A Brusciano, in provincia di Napoli, Taverna Estia è uno dei pochi esempi di alta cucina della zona. L'attività, iniziata nel 1999 da Armando Sposito, ha ricevuto negli anni molteplici riconoscimenti e oggi, con la cucina guidata dal figlio Francesco, vanta ben due stelle Michelin.
Tra soddisfazioni e difficoltà, coraggio e timore, creatività e pragmatismo, ci siamo fatti raccontare proprio dallo chef Francesco Sposito la storia di quest'attività di famiglia.
La nostra intervista a Francesco Sposito.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Ho iniziato il mio percorso in cucina ai tempi dell'università, nel 2001, quando frequentavo il corso di Scienze Politiche. Sostenevo e aiutavo mio padre che, spinto dal suo amore per la cucina, aveva aperto il ristorante un paio d'anni prima.
Qual è stato il vero “salto” nella sua carriera?
Dopo diversi mesi di duro lavoro, ma anche grandi soddisfazioni, capii che quella della cucina sarebbe stata la mia strada. Forse avrei dovuto capirlo durante gli anni delle inquietudini giovanili, ma tant'era. Decisi così, assieme a mio padre, di affrontare un'esperienza con un grande maestro, sicuro che ciò avrebbe consolidato o eventualmente affievolito la mia grande passione. Trascorsi allora alcuni mesi da Igles Corelli, un periodo che mi consentì di sentire forte il desiderio di continuare a migliorarmi, di aumentare le mie conoscenze, di mettermi sempre più in gioco, insomma di fare il salto che mi ha cambiato la vita.
Oltre a quella con lo chef Corelli, conta molteplici altre esperienze di rilievo. C’è qualcuno tra questi "big" che considera il suo maestro?
È vero, anche se alcune sono state brevi, ho avuto la fortuna di stare accanto a diversi maestri italiani ed internazionali. Tra tutti, di certo Igles Corelli, ma anche Fabio Barbagli ed il maestro Alain Passard mi hanno consentito, anche solo in sintesi, di carpire i loro insegnamenti. Sono quelli che mi hanno formato e hanno influenzato il modo con cui mi approccio ad un piatto durante la sua composizione.
Come diceva, nella cucina di Taverna Estia ha lavorato suo padre prima di lei. Possiamo considerare questo ristorante due stelle Michelin un'attività familiare? Cosa pensa sia cambiato maggiormente con il suo arrivo?
Tutto ciò che oggi è il mio mondo, la mia quotidianità, è frutto dei sacrifici di mio padre e della sua passione per l'arte della cucina, trasformata con impegno in attività imprenditoriale nella quale oramai tutta la famiglia è impegnata da più di vent’anni. Ragione per cui Taverna Estia è certamente un'attività familiare.
Come descriverebbe l’esperienza enogastronomica di Taverna Estia oggi?
Taverna Estia è sempre stata, proprio per l'impostazione che le è stata data, un laboratorio enogastronomico. Fulcro di tutto è il territorio, proposto talvolta in chiave classica ed altre volte rivisitato con un approccio più moderno, con picchi sperimentali fatti di abbinamenti audaci. Questo credo sia il nostro grande punto di forza: la scioltezza con cui non ci poniamo barriere, tutto può essere, purché sia un modo per comunicare ed essere apprezzati dal fruitore.
Quali sono i punti di forza ed eventuali criticità di avere un ristorante di alta cucina a Brusciano, in provincia di Napoli?
Molti ci chiedono perché Brusciano. È qui che siamo nati e vissuti ed è qui che abbiamo iniziato, per pura passione, questo gioco. Questo è un territorio di origine vulcanica, che possiede dunque un'elevata mineralità nel terreno, capace di performance importanti e di grandi prestazioni agricole. È un peccato che pochissimi giovani siano andati nella direzione dell'attività rurale: qui, come in moltissime parti d'Italia, è tutto o industrializzato o abbandonato. Le criticità sono diverse, ma volere è potere in qualsiasi parte del mondo e allora... perché non a Brusciano? Questo ci siamo detti allora e ci ripetiamo ancora. Se ci avessi ragionato troppo, senza quella giusta dose di passione o coraggio, forse la paura avrebbe avuto la meglio. Ma, oltre alle difficoltà geopolitiche, Brusciano è, come dice mio padre, ad un passo dall’ombelico del mondo, Napoli, una meravigliosa metropoli con tutte le sue contraddizioni, e quindi siamo contenti così.
Nel suo ristorante si trovano opere d’arte e pianoforte. Cosa la ispira di più sul lavoro?
La cucina è estro, fantasia, ritmo, è come comporre su un pentagramma da cui spesso vengono fuori bellissime melodie. Il modus operandi con cui compongo un piatto prevede una riflessione sull'armonia sensoriale che gli alimenti sono in grado di dare accostati tra loro.
Nel 2019 il ristorante celebra vent'anni di attività, come si mantengono alti gli standard da due stelle Michelin sul lungo tempo?
La risposta a questa domanda dipende molto dalla personalità del singolo, da quanto uno si sente importante. Io, che sono sempre rimasto con i piedi per terra, dico sempre che, per mantenere sempre l'eccellenza, non bisogna considerare di avere già cucite sul petto le due stelle, ma è fondamentale lavorare con altissima professionalità e incessante determinazione, come se ancora non fossero giunte.
Come si pone rispetto alle tematiche del km 0 e della territorialità?
Sono un fautore del km 0. All’interno del ristorante vi è una parte del giardino dove è possibile ammirare il mio "erbolario", un orto dove coltivo aromi, erbe, verdure stagionali, con l'aiuto di un contadino. Abbiamo l’antico pomodoro napoletano e il peperone papaccella, prodotti tipici di una cultura contadina che non esiste quasi più.
Un piatto che la rappresenta più di altri?
Un piatto che per me conta moltissimo e che viene citato proprio dalla guida Michelin come "il piatto per cui vale la pena andare da Taverna Estia": il Carciofo. Una mia personale interpretazione che mette insieme la cottura antica sulle carbonelle, che realizzo con una sorta di affumicatura, con una cottura in olio a bassa temperatura, capace di rendere questo ortaggio morbido, delicato, dolcemente amarognolo. A conclusione un trito di gambo, aglio nero e pecorino, una vera leccornia.
Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole intraprendere il suo percorso?
Di provaci solo se ha un grande spirito di sacrificio e se si innamora di quello che rappresenta questo lavoro. Solo se mantieni alte le endorfine, proprio quelle che ti tolgono il respiro quando pensi al tuo grande amore, riesci a compensare il peso della fatica di ore ed ore di concentrazione.
Ricetta d'autore: il Risotto con limone, gamberi rossi e pistacchi di Bronte di Francesco Sposito.