 1986, professionista del gelato con una grande consapevolezza ed esperienza alle spalle. “C’è una grande differenza tra fare il gelato e fare il proprio gelato”, racconta. “Saper eseguire non è come saper bilanciare e mettere a punto una ricetta”. Con le idee molto chiare e una visione a 360 gradi del mestiere, porta avanti sin da bambina la passione per il mondo del dolce freddo. Figlia d’arte - “ma questo non ha implicato sconti sulla gavetta”, precisa - è in forza nella storica gelateria di famiglia, Sir Oliver a Novate Milanese, attività fondata nel 1981 dal papà Maurizio Poloni e dalla mamma Antonella Olivieri. Allo stesso tempo, è coinvolta nella gestione di Artico, celebre insegna meneghina premiata dai Tre Coni della Guida del Gambero Rosso, con quattro punti vendita in città, aperta dal padre assieme ad altri due soci.
Ecco che cosa ha raccontato Laura Poloni a Fine Dining Lovers.

Ci spiega qual è stato il suo percorso?
Ho iniziato durante l’estate della terza media, mi hanno messa a lavare i bicchieri di vetro da Sir Oliver a Novate Milanese: all’epoca, andavano di moda le coppe gelato. Poi, ho cominciato a lavorare come banconista, tra coni e coppette, e servivo le persone. Finché papà non mi ha aperto le porte del suo laboratorio, attorno ai 20 anni, dopo il diploma al liceo classico (attualmente Laura è laureanda in Giurisprudenza, ndr). Poi, nel 2012, abbiamo aperto Artico, io avevo 26 anni. Il mio ruolo è stato quello di affiancare mio padre nell’apertura, io mi occupavo della vendita e lui del laboratorio. Pian piano, papà ha iniziato a lasciarmi gestire il laboratorio e il punto vendita, soprattutto quando ha avuto bisogno di allontanarsi per la gestione di Artico Scuola, l’istituto di formazione che abbiamo aperto nel 2016. È sempre stato molto graduale il mio inserimento nel mondo della gelateria, oggi capita anche che io sostituisca mio padre nelle lezioni con i ragazzi. Altri momenti belli, che segnano costantemente la mia carriera, sono quelli dell’apertura delle gelaterie dei corsisti, perché sono esperienze entusiasmanti: sono stata in Canada, in Scozia e negli Stati Uniti, noi seguiamo i corsisti anche dopo, affiancandoli in fase di apertura. Sono figlia d’arte, ma la gavetta l’ho fatta: quando i miei amici andavano in vacanza in estate, io lavoravo. Questo è un aspetto che frena molto i ragazzi: si lavora tanto nella bella stagione, la sera e il fine settimana, quando gli altri sono liberi.
Quali sono le strade da intraprendere per chi vuole diventare professionista del gelato?
Innanzitutto bisogna rendersi conto che c’è un sacrificio da fare - sia da dipendenti sia da imprenditori. Ci si può formare sul campo, entrando in gelateria e imparando: per esempio, in riferimento alle nostre attività, da Sir Oliver c’è una vicinanza maggiore con il lavoro vero e proprio, mentre Artico è una realtà strutturata per far crescere, ma è anche vero che è difficile trovare personale che abbia voglia di investire… Comunque è fondamentale la formazione sul campo, entrando in una gelateria, oppure seguendo dei corsi. Quando entri per la prima volta in gelateria, in genere lo fai lavorando al banco e a stretto contatto col pubblico, poi vai in laboratorio, nella produzione: questo è il percorso canonico nelle nostre gelaterie, ma nelle maggior parte delle attività funziona così. Il lavoro in laboratorio richiede maggiore tempo e impegno, quindi non può essere appreso in poco tempo, è più lungo. E poi è anche una questione di continuità lavorativa: per esempio, noi crediamo che il nostro ricettario, i nostri gusti, non possiamo trasmetterli a chi si ferma temporaneamente solo per la stagione, ma a chi è davvero interessato verso la professione.
In cosa consiste il suo lavoro quotidiano?
