Nel 1993 un giovane bolognese laureato in economia, Gianluca Franzoni, parte per il Venezuela e scopre il mondo delle piantagioni di cacao. Se ne innamora, lì rimane e nel 1997 fonda La Domori.
Vent'anni dopo, l'azienda è Official Event Sponsor del Cluster Caffè e Cioccolato a Expo Milano 2015.
In mezzo, una lista di premi e primati, situazioni in cui Franzoni (che, non a caso, non teme di definirsi "un visionario, dal ruolo quasi spirituale nel mondo del cioccolato") ha aperto nuove strade: ha creato il primo codice di degustazione del settore, realizzato una tavoletta 100% senza burro né zucchero, recuperato varietà pregiatissime come il Criollo, e reso la Domori l'unica azienda in grado di controllare l'intero processo produttivo, dalla fava alla tavoletta.
Fine Dining Lovers gli ha rivolto qualche domanda, voi potete trovarlo ogni venerdì dalle 17 alle 18 al Teatro all'aperto del Cluster Cacao e Cioccolato in una serie di incontri tra gusto, arte e musica.
Immagino sia impossibile chiederle qual è la soddisfazione più grande.
Impossibile deciderlo, sì. Qualcosa di non sbandierato, ma che è intrinseco alla nostra attività e la permea tutta, è la valorizzazione della filiera del cacao dal punto di vista equosolidale ed ecosostenibile. Prima di noi, i coltivatori di cacao non sapevano valutare la qualità della materia prima: parlavano solo con gli intermediari e non assaggiavano il cioccolato. Erano incapaci di giudicare il prodotto finale, e quindi di contribuire al suo miglioramento. Io ho organizzato eventi di formazione a livello sensoriale e stabilito protocolli precisi di fermentazione, insieme a Enti Governativi e non, in Venezuela, Ecuador, Messico, Honduras, Nicaragua.
Lei è stato uno dei primi a parlare di varietà di cioccolato. Ha lavorato in particolare con il Criollo: vuole raccontarlo a chi non lo conosce?
La varietà più rara al mondo, lo 0,001% della produzione mondiale. Già conosciuta dalle civiltà mesoamericane, nel tempo era andata scomparendo: ha rese bassissime ed è molto fragile. Cosa lo rende speciale? Contiene pochissimi pigmenti antociani, e quindi ha un colore chiaro. Sotto l'aspetto tattile, potremmo definirlo - un po' volgarmente - cremoso, rotondo. Ha pochissima astringenza, aromi di frutta secca e crema di latte.
La sua passione per il cioccolato nasce fin da bambino?
Più che per il cioccolato, direi per il cibo in generale: cucino da quando avevo dieci, undici anni. E in particolare ho moltissimi ricordi olfattivi, legati agli odori e agli aromi. Quando ho "conosciuto" il cacao, in Venezuela, mi sono accorto che aveva profumi che non trovavo nel mondo del cioccolato distribuito. Ho deciso che bisognava rendere merito al cacao e, da lì, penso di aver creato un mondo. È stata un'avventura: ho ridefinito la produzione, cambiato i processi distributivi. Paragono spesso il mio ruolo a quello di un tagliatore di gemme: la qualità è già lì, nella fava di cacao, il mio compito è solo renderla più visibile.

Il suo cioccolato è ormai dovunque, nei menù dei grandi chef. Qual è la ricetta a cui è più legato?
Il cioccolato è estremamente duttile, ma al tempo stesso meno si contamina meglio è: si presta bene ad essere utilizzato in mousse e soufflè. Ricordo con piacere una ricetta del grande Aimo Moroni, uno dei miei primi clienti e soprattutto uno dei primi a credere in me: un tortino al cioccolato e olio extravergine d'oliva, che esaltava la nobiltà delle materie prime italiane.
Non è strano parlare di cioccolato "italiano"? A livello europeo non siamo ancora riusciti a creare un immaginario forte sul nostro cioccolato.
Rispetto a belgi, svizzeri, francesi, noi italiani non siamo riusciti a fare sistema: loro si uniscono e si sostengono, noi siamo individualisti, in questo come in altri comparti. Ma da quando ho cominciato a fare "evangelizzazione" sul cioccolato, ho trovato sempre una risposta entusiasta da parte degli italiani: abbiamo grande sensibilità per la materia prima.

Un consiglio: quando assaggiamo un cioccolato fondente che non conosciamo, cosa ci avverte che è di cattiva qualità?
Mantenendoci sullo standard "medio" di un fondente al 70%, direi che deve essere abbastanza dolce, senza un amaro eccessivo. L'acidità deve essere bassa, non ci deve essere astringenza, e non dobbiamo sentire odori strani come muffa, acetone o affumicato.