Emenuele Lecce è il perfetto volto della rivincita della gastronomia calabrese: giovane, faccia pulita, voglia di cimentarsi e tanta passione. Quasi si mangia le parole dall'entusiasmo, parlando della sua cucina e dei nuovi piatti che prova ogni giorno ne La Tavernetta, ristorante di famiglia storico di Camigliatello (provincia di Cosenza) in Sila.
Classe 1993, Emanuele è figlio d'arte: i suoi sono ristoratori da più 30 anni, e La Tavernetta è la sua seconda casa, dov'è cresciuto con i classici piatti dell'insegna. Come i Raviloli ai porcini ;"Impossibile toglierli dalla carta" dice Emanuele, con un po' di rassegnazione e divertimento.
La Tavernetta è uno di quei ristoranti must delle vacanze in montagna dei calabresi, simbolo di un certo tipo di alta cucina ancorata molto ai piatti tradizionali, ma che con Emanuele inizia una fase più sperimentale. Non immaginate sferificazioni o ingredienti esotici: si parte sempre dalla Calabria e dall'incredibile territorio montano, pieno di erbe spontanee, spezie, e una strepitosa varietà di funghi disponibili tutto l'anno.
In questa intervista ci racconta della nouvelle vague calabrese - di cui non è il solo rappresentante - e dei suoi prossimi progetti in tutta Italia.
Perché il mestiere del cuoco?
Un po’ per scelta di vita, un po' per tradizione famigliare. Sono nato in questo ambiente, i miei lavorano in questo settore da 36 anni, sono in pratica cresciuto nel ristorante con i miei fratelli. Ho provato anche a fare altro: a 18 anni ho lavorato 2 anni nella parte amministrativa dell'azienda, e mi sono bastati per capire che la mia strada era in cucina.
Cosa significa raccogliere l'eredità di un ristorante di famiglia?
Ancora oggi non è semplicissimo; con due genitori nati in questo campo è sempre molto dura. Il passaggio di consegne è complicato quando hai due professori che lavorano ancora con te e hanno il diritto di dirti quello che vogliono. Già a 13 anni, quando lavoravo al ristorante, mio padre era un "datore di lavoro" molto severo; pensa che una volta sono anche scappato di casa una settimana. Adesso, però, in cucina entro con un occhio diverso e ho tutto sottocontrollo, perché sono abituato allo stress e a lavorare sodo.
Com'è composta la brigata di un ristorante con uno chef così giovane?
Una brigata giovanissima, età media 25 anni, con 4 cuochi e un ragazzo che lavora con noi da 9 anni, Luca.
Parliamo di ristorazione calabrese: qualcosa sta cambiando?
Sono immerso nella ristorazione calabrese da tanti anni e in effetti inizio a notare qualche cambiamento in positivo. Devo dire che noi a La Tavernetta non abbiamo mai sofferto troppo: abbiamo una clientela abbastanza alta che viene qui perché è interessata alla nostra cucina. Durante il fine settimana siamo sempre pieni - per fortuna - ma è sempre difficile trovare il corretto mix fra prezzo, porzione giusta e sperimentazione, soprattutto in una regione come la Calabria dove a casa si mangia molto bene (e molto abbondante). È quasi impossibile eliminare i piatti classici che hanno fondato La Tavernetta come i Ravioli con i porcini: una volta ho provato a toglierli dal menu, su 100 coperti sono arrivate quasi 100 richieste di ravioli (NdR Emanuele ride).
Quali sono i piatti nuovi in menu che portano la sua firma?
Ho introdotto un piatto che per noi è molto importante: Linguina di grano arso misto con un cremoso di fiori, porcini e finferli con tutte le spezie e le erbe della Sila, con 13 spezie sbriciolate su un piatto. Un altro piatto che ci siamo divertiti a realizzare è una sorta di samosa pieno di ragù bianco di agnello e passato in pasta fillo croccante. Qui si trovano anche buone trote salmonate, che d'inverno servo con crema di cavolfiore e polvere di liquirizia, insalata di finocchio.
Che ingredienti particolari si trovano nella cucina de La Tavernetta?
Assolutamente i funghi, che qui si trovano quasi tutto l'anno: ad esempio i miei preferiti sono i Marzuoli, funghi che hanno 15 giorni di incubazione sotto la neve; hanno una carnosità che preferisco a tutti gli altri. In Sila, poi, si trovano erbe e piante spontanee di tutti i tipi, tanto che con degli amici stiamo cercando di fare un progetto al riguardo. Il Mentone Silano, ad esempio, e poi siamo pieni di timo ovunque. Ho anche realizzato un piatto con timo e rositi, perché i rositi nascono vicinissimi alle piante di timo, quindi ho messo nel piatto ciò che sta insieme anche in natura.
Mi piace trovare gli ingredienti nei boschi camminando: in questo modo mi godo la natura. In più sto conducendo un po' di esperimenti con la carne di Podolica, cosa che conosco molto bene visto che mio padre ci lavora da tempi non sospetti e ha collaborato per creare il Presidio Slow Food.
Cosa ti aspetta in questo 2017?
Sarà un anno di transizione: sento la necessità di andare fuori, di confrontarmi. Andrò da Niko Romito al Reale per un'esperienza, e dopo da Enrico Crippa al Piazza Duomo: due grandissimi chef completamente diversi. Quest'anno lo dedico alla formazione e in questo sono assolutamente supportato dai miei genitori. Continuerò ovviamente con il progetto di Cooking Soon (NdR Collettivo di giovani chef calabresi), perché finalmente stiamo iniziando a fare sistema.
In più vorrei portare avanti il discorso del recupero delle piante e delle erbe spontanee, e sto anche lavorando a un progetto di chips della Patata della Sila - patata coltivata a 1200 metri dalla caratteristiche incredibili - che porteremo in tutto il mondo.