Dopo la gavetta, ho trovato il mio spazio e il mio ruolo nelle diverse attività che abbiamo, perché fare il professionista del gelato non è solo servire e non è solo laboratorio: c’è teoria e c’è pratica, c’è gestione. Da Sir Oliver, a Novate, mi occupo della gestione aziendale, dell’organizzazione e della gestione dell’attività, mentre per Artico sono impegnata nella gestione dei punti vendita, dei dipendenti e in parte della formazione, sia per i nostri stessi dipendenti sia per i corsisti di Artico Scuola, dove sono la referente del modulo dedicato all’area vendita. L’esperienza fatta con Artico porta un valore aggiunto anche in una realtà più piccola come Sir Oliver, dove ho il compito di far crescere la gelateria come azienda vera e propria. Grazie all’esperienza fatta in Artico, una realtà più grande e complessa, riesco meglio. Questo mi dà stimoli anche per la gestione di Sir Oliver: non posso pensare che si fermi, ho in progetto iniziative nuove, ampliamento del pubblico e dell’offerta.
Quali sono le qualità che bisogna avere o sviluppare per svolgere al meglio la professione?
Sicuramente ci vuole molta passione e interesse, oltre che una buona formazione. Dal punto di vista tecnico, è necessario avere molta competenza sulle materie prime, ma anche sulla conoscenza della chimica degli ingredienti e delle materie prime. Inoltre, ci vuole una buona manualità, la capacità di trasformare in gelato qualcosa che prima non lo era, senza rovinare una materia prima ottima. Senza dimenticare un’ottima preparazione teorica.
Quali sono le caratteristiche che deve avere un buon gelato?
Da consumatrice, dico che un buon gelato è quello che mi piace, mentre dal punto di vista tecnico affermo che un buon gelato ha una sua struttura, ingredienti bilanciati correttamente, è digeribile, mantiene le capacità organolettiche. Se prepari un gelato bilanciato correttamente significa che sei stato in grado di mettere insieme le tue capacità tecniche e teoriche nella realizzazione della ricetta. Poi va detto che non necessariamente un gelato tecnicamente ben eseguito sia buono e gradevole.
Qual è la difficoltà più grande che si riscontra facendo questo lavoro?
Essere in grado di ricettare il proprio gelato è un lavoro che richiede l’esperienza di una vita: è la parte più difficile per chi lavora in laboratorio. Si deve decidere la bilanciatura a livello di zuccheri e di grassi, la consistenza che si vuole dare per ottenere un risultato perfetto. Direi che l’esecuzione è la parte più facile: basta avere una buona conoscenza e capacità, seguendo una ricetta che viene data. Certo, la capacità personale può fare la differenza, tanto che nel gelato artigianale come il nostro è difficile ottenere sempre lo stesso identico risultato. Ricordiamo, però, che c’è una differenza tra fare il gelato da esecutore e fare il tuo gelato, con la tua ricetta e il tuo bilanciamento.
Quali sono i miti da sfatare sul gelato, tra pregiudizi e false credenze?
Un gelato ben bilanciato a livello di nutrienti (non particolarmente carico di zuccheri e di grassi) è adeguato a un consumo frequente, quindi non fa male. Non è vero che il gelato artigianale costa di più di quello industriale: se andiamo ad analizzare e a fare il confronto tra un cono industriale (2 euro) e un cono artigianale (3 euro) acquistato in gelateria, vediamo che in realtà costano ugualmente, per via del peso: il primo è un prodotto di 80 grammi, l’altro è di 120 grammi. Anzi, se si fa un calcolo al chilo, spesso realizziamo che il gelato industriale può costare pure di più di quello artigianale, ma cambia la percezione del cliente. Dipende tutto dalla percezione, e non dalla realtà.
Che consiglio darebbe a chi, magari ispirato da lei, decidesse di diventare professionista del gelato?
Ci vuole tanta pazienza, non bisogna fermarsi di fronte all’estate in cui si lavora o al fine settimana lontano dagli amici, perché sono aspetti che poi si superano; in questo momento c’è una richiesta incredibile di personale anche nel mondo del gelato, noi stessi stiamo cercando dipendenti che abbiano voglia di crescere nelle nostre gelaterie. Chi vuole aprire una gelateria come imprenditore, invece, deve imparare e formarsi costantemente. È possibile diventare un produttore di gelato, inteso come esecutore, anche in tempi rapidi, per esempio dopo un corso di un mese di formazione intensa, affiancati da professionisti. La competenza che si acquisisce col tempo, però, è quella di arrivare a bilanciare il gelato con la propria ricetta: è una linea sottile che divide il gelatiere dall’esecutore, è un fattore che dipende dall’esperienza.