Proveniente da una famiglia che pratica l'arte bianca da generazioni, il pizzaiolo Francesco Gallifuoco gestisce con successo la sua pizzeria a breve distanza dalla stazione di Napoli Centrale. Da Franco Gallifuoco Pizzeria vengono proposte le interessanti rivisitazioni delle ricette che il bisnonno di Francesco proponeva alla sua clientela nell'800.
Tecnica, attenzione per l'impasto e le materie prime si fondono così con la storia. Ecco la nostra intervista al pizzaiolo Francesco Gallifuoco di Napoli.
Com'è iniziato il suo percorso nel mondo della ristorazione e della pizza?
All'età di cinque anni, iniziai a trascorrere il tempo libero dopo la scuola nella pizzeria dei miei genitori. Trascinavo lo sgabello e mi ci posizionavo sopra, per poter arrivare all'altezza del banco. Così cominciai a preparare il mie prime pizze. Mentre crescevo, l'interessere continuò ad aumentare, tanto che da adolescente alternavo regolarmente la scuola al lavoro di pizzaiolo.
Quel è stato il punto di forza che l'ha portata ad affermarsi come pizzaiolo?
La mia ambizione e la curiosità. Sentivo la voglia di conoscere realmente, studiare ciò che da piccolo avevo appreso in maniera tanto naturale. Da questa mia voglia incessante di scoperta è partito il mio cammino verso l'eccellenza.
Quando è nata la sua pizzeria?
Nel 2014 inizia il percorso come protagonista. Alla base un obiettivo preciso: rivisitare le ricette che il mio bisnonno proponeva alla sua clientela nell'800.
Vicina alla stazione di Napoli Centrale, la sua pizzeria è un riferimento per molti. La sua clientela è costituita più da viaggiatori o da abitanti di Napoli?
Oggi la Franco Gallifuoco Pizzeria vanta una clientela tanto napoletana quanto internazionale. Certamente la posizione aiuta questo mix ma non è l'unica ragione, è anche una questione di scelta. Realizziamo un prodotto con l'intenzione di parlare a quante più persone possibile, vogliamo raccontare una storia.
E che storia è quella della sua pizza?
Una poesia.
E come si realizza una pizza tanto lirica?
Bisogna conoscere a fondo le materie prime, le tecniche per dar vita ad impasti che abbiano determinate caratteristiche, cura della farcitura e della cottura. Si è dato per scontato per molto tempo ma, sebbene intuito e passione giochino ruoli fondamentali, quella della pizza è una scienza esatta.
Come definirebbe l’esperienza enogastronomica che il cliente può trovare nella sua pizzeria e ristorante?
Una piacevole sosta nel folklore napoletano.
C'è una pizza che la rappresenta più di altre?
Più che una classica pizza, un piatto che rappresenta me e la mia proposta sono Le Grotte di Franco, una sorta di calzoni ripieni declinati in diversi modi. Qui si incontrano tradizione e rivisitazione attuale. Poi amo la mia Margherita Verace con pomodoro San Marzano in cottura, olio d'extravergine d'oliva, mozzarella di bufala, pecorino romano e tanto basilico dopo la cottura.
Cos’altro ama cucinare oltre alla pizza?
Gli spaghetti alle vongole sono senza dubbio il piatto che più amo cucinare ma anche gustare.
Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole fare la sua professione?
Di mettersi sempre in discussione.