La seconda giornata della diciassettesima edizione di Identità Golose, il congresso internazionale di cucina e pasticceria d'autore ideato da Paolo Marchi e Claudio Ceroni, si è aperta con grandi chef in sala Auditorium, da Carlo Cracco ad Antonia Klugmann. Non sono mancati in drink presentati a Identità Cocktail e nemmeno il focus sulla pizza, sullo Champagne e sui giovani senza dimenticare la gastronomia orientata al futuro. Perfettamente in sintonia con il tema di questa edizione: Il futuro è oggi.
Identità Golose 2022 - il secondo giorno
Carlo Cracco: il tema di questa edizione è quello che abbiamo pensato quasi 20 anni fa
Come da tradizione, ad aprire la seconda giornata di Identità Golose in Auditorium (la sala più importante e prestigiosa del congresso) c’è chef Carlo Cracco. “Il futuro è oggi è il tema di questa edizione, e per noi rappresenta quello che abbiamo pensato quasi 20 anni fa”, inizia così chef Cracco raccontando che i grandi nomi della gastronomia di oggi sono partiti da idee e aspirazioni che sono diventate oggi, il futuro. Gli ultimi due anni ci hanno obbligati a cambiare prospettive e ad avere una visione non più così lunga e veloce come ci eravamo abituati a fare. Bisogna conservare la curiosità, l’anima dell’alta gastronomia, la voglia di andare avanti e la voglia di rafforzare questo lavoro. Solo questi elementi danno la giusta speranza per costruire una nuova idea di futuro. Prima di passare alla presentazione dei suoi tre piatti chef Cracco ci lascia con una riflessione dedicata alla Giornata della Terra: “La terra è di tutti e non è di nessuno. Dobbiamo cercare di vivere in maniera più vera tutto quello che la terra ci offre perché non siamo soli, siamo un insieme”.
Il primo piatto di casa Cracco è ispirato alla Russia e a tutta quella zona che abbraccia i territori dell’Ex Unione Sovietica a dimostrare che la cucina non divide, ma unisce popoli e territori. Cracco e la sua squadra hanno dato la loro interpretazione del borsch, la tipica zuppa a base di patate e barbabietola che, a seconda della zona, viene arricchita e servita con ingredienti diversi. In questa versione tagliatelle di barbabietola vengono servite con un estratto di rapa fermentato, brodo di carne ottenuto con le parature dei salumi (culatello, prosciutto crudo) e un bombolone di patate arricchito con il cumino. Il pane viene portato al tavolo e spezzato dal cameriere che lo porge ai commensali, un messaggio che rappresenta un gesto d’amore e condivisione.
Il secondo piatto si basa sempre sull’apertura e il viaggio. Protagonista della ricetta, il midollo. Inequivocabile simbolo della cucina milanese, servito in questo caso con l'osso. Ma è con il condimento che lo chef ci porta in terre lontane. Una parte, infatti, viene servita con una pasta di fagioli fermentati, miele e limone. Dopo la cottura al barbecue, il midollo diventa si una consistenza cremosa, ma solida e sembra trasformarsi in un “budino animale”. Viene aggiunta poi una crema all’aglio dolce affumicata e a finire una sorta di crumble di pane alla cannella.
Il terzo piatto è un dolce che vuole esaltare la fragola, ingrediente caro allo chef. La polpa della fragola viene condita con olio extravergine di oliva e shiso rosso. Si aggiunge un sorbetto alla fragola, angostura e zucchero di fragola essiccata. Il tutto servito con una bevanda al fragolino, shiso rosso e basilico.
Stagionalità significa anche conservazione: l’Orto di Jorg Giubbani
Chef Giubbani ha solo 30 anni, ma le sue idee sono solide e salde come una pianta centenaria. Al timone di Orto by Jorg Giubbani del Villa Edera Hotel di Moneglia a Genova, lo chef propone nella sua masterclass un piatto creato con soli elementi vegetali provenienti dalle terre liguri e più precisamente dai 5 orti della sua cucina.
