Le origini di Felice Lo Basso sono pugliesi, la sua seconda casa è la Romagna, ma il suo lavoro di chef è dietro i fornelli del ristorante del Grand Hotel Alpenroyal in Val Gardena: e proprio il legame tra Nord e Sud è uno dei punti cruciali della sua cucina, dove il pesce fresco non manca mai e dove i sapori del Mediterraneo sono sempre ben accetti e apprezzati dalla clientela che ogni anno sceglie questa zona della del Trentino-Alto Adige per le proprie vacanze sulla neve.
Una cucina dai sapori e dai colori coinvolgenti, ma soprattutto onesta. Proprio come onesto è Lo Basso che, alla domanda su quanto sia importante la Stella Michelin ricevuta nel 2011, risponde in maniera secca e sincera: "È importantissima, apre tantissime porte".
Da Molfetta alla Val Gardena: cosa significa lavorare così lontani da casa?
Io sono lontano dalla mia terra ormai da tantissimi anni; per molto tempo ho lavorato in Romagna, dove vivo da 23 anni. Rispetto al resto dell’Italia la Val Gardena è un’isola felice, dove si lavora molto bene, anche per la forma mentis quasi tedesca che consente di arrivare a dei risultati eccellenti: abbiamo tutti i mezzi per fare bene, non badiamo a spese per le materie prime e non siamo mai sotto organico.
Come influisce sulla sua cucina la possibilità di lavorare in un hotel di così alto livello?
Lavorare in una struttura dagli standard tanto elevati ovviamente condiziona il mio menu: abbiamo una clientela internazionale, pochi italiani, soprattutto d'inverno. Il cliente straniero spesso esige ingredienti sofisticati e il mio lavoro consiste anche nell'accontentarli inserendo in carta piatti con materie importanti: capesante, caviale, foie gras, scampi. Spesso mi piacerebbe spiegare a un cliente straniero il valore del pesce azzurro, ma non sempre è possibile: vorrei dimostrare che l'alta cucina è anche altro, ma siamo ancora molto lontani. Senza dimenticare che occuparsi del ristorante di un grande hotel significa curare anche i pranzi e le colazioni: pasti per niente marginali quando si lavora in un luogo di villeggiatura.
Come descriverebbe la sua cucina a chi non la conosce?
Una cucina a 360 gradi, con una forte derivazione mediterranea. Sono pugliese di origine e nel mio menu non può mai mancare pesce fresco, verdure ed erbe aromatiche. La mia cucina è una fusione fra mare e montagna, riesco a combinare gli ingredienti del Sud con il rigore del modo di lavorare austriaco. In più cerco di fondere questi due universi rendendo la loro cucina un po’ più leggera lavorando sulle cotture più veloci, non intervenendo troppo sulla materia prima.
Una Stella Michelin: cosa significa per un chef riceverla?
Abbiamo ricevuto la stella dopo otto mesi dall’apertura, quindi per noi è stato un ottimo risultato. Io lavoravo già da molti anni come chef dell’albergo, quindi la prima stella è stato un buon premio per l’impegno e tutto il tempo dedicato al progetto. La prima Stella Michelin è importantissima per un ristorante: si apre un mondo nuovo, soprattutto se si lavora con la clientela straniera, che gira spesso con la Guida Michelin. Adesso l’obiettivo è la seconda: ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma stiamo facendo un bel lavoro, la gente torna ed è entusiasta.
Guida Michelin 2014: cosa pensa dei movimenti di quest'anno?
Ho visto un po’ di movimenti interessanti, come tutte le nuove stelle date alla Puglia. Sono molto contento per tutti i nuovi stellati come il mio amico Felice Sgarra; sono tutte persone che stimo. La Puglia è una regione in crescita da tanti punti di vista. Sono inoltre contento per la terza Stella Michelin di Niko Romito: lui se la merita davvero, è una persona umile che non si è mai messa in mostra. Dimostrazione che l’umiltà a volte premia.
Tornerebbe mai in Puglia per aprire un suo ristorante?
No, per il momento no. Mi sento molto lontano a livello di mentalità, non di professionalità: ci sono persone che sanno lavorare bene, però non credo che riuscirei a ritrovarmi più. Poi, mai dire mai; se qualcuno mi proponesse di aprire un ristorante come dico io, ci penserei.
E com'è il suo locale ideale?
Il mio locale ideale è un ristorante senza camerieri o tovaglie, concepito come un sushi bar con il kaiten, con dei piccoli piatti di cucina italiana reinterpretata da me. Mi piacerebbe cucinare al centro del nastro e - perché no? - parlare direttamente con i clienti, spiegare loro cosa stanno degustando e vedere le reazioni in tempo reale, come un teatro di cucina.
Il locale più innovativo che ha visitato di recente o che si sente di consigliare?
In Romagna vado spesso a mangiare da Vincenzo Camerucci nel suo Camì, un agriturismo di lusso a Savio di Ravenna, ma con prezzi abbordabili. Ho iniziato a lavorare con lui e quando sono a casa mi fermo spesso.
Progetti futuri?
Sicuramente continuare a lavorare per il Grand Hotel Alpenroyal: questa struttura è una realtà mutevole, non smette mai di reinventarsi e ci sono sempre nuovi progetti in atto. L’anno prossimo, per esempio, verrà aperto un nuovo ristorante.