La cucina femminile non esiste.
Giovanna Iorio non è la prima a sostenere che, tra i fornelli, non esista uno stile femminile o maschile. Ma la chef de Alle Murate, nel pieno centro di Firenze, lo fa con particolare convinzione. «La cucina presuppone sensibilità» continua Giovanna «Non rispecchia il genere ma la personalità: io cucino come me stessa, non come una donna». Le piace definire i suoi piatti sobri, quasi monacali, «che fanno il possibile con il meno possibile». Tutto il contrario della sous chef Maria Teresa Brancaccio: «Lei viene da Napoli, dove la cucina è ricca, barocca, costruita. Più roba c’è nel piatto meglio è. Io tolgo e lei mette, io uso massimo tre ingredienti, lei almeno tre».
Due donne a guidare la cucina di un ristorante: un caso più unico che raro. Eppure da quando ha aperto, 30 anni fa, Alle Murate ha sempre avuto molte quote rosa. «Per caso, non per scelta» racconta Giovanna «Anche nel 1984 eravamo due donne in cucina, venne da noi il direttore del New York Times, ed era così colpito ci ha scritto un articolo sopra». All’epoca il ristorante era ancora in via Ghibellina: si è trasferito nell’attuale sede in via del Proconsolo dieci anni fa. Pareti e soffitto dei locali mostrano un ciclo di affreschi trecenteschi venuti alla luce (insieme a scavi archeologici ancora presenti - e visitabili - al piano inferiore) durante i lavori Una cena Alle Murate diventa un’esperienza culturale di rara bellezza: tra gli affreschi ci sono anche i ritratti più antichi al mondo di Dante e Boccaccio.

Si distolgono gli occhi dalle pareti solo per la cucina di Giovanna. In menù non mancano riuscite rivisitazioni della tradizionale toscana, come le Pappardelle fresche di grano saraceno e cannella con ragù di Cinta Senese e il Piccione ripieno di fegatelli, pinoli e uva passa. Ma a prevalere sono profumi, colori e sapori del Sud.
Giovanna, infatti, è nata a Carbone («Un paese dove non esiste un semaforo») in provincia di Potenza. «Cucino per nostalgia, ripropongo i piatti che mi faceva mia mamma». Zuppe e verdure in primis, ma anche agnello «che rappresenta le mie origini» e baccalà. Nei suoi piatti c’è un’eleganza composta, una semplicità spontanea che fa emergere sapori netti e intensi: Passato di broccoli con salmone arrosto, Agnello stufato, con i carciofi e fonduta di pecorino, Baccalà con cavolo nero e chips di cous cous.
Giovanna è arrivata a Firenze a 18 anni insieme all’ex marito Umberto. «Ci eravamo stati in gita scolastica e gli avevo detto ‘Vorrei vivere qui’. Abbiamo aperto il ristorante pochi anni dopo, da completa autodidatta». Tornerebbe mai al Sud? «No, ormai apparteniamo qui. Il mio rapporto con Firenze è stato come un matrimonio: amore a prima vista, poi una fase di rifiuto in cui non la sopportavo, poi un altro innamoramento, e adesso un affetto pacifico e sereno».
La chef è l’incarnazione perfetta dell’understatement: pochi eventi, niente tv, nessuno show cooking. «Mio figlio mi spinge a farmi vedere di più. Ma è violentare la mia natura. Sono una cuoca poco plateale, ecco» ride «E poi l’attenzione agli chef è esagerata. 20 anni fa non si vedevano mai, stavano sempre dietro ai fornelli, ora è tutto un maestro di qua, maestro di là. Smitizziamoli un po’! Questo è un lavoro duro, non patinato, che ti impone molti sacrifici, un grande impegno fisico e mentale e pochissimo tempo libero. Non siamo artisti, bensì artigiani».
Impossibile, da donna a donna, non farle una domanda finale: cosa cucinerebbe per sedurre un uomo? «Una zuppa di pesce un po’ esotica, con peperoncino e coriandolo. Funziona sicuramente, con un uomo che sappia godersi i piaceri della vita».