Che il rating degli utenti possa determinare la fortuna di un ristorante, è cosa nota: chiunque abbia mangiato in un locale può lasciar traccia digitale permanente delle proprie impressioni, valutazioni o giudizi. Siano essi positivi o negativi, affidabili, addirittura veri o falsi.
Le recensioni online sono quindi una potente arma nelle mani dei clienti: perché, però, non provare il contrario? Cosa succederebbe, insomma, se fossero i ristoranti a valutare i propri clienti?
RECENSIRE I CLIENTI: È QUESTO IL PROSSIMO STEP?
Già da tempo si levano voci nel mondo della ristorazione affinché la valutazione non sia più monodirezionale (guarda ad esempio cosa ne pensano gli chef famosi di alcuni clienti). Anche per i ristoranti, infatti, sarebbe prezioso sapere che tipo di cliente si affaccia ai propri tavoli, soprattutto quando si parla di prenotazioni: cancellazioni dell’ultimo minuto, persone che non si presentano o arrivano con un numero di commensali pari alla metà dei prenotati.
E il rischio reale che una parte dei tavoli prenotati – in media una percentuale che oscilla tra il 10% e il 20% - non si trasformi in coperti occupati genera altri fenomeni antipatici, come quello dell'overbooking: con il risultato che anche chi ha regolarmente prenotato, magari con anticipo e facendo fede alle proprie promesse, si trova comunque a dover aspettare in piedi l'agognato tavolo.
LE IDEE SULL'ARGOMENTO DI SILICON VALLEY
Insomma, qualcosa non va e da un anno abbondante a questa parte il sistema delle prenotazioni è entrato nel mirino dei nerds della Silicon Valley. Dalla semplice prenotazione via app – una per tutte, OpenTable in Usa - si è passati alla fase 2, quella che contempla, manco a dirlo, la monetizzazione di tutto ciò. Si parte dal concetto che i locali più ambiti generano orde di potenziali clienti frustrati dal fatto di non riuscire ad ottenere il loro posto al sole, e che a differenza della maggior parte di beni e servizi, il mercato delle prenotazioni non era ancora stato dato in pasto al migliore offerente, sono sbucate come funghi applicazioni, sempre in Nord America – da Resy a Table 8, da Reserve a Killer Rezzy a SeatMe - che vendono tavoli a pagamento, con o senza la complicità e l'adesione dei padroni dei ristoranti, che a volte guadagnano dalle transazioni, altre ne sono completamente ignari.
L'idea fa comprensibilmente storcere il naso a molti, ma mette sotto i riflettori lo squilibrio che effettivamente esiste in questo campo tra chi vuole andare a cena, e dà per scontato che si paghi il pasto e non il posto, e chi il posto lo offre, ma senza nessuna garanzia che non resti vuoto.
PAGARE LA PRENOTAZIONE ONLINE?
Una soluzione potrebbe essere quella pilota proposta dal proprietario di due locali esclusivi di Chicago, Next e Alinea: fare pagare la prenotazione online, ma poi detrarre quella somma dal conto finale - pare che in questo modo il tasso di defezione è sceso sotto il 2%. Intanto OpenTable e altre app già valutano gli utenti, e chi sgarra – per esempio, chi non si presenta al tavolo tot volte in un anno dopo aver prenotato, o cancella all'ultimo minuto – viene rigettato, account chiuso (ma un altro sotto altre spoglie può sempre essere riaperto).
Il passo successivo è già in cantiere: software di prenotazioni che includano un rating del cliente più completo e complesso, come quelli che esistono per esempio su circuiti come Airbnb per le case o Uber per le macchine. Non solo se hanno onorato o meno le prenotazioni, ma valutazioni e commenti su come si sono comportati, magari persino sulla mancia lasciata o meno.
Un sistema di valutazione che premia, e non solo punisce, i buoni clienti. É nell'aria, ma ancora deve essere lanciato sul mercato: presto dunque potrebbero esserci anche i clienti da quattro stelle e mezzo o cinque stelle su cinque, a cui il ristoratore assegnerà con piacere una tavolo in prima fila, alle 8 di venerdì sera, con meritata vista sul mare.
E gli altri? Dovranno lavorare sodo per costruirsi una buona reputazione. Perché un buon pasto (e un buon posto) bisogna meritarseli.