In giro per l'Italia in cucine importanti, poi un'esperienza formativa in Spagna e nove anni al fianco del noto chef Antonino Canavacciuolo al Villa Crespi. Nel 2012 Fabrizio Tesse, classe 1978, prende le redini della Locanda di Orta di Orta San Giulio, Novara, un pezzo di storia dell'antico borgo medioevale piemontese, che dopo due anni di ristrutturazione riapre in una veste completamente rinnovata. La struttura, l'offerta e gli arredi diventano freschi e moderni, così come la cucina dello chef di natali milanesi ma di origini liguri.
Nonostante l'impronta contemporanea dei suoi piatti, Fabrizio ama la tradizione e, come ha spiegato a Fine Dining Lovers, è legato ai "sapori codificati", che cerca di esaltare in piatti come le Capesante scottate, Crema di topinambur o il Filetto di trota salmonata marinata agli agrumi, yogurt, puntarelle e olive ammaccate.
Si descriva in tre parole.
Curioso, tradizionalista, creativo.
Che tipo di cucina si trova nel suo ristorante?
Difficile etichettarla, è un tipo di cucina molto personale. Un mio tratto distintivo però, a cui tengo molto, sono i codici tradizionali del gusto. Nei miei piatti cerco di trasmettere sapori codificati: il palato deve accorgersi di quello che sta assaggiando.
Da dove nasce l'ispirazione per le sue ricette?
Dalla materia prima e dal momento. Il momento inteso in molti modi: dal periodo dell'anno, dalla stagione, ma anche da una situazione. Una ricetta può nascere anche da una circostanza che coinvolge sensazioni estranee alla cucina.
Nel 2012 prende le redini della storica Locanda di Orta; quando è entrato in cucina da dov'è partito per rivoluzionare il menu?
La locanda è stata completamente ristrutturata nel 2012, ed è cambiata anche la proprietà. Quando sono arrivato sono partito ovviamente dalle mie esperienze, dal bagaglio degli anni passati, dai miei incontri con gli chef e dalle persone che ho frequentato in tutti questi anni. All'inizio la clientela affezionata alla locanda si aspettava forse qualcosa di più datato; la mia cucina è stata indubbiamente una novità.
Lei è molto attaccato alla tradizione italiana: c'è però qualche elemento estero che inserisce nei suoi piatti?
Sono curioso di natura e mi piace apprendere a farmi ispirare da tutte le culture. Tutto fa bagaglio per la formazione. La cosa a cui più tengo però è francese: il torcione di foie gras, che si ritrova spesso nei miei piatti.
È stato sous chef di Antonino Cannavacciuolo. Com'è stato lavorare con lui e cosa ha imparato?
Lavorare con lui è stata un'esperienza importantissima, formativa, dal punto di vista tecnico e umano; ho passato con lui 9 anni in cui ho imparato molto e in cui ho trascorso dei bellissimi momenti, anche dal lato umano.
A quali materie prime non riuscirebbe mai a rinunciare?
L'olio extravergine di oliva taggiasco ligure; qui si fanno sentire molto le mie origini liguri. Poi uso molto i crostacei in genere, nonostante la mia posizione lacustre, ma mi piace adoperare molto sia il pesce di lago che di mare.
Il locale più innovativo che ha visitato di recente?
Il Pisacco a Milano in via Solferino, dove in cucina c'è Andrea Berton. È una realtà diversa dal punto di vista architettonico, innovativa e moderna. È secondo me interessante perché aperto ad un target diverso; la clientela non si sente etichettata ed è spinta a provare.