Genovese, il giovane Daniele Rebosio vanta nel curriculum alcune esperienze al fianco di importanti chef. Un esordio londinese, poi la Spagna da Ferran Adria e l'Italia con Davide Oldani. Ad influenzarlo maggiormente la Francia di Alain Ducasse, di cui diventa sous chef a Le Jules Verne, dentro la Tour Eiffel. Fino alla recente chiamata per tornare nella sua città, per ricoprire il suolo di chef del MOG Mercato Orientale Genova, recentemente inaugurato.
Così ci ha raccontato le sue esperienze in giro per l'Europa, ma anche le gioie e le difficoltà di portare a Genova una cucina genuina orientata al fine dining.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Iniziai ad interessarmi alla cucina da piccolo, quando il nonno o la mamma preparavano impasti di pasta o pane, ed ingenuamente facevo domande o giocavo semplicemente. Crescendo decisi di frequentare un istituto alberghiero, il Marco Polo di Genova, con la specializzazione in cucina. Fu per me l'occasione di avere le prime piccole infarinature di quello che poi sarebbe stato il mondo lavorativo. Sinceramente non sapevo ancora con precisione a cosa stessi andando incontro.
Da pochi giorni è stato inserito nell'ultima edizione della guida de L'Espresso, dove ha guadagnato un cappello. Quale ritiene siano stati gli step fondamentali della sua carriera?
Ci son stati tanti piccoli momenti cruciali che mi hanno portato dove sono ora. Giovanissimo partii per Londra, dove lavorai presso Macellaio RC, mi spostai poi per una stagione al Belmond Hotel Splendido di Portofino. Ripartii subito: fu la volta di Barcellona da ElBulliLab di Ferran Adria, ancora l'Aman Venice a Venezia con Davide Oldani. Per finire la Francia, a Parigi, con La Grande Cascade di Frédéric Robert e Le Jules Verne di Alain Ducasse. Tutte queste cucine mi hanno segnato e fatto crescere, ognuna a modo proprio. Certamente quella da cui ho avuto un riscontro maggiore è proprio quella de Le Jules Verne, al secondo piano della Tour Eiffel: poco più che ventenne ricoprivo il ruolo di sous chef.
Quando è arrivato al MOG?
Mi trovavo a Parigi quando uscì sul Secolo XIX un articolo su di me. Parlavo della mia esperienza d'Oltralpe e sostenevo che sarei rientrato volentieri a Genova solo nel momento in cui si sarebbe paventata la possibilità di aprire un ristorante cui cui raggiungere alti livelli lì, nella mia città. Marco Cambi, uno dei soci principali del progetto MOG, lesse il pezzo. Mi contattò e mi propose di prendere in mano le redini del ristorante di questa nuova struttura. Dopo alcuni sopralluoghi sul posto decisi di lasciare il mio lavoro da Alain Ducasse e puntare una volta per tutte su Genova.
Una realtà decisamente innovativa per Genova…
Non voglio essere io a giudicare il mio locale, sarei di parte. Certamente la mia è stata una scelta azzardata ma sono convinto che prima o poi Genova debba crescere dal punto di vista culinario, fare dei passi avanti. Perchè non iniziare? Nessuna presunzione, soprattutto nessuna competizione con alcuni grandi ristoranti della Liguria e con la loro storia, ce la stiamo però mettendo tutta per fare bene, questo posso garantirlo. E speriamo che le guide si accorgano sempre più di noi. Genova è un mercato molto difficile, stiamo rompendo il ghiaccio per arrivare ad un numero sempre più ampio di palati. Io sto lavorando in questo senso: prendo alcuni piatti o preparazioni tipiche e li stravolgo, così da attirare anche il cliente genovese, e non soltanto il viaggiatore gourmet, a provare. Il desiderio è quello di dimostrare che anche a Genova un'altra cucina è possibile. All’estero sarebbe molto piu semplice ma questa è una mia scelta e farò di tutto per portarla a termine.
Come definirebbe la sua cucina?
Quello che si trova nel piatto è un insieme di tutte le tecniche e preparazioni che ho visto nel mio percorso, con un'influenza francese più consistente. Sicuramente stagionale, rispettosa di ogni singolo ingrediente. Una cucina di sostanza, che ancora impiega padellino e cucchiaio.
C’è un alimento o un piatto che ama particolarmente cucinare?
Credo che ormai non ci sia piu il piatto forte di un cuoco, ma che si debba saper cucinare tutto al meglio, sempre nel rispetto dell’ingrediente. Devo dire che mi piace molto lavorare il pesce e la pasta fresca.
Com’è la clientela tipo del MOG?
Sono clienti appassionati di cucina, abituati a girare l'Italia e non solo, alla ricerca di ristoranti gourmet e stellati. Molti di loro rimangono stupiti dal fatto di riuscire a trovare a Genova un certo tipo di cucina. Capisci che stai facendo un buon lavoro quando questa tipologia di cliente ritorna da te più e più volte. Anche una clientela cittadina più attenta si sta avvicinando ad un'offerta tanto diversa. Certo, i clienti che richiedono lo spaghetto allo scoglio o la trofia al pesto non mancano mai, è proprio in questo senso che dico che Genova fa fatica a cambiare mentalità e a crescere.
Quale consiglio darebbe ad una giovane che vuole intraprendere il suo percorso?
Ci terrei a dirgli che la cucina non è ciò che si vede in tv, la cucina è tutt'altro: quattordici ore al giorno, sacrificio, determinazione, sudore, digiuni e alla fine gratitudine. È una cosa che è sempre bene aver presente.