Il protagonista è l’asparago violetto di Albenga impreziosito con zucchine trombetta, fagiolini genovesi, piselli freschissimi e un’essenza di finocchietto. Tutti gli ortaggi vengono sbianchiti per 4 minuti in acqua bollente molto salata. Secondo lo chef questi sono i minuti necessari ad esaltare la clorofilla e il sapore degli ortaggi. Tanto sale nell'acqua esalta i sapori. Successivamente la cottura viene fermata con l’immersione dei vegetali in acqua, ancora una volta salata, e ghiaccio. A completare i giochi di consistenze ci sono due crostini di pane realizzato con lievito madre e farine integrali locali. Al piatto si aggiungono una gelatina agrodolce di scarti di pane secchi, perline di mela verde, salsa verde e gel di acetosa. La decorazione è fatta con erbe aromatiche provenienti dall’orto del ristorante. La nebulizzata di finocchietto finale non è un vezzo, ma un vero e proprio elemento che esalta la freschezza del piatto.
S.Pellegrino dedica il suo spazio alla S.Pellegrino Young Chef Academy
Ancora una volta S.Pellegrino mette al centro i giovani e il futuro della gastronomia internazionale. Presso lo stand, al centro della location della kermesse di Identità Golose, è possibile fare un percorso immersivo in quella che è l’iniziativa della Young Chef Academy. I volti di molti partecipanti e finalisti compaiono in una serie di schermi esaltati da giochi di luci e di musica. Il talento è come sempre il focus del messaggio. Alla fine del percorso è proprio un assaggio preparato da Alessandro Bergamo (finalista italiano della scorsa edizione) ad avvolgere il palato dell’ospite. Un percorso emozionale in cui non mancano ispirazione e quello sguardo al futuro che i giovani hanno.
Gianni Di Lella e Richard Abou Zaki: la pizza dolce
In sala Blu 2 Identità di Pizza è cominciato nel segno della dolcezza. Gianni Di Lella della Pizzeria La Bufala di Maranello ha presentato l'evoluzione della pizza dolce con Richard Abou Zaki di Retroscena a Porto San Giorgio (Fermo).
"L'attenzione sulla pizza dolce è nata qualche anno fa, nel 2016, all’inizio del concetto di pizza dolce, quando si farciva con crema da supermercato senza logica. Richard era un cliente e, con lui, hanno iniziato a parlare di pizza dolce. Come portare i grandi dolci della tradizione sulla pizza, a fine pasto? Con il sapere di Richard abbiamo portato, con la giusta tecnica, a portare il dolce sulla pizza, dove la base della pizza era parte integrante del piatto”, ha spiegato Di Lella.
“La pizza-lasagna nata nella cucina di Bottura, nel 2016. Da lì c’è stata l’evoluzione delle pizze dolci: potevo fare meringhe, preparazioni ad hoc, ma abbiamo deciso di adottare un altro metodo. Ecco perché abbiamo preso una zuppa inglese e l’abbiamo trasformata in pizza. Pizza tarte tatin dove la pasta sfoglia diventa impasto della pizza: c’è un concetto alla base, non solo uso di determinati ingredienti, ma parte emozionale che trasforma in pizza un dolce. Per me era fondamentale rimanere nel concetto dell’identità, mostrare la tradizione fatta bene, soprattutto in un territorio come l’Emilia”, ha racconta Abou Zaki.
La pizza Zuppa Inglese
I due chef hanno presentato tre dolci classici trasformati in pizza, nati dalla collaborazione che da anni portano avanti, iniziata appunto con un’amicizia. Ecco allora la Pizza Zuppa Inglese: un concetto diverso di pizza: la pizza viene cotta con zucchero di canna che crea effetto di caramellizzazione e dà croccantezza. “La cosa più importante nella pizza dolce sono le proporzioni: non troppa crema, per esempio. Tutto deve essere equilibrato”, spiega Richard. Viene farcita con crema intensa al cioccolato e crema pasticciera (senza glutine, ma con amido, che consentono di far esplodere il sapore. Viene proposta in degustazione tagliata in quattro, a centro tavola. Vaporizzazione di Alchermes finale. Viene servita tiepida. L’impasto? Lavoriamo con una base di farina di riso, 00, soia, farro, mais, perché c’è una ricerca dietro, raccontiamo sulla croccantezza , lavoriamo solo con il lievito madre”, spiega Di Lella. Pizza Tarte Tatin: la base ha sempre lo strato di zucchero di canna caramellato, che impermeabilizza la base, poi aggiunge le mele caramellate al Calvados, aggiunge sciroppo di mele Caramellate e Calvados, quenelle di gelato alla crema e foglie di menta per finire. L’impasto è sempre lo stesso per tutte le pizze che Di Lella Porpone, sia dolci sia salate. Pizza Tiramisù: una base molto croccante, con gelato al caffè, spuma di crema la mascarpone, polvere di caffè arabica e vaporizzazione alcolica al caffè, che crea una verticalizzazione. Quale pizza dolce ci aspetta nel futuro? “Pizza fragole e scalogno con mandorle di Noto. Il mio intento è portare la tradizione dei grandi dolci italiani sulla pizza”, conclude Richard.
