Elena Montomoli è una giovane barlady che, partita dalla Toscana ha affinato la sua tecnica a Copenaghen, in Danimarca.
Ritornata in Italia Elena si stabilisce a Bologna. Qui si dedica alla mixology da Casa Minghetti, un indirizzo - in cui si mangia, oltre che a bere - che le consente di creare, sperimentare ma anche apprendere costantemente attraverso il viaggio e la ricerca.
Ecco cos'ha raccontato a Fine Dining Lovers.
Com’è nata la sua passione per il mondo della mixology?
Tutti incomincia naturalmente, quando dalla Toscana mi sono trasferita a Roma per l’università. Curiosa di assaporare la vita notturna della capitale, mi sono avviciniata alla dimensione intima del bar e ne ho intuito subito la magia. Non ero attratta solo dalla bellezza estetica dei cocktail ma anche dal loro valore sociale e conviviale: le chiacchere davanti a un drink, per me, erano sempre quelle migliori. Da queste semplici abitudini ho capito che avrei voluto passare dall'altra parte: smettere di essere soltanto cliente e lavorare dietro banco.
Quando tutto si trasforma da passione in professione?
Dopo aver preso consapevolezza che nella mixology ci sarebbe stato il mio destino, mi sono trasferita a Copenaghen. Lì sono rimasta per tre anni, lavorando in diversi coccktail bar e brewery. L'atmosfera nordica, i nuovi sapori, le giornate brevi e le notti che parevano eterne mi ispirarono ed insegnarono molto. Poi un cambio di rotta improssivo: Bologna.
Com'è stato il suo arrivo a Casa Mighetti?
A Casa Minghetti ho avuto l’onore di conoscere e lavorare con Andrea Panizzi, la persona che più di tutte mi ha ispirata e con il quale ho scoperto una sincera affinità. Era come sentirsi a casa. Con lui ho condiviso il bancone di Casa Minghetti e iniziato il mio percorso bolognese, oltre due anni e mezzo fa.
Ci racconta l'atmosfera che caratterizza Casa Minghetti?
Casa Minghetti è situata in una delle più belle piazze di Bologna. Proprio come suggerisce il nome, si presenta come un'abitazione privata: calda, accogliente, intima. Lo stile all'interno è quello del vecchio salotto d'epoca, con tanto di soffitto affrescato, che incontra un arredamento moderno, pur senza grossi contrasti. La cucina rispecchia questo approccio comfort del cliente.
È la stessa filosofia con cui affronta anche le sue creazioni dietro al bancone?
Sì. Sono molto rispettosa dei grandi cocktail classici ma adoro sperimentare aggiungendo sempre qualcosa di nuovo, con profumi e sapori capaci di valorizzare inedite sfaccettature e sfumature. Da quando ho iniziato questo percorso nella miscelazione ho la romantica convinzione che bere un cocktail sia il modo migliore per lasciarsi ma anche di ritrovarsi. Ecco perché l’ultima drink list che ho realizzato, con l’aiuto del mio attuale collaboratore Edoardo Orlando, e di cui vado molto fiera, è dedicata ai viaggi. Abbiamo selezionato otto paesi in giro per il mondo tra quelli che abbiamo espolarato negli ultimi anni e ci siamo lasciati ispirare dai colori, profumi e culture di ogni luogo.
In questa drink list nomade è presente un signature cocktail di cui va particolarmente orgogliosa?
Uno dei best sellers si chiama Karibù Punch ed è dedicato al Kenya. Proprio perché in Africa il concetto di convivialità e condivisione è molto sentito, abbiamo pensato di servire il drink in una bottiglia ogni due persone. Il tavolo può così autogestirsi, versandoselo e spartendoselo totalmente a piacere. Questo drink è realizzato con Pineapple rum, Dark rum, Spiced rum, kefir di cocco, liquore alla banana, nettare di mango, acido citrico, Maroccan bitter.