Dopo aver lavorato in realtà di prestigio fuori dall'Italia, lo chef Domenico Capogrosso aveva voglia di tornare nella sua terra, la Puglia.
Così, dopo tanto lavoro e tanti sacrifici, apre nel 2015 con il fratello l'Osteria del Buono, ristorante che a Trani è diventato in questi pochi anni sinonimo di alta cucina del territorio.
Dagli inizi ai consigli per i giovani chef, ecco la nostra intervista a Domenico Capogrosso.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Il mio percorso in cucina è nato da piccolo: ero sempre più affascinato dal mondo della cucina, per questo decisi di frequentare l’istituto alberghiero di Molfetta.
Qual è stato il vero “salto” nella sua carriera?
Quando decisi di accettare un offerta lavorativa molto importante all’estero, subito dopo essermi diplomato. Quell'esperienza mi diede poi la possibilità di poter entrare a lavorare in molti ristoranti di alto livello.
Com'è nata l'idea dell'Osteria del Buono?
Tutto nasce dalla volontà dal voler tornare nel mio paese e poter aprire un posto dove la gente potesse provare la mia cucina. Qui ho messo in gioco me stesso e il mio bagaglio di esperienze maturato negli anni passati nelle cucine di grandi ristoranti.
Ci racconta l’esperienza e l’offerta gastronomica del suo ristorante?
Ho aperto l’Osteria del Buono a dicembre 2015 con mio fratello, che segue la parte della sala: solo sette tavoli, per un totale di 22 coperti, cui si aggiunge un tavolo da due all’interno della cucina, cosa che ho sempre voluto avere sin dall’inizio. Voglio che ci sia la massimi trasparenza nei confronti dei clienti. Il menu alla carta vede come protagonista il pescato locale, dedicando anche una parte alle carni e ai vegetali, oltre a tre menu degustazione da quattro, sei, otto portate. In ultimo, un menu di quattro portate per vegetariani.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Lo chef Pino Lavarra colui che mi ha formato sia dal punto di vista professionale che umano
Qual è l’insegnamento più grande che ritiene di aver appreso da questo lavoro?
L’insegnamento più grande che ritengo di aver appreso da questo lavoro è l’umiltà, la correttezza e il saper condividere con tutti, avendo sempre il massimo rispetto.
Quale consiglio, più di tutti, si sentirebbe di dare ad un giovane che vuole intraprendere la carriera di chef?
La cosa che dico sempre ai ragazzi che vogliono fare questo mestiere è quello di avere umiltà, di essere corretti, educati, vivere con tanta passione ciò che stanno iniziando a fare. Questo mestiere li metterà a dura prova, dovranno affrontare tantissimi sacrifici: solo chi ha passione potrà andare avanti. Questo non è un mestiere meccanico che impari e svolgi a memoria! Questo è un mestiere che fai solo con il cuore, se lo fai controvoglia è meglio che cambi strada.
Quali sono i piatti più rappresentativi della sua cucina?
Svariati. Ne elenco qualcuno : la Seppia mandorle e cavolo rosso in doppia consistenza, il Polpo lattuga cipolla rossa in agrodolce e teriaky, la Triglia mimetica. Tra i primi, direi il Risotto lattuga arrostita tonno e fichi, il Risotto affumicato carbone e ricciola, lo Spaghettone barbabietola dentice e stracciatella al fumo. Tra i dolci il 3 nocelle, il Pasticciotto tranese e il Tiramisù 2.0.
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