Antonio Biafora e il futuro della cucina in Calabria
In Sala Blu 1, sul palco dedicato al futuro, alle 12 in punto è salito Antonio Biafora del ristorante Hyle (“Sila” in greco antico) di San Giovanni in Fiore (Cosenza): uno spazio fine dining a 1300 metri di altitudine. “Cos’è il futuro? Per me è conoscenza, che si sviluppa in quattro punti, ossia, tempo, radici, ricerca e tecnica”, spiega lo chef. Ad ognuno di questi quattro elementi, lo chef ha dedicato un piatto. “Il tempo è scandito dalla conserve al Sud, nella famiglia da cui provengo in particolar modo. Siamo partiti da un prodotto straordinario che è la pecora della Sila e abbiamo deciso di usare il lardo di pecora, massaggiato con sale grosso e con erbe aromatiche locali: il lavoro del cuoco è dare complessità a questo elemento”, spiega. Un lardo di maggiore personalità rispetto a quello di maiale, al profumo di pecora. Così, ha preparato una salsa di lardo a base di brodo vegetale con cui ha mantecato gli spaghetti, ha aggiunto gel di bergamotto, polvere di foglia disidratata di bergamotto. Per finire, l’aggiunta del pistacchio calabrese, tostato molto in padella. tritato e lasciato grezzo, che va a bilanciare acidità, sentori erbacei e il grasso. Per rappresentare le radici, lo chef ha preparato un dolce con la patata della Sila Igp, “che ha una texture molto croccante, che la rende versatile”, precisa. La patata è stata cotta in sciroppo di acqua e zucchero per evitare ossidazione, poi è stata cotta a vapore per 30-35 minuti. Poi, terza cottura, per renderla croccante, a forma di rosa. Poi, ha tirato fuori una conserva sotto sale di limetta calabrese (agrume molto profumato, incrocio tra limone, cedro e bergamotto), che ha sbollentato e che ha montato come una crema pasticciera senza uova, che ha messo alla base del piatto, su cui ha adagiato la rosa di patata, quindi ha completato con foglie di shiso. A parte, ha servito uno shot di latte di mandorla amara calabrese. Per rappresentare la ricerca, ecco la carne e, in particolare, il cuore e la sua frollatura. “Abbiamo iniettato degli enzimi nel cuore, ossia una siringa con cloruro di calcio e ho messo a marinare sotto vuoto, per evitare l’irrigidimento muscolare”, ha spiegato lo chef. Nel piatto, alterna cuore cotto in padella e rapa marinata. Un piatto con una nota agrodolce, che è tipicamente calabrese, e che “dà una nota come comfort food a un ingrediente difficile come il cuore”, ha precisato lo chef. Quindi ha aggiunto uno zabaione salato e un olio di cipollina. Il cuore viene impiattato su una riduzione di Gaglioppo (e a proposito di vino, Biafora annuncia che probabilmente in futuro creerà un vigneto). Per rappresentare la tecnica, infine, lo chef ha preparato una minestra di riso, ma con una cremosità da risotto. “Il lavoro tecnico è stato quello di fare un’analisi sulla cera d’api, che ha la capacità di addensare i grassi in maniera naturale, con una consistenza quasi burrosa, ecco perché abbiamo deciso di abbinarla al riso: un ‘burro’ aromatizzato con trota affumicata a caldo, con cui abbiamo di fatto mantecato il riso, senza usare lattosio”. Le trote arrivano da un allevamento vicino al ristorante e, con le loro uova, finisce il riso.
