Tra i ventisette ristoranti che nell'edizione 2015 della Guida Michelin hanno ricevuto una seconda stella c'era anche Il Piccolo Principe di Viareggio. Il ristorante dell'Hotel Principe di Piemonte, nella cittadina sulla costa toscana, è guidato da dieci anni dallo chef Giuseppe Mancino: salernitano di nascita (precisamente a Sarno), comincia a cucinare a 13 anni iniziando un percorso che lo porterà da alcuni dei migliori maestri internazionali.
Fine Dining Lovers l'ha incontrato per parlare del suo lavoro, delle sue origini e dei suoi piatti speciali.
Lei ha lavorato in molti posti prima di arrivare al Piccolo Principe. Quali sono i migliori insegnamenti che abbia ricevuto?
Ho avuto la fortuna di lavorare con persone davvero importanti per la mia formazione, che mi hanno insegnato il valore della cucina: sono stato al San Domenico di Imola e al Baglioni di Firenze, ho avuto come maestri Rocco Iannone, Alain Ducasse, Gualtiero Marchesi. Probabilmente quello che mi ha ispirato di più è Ducasse per l'estetica e la profondità del gusto, il rifiuto di una cucina molecolare e destrutturata. Io voglio che i clienti sentano in bocca quello che leggono sul menu. Marchesi, invece, mi ha insegnato l'importanza della materia prima.
Quando è nata la sua passione per la cucina?
A Salerno "viviamo con gusto". Di sicuro non facciamo piatti ipocalorici: ci sono la sostanza, il sapore intenso e vero. Ma anche l'importanza della filiera corta. Da noi ci si rende davvero conto di cosa vuol dire mangiar bene.
Se dovesse scegliere un piatto che rappresenta le sue origini culinarie?
La parmigiana di melanzane.
E se dovesse indicare il suo piatto simbolo, invece?
Mi è impossibile indicarne uno solo. Forse la calamarata di Gragnano cotta nel vasetto di vetro, a bagnomaria, con frutti di mare, calamari e punte d'asparagi. Oppure l'Havana Special (mousse al cioccolato, cialda al cacao, crema inglese al tabacco, marasca e rum).
Quanto risente la sua cucina delle origini campane?
Chi è campano non può fare a meno di fare una cucina così: verace, con i sapori forti. Non a caso gli chef che fanno una cucina innovativa vengono prevalentemente dal Centro Nord. Poi ovviamente nel mio percorso mi sono raffinato, e il territorio in cui sono ora - mare da una parte, dall'altra le Alpi Apuane - mi ispira molto.
Lavorare in un hotel è un limite o un'opportunità?
Ovviamente devi accontentare i gusti di tutti i clienti, e se vogliono il pescato alla griglia e il risotto ai frutti di mare non puoi dire di no. Ma è grazie a una struttura così se abbiamo potuto ambire alla seconda stella, e alla libertà che mi hanno dato se l'abbiamo conquistata.