Edoardo Sandri e Paolo Lavezzini: cocktail e finger food al Four Seasons Firenze
In sala Gialla 1, Edoardo Sandri e Paolo Lavezzini, rispettivamente bartender e chef del del Four Seasons Firenze, hanno acceso i riflettori sul mondo della mixology e dell’hotellerie di lusso. Un universo dal mood internazionale, dove “il bartender ha il polso su tutte le nuove tendenze che arrivano dall’estero”, racconta Sandri. Lo chef ha abbinato dei finger food croccanti ai cocktail proposti dal bartender: tre insoliti e originali croccanti salati, tra cui uno snack a base di fagioli e lardo di colonnata, abbinato a Supersonic, un nuovo drink preparato con grappa invecchiata in botte dai sentori di whisky, liquore alla nocciola, sciroppo di cocco, gocce di anice e ananas, finito con Perrier. “Come abbiamo visto anche con Mattia Pastori, che mi ha preceduto, lo zero waste e la territorialità sono i trend della mixology di oggi, dunque giochiamo anche noi con la grappa (quindi il vino), che è sinonimo di toscanità”, commenta il bartender. “Come garnish una foglia di kikuna (al sapor di carota e sedano) e bolla della Perrier aiuta molto”. Per il secondo drink, Cthulhu, il bartender si è ispirato a Lovecraft. Un cocktail a base di Talisker Skye Single Malt Scotch Whisky, lime, mango e latte di polpo (il polpo viene fatto cuocere nel latte, a bassa temperatura, dove ha immerso cinque spezie cinesi, cardamomo e chiodi di garofano, andando così a rinforzare la nota sapida del polpo, che si aggiunge alla torbatura del whisky con un effetto sapido/torbato). Completa il cocktail con top di Ginger Beer Sanpellegrino e con il fiore elettrico, il fiore del pepe di Sechuan, “che anestetizza un po’ la bocca, ma con la torbatura e la parte esotica si accompagna bene e completa il drink”. The Island è il nome del terzo drink, fatto com distillato di riso indiano, Alchermes (tipico di Firenze), succo di guanabana e Limonata Sanpellegrino.
Valerio Serino e Lucia De Luca: Tèrra e la cucina no waste
Sono italianissimi, ma arrivano da Copenaghen, Valerio Serino e Lucia De Luca del ristorante Tèrra. Qui, nella capitale danese, dopo un trascorso rispettivamente nell’Alitalia e nell’architettura, hanno aperto prima un pastificio e poi il ristorante. In questo spazio gourmet giocano con la cucina italiana e con il concetto di zero sprechi. Partono presentando un assaggio al pubblico in sala, Sedano rapa e cozze (una sorta di crespella che alterna strati morbidi e croccanti di sedano rapa, ripiena di emulsione di cozze locali danesi o di crema all’origano, nella versione vegana). Un sedano rapa viene usato a più servizi. “Il sedano rapa viene usato all’estremo: abbiamo voluto celebrare il vegetale e usarlo in tutto e per tutto. La pelle del sedano rapa è stata disidrata e abbiamo creato una farina con cui realizziamo un waffle che noi presentiamo negli amuse bouche, servito sulle bucce”, spiega Valerio. “Creare un waffle dagli scarti è anche un messaggio alla gente: si possono creare cose semplici, anche a casa, il cambiamento si può mettere in atto solo se tutti facciamo un passo, e noi vogliamo sensibilizzare le persone”, aggiunge Lucia. Il loro obiettivo è diventare sempre più sostenibili come ristorante, a cominciare dall’uso circolare degli ingredienti, al sfruttati al 100%, senza sprechi. Con il sedano rapa realizzano anche delle chips e delle marinature con l’aceto nordico, dalla shelf life molto lunga. “Ci reputiamo minimal perché vogliamo far parlare l’ingrediente, non vogliamo trasformarlo completamente, ma enfatizzarlo”, spiega lo chef. Presentano anche l’Assoluto di pomodoro, fatto con pomodoro danese acidificato, ma anche l’Assoluto di zucca, trattata come un salume, con sale e zucchero, conservata a freddo in frigo per un mese. “Con le sue bucce abbiamo creato un letto e l’abbiamo condita con olio di ginepro”, precisano. E ancora, l’Assoluto di porro, preparato con un pil pil alla maniera basca. Cosa provare in primavera in Danimarca? Fragole, asparago e rabarbaro, che hanno un sapore ancora più intenso.