Sono state molte le novità di questa ventesima edizione del congresso di Identità Golose Milano, a cominciare dalla location dell’Allianz Mico. Identità Future era il tema di questo ventennale e una missione che si rinnova: essere il punto di riferimento per il dibattito gastronomico contemporaneo, con un’attenzione sempre più marcata verso il futuro della ristorazione. L’edizione 2025 si distingue per un’importante novità, Identità Young, un’iniziativa dedicata agli under 35 che rappresenta un passo concreto nella trasmissione del sapere tra generazioni. Il concetto alla base è chiaro: un congresso internazionale ha valore se sa offrire strumenti di crescita, modelli di riferimento e consapevolezza professionale a chi sarà protagonista della scena gastronomica di domani. Ma Identità Golose è anche un momento che raccoglie le grandi e i grandi chef dello scenario gastronomico italiano e internazionale, ecco le cose più interessanti che abbiamo visto in questa ultima edizione tenutasi dal 22 al 24 febbraio 2025.
L’importanza della gestualità

Sui social e in tv i cuochi e le cuoche sono star ormai da anni, ma è bene ricordare la loro missione primordiale che è quella di cucinare e di diffondere la cultura del cibo attraverso la loro conoscenza, la creatività e naturalmente i gesti.
Corrado Assenza, in un bellissimo talk insieme a Massimiliano Alajmo, ha detto “Il pensiero di chi prepara il cibo, diventa concreto grazie alla gestualità”, un concetto tanto semplice quanto potente. Il gesto è la sintesi della persona che lo compie ed è un lascito per le generazioni future. Non a caso, Tommaso Zoboli, chef ventiseienne di Patrizia a Modena, riprende questo stesso concetto dal punto di vista della sua generazione e sottolinea l’importanza della gestualità che, ai giorni nostri, deve essere celebrata e raccontata attraverso canali più contemporanei per essere preservata e protetta. Un incontro di generazioni, quella più matura e di esperienza di Assenza e quella più fresca e istintiva di Zoboli, che si unisce per prendersi cura di uno dei valori più importanti per la gastronomia di oggi e di domani: il gesto.
Meno ego e più ospitalità
Quella di Niederkofler è una posizione molto chiara rispetto al concetto di futuro della ristorazione. Lo chef tristellato sottolinea l’importanza di dare il giusto spazio alle figure più giovani di questo universo e ci porta a riflettere su quello che è un tema piuttosto caldo per chi frequenta l’alta gastronomia. “Dobbiamo tornare a rispettare il cliente. Non dobbiamo sempre decidere tutto noi cuochi, ma è necessario rimettere il cliente al centro e farlo divertire”, questo è quello che dice Niederkofler durante la sua masterclass a Identità di Pasta. Inutile dunque proseguire con quella tendenza, che per fortuna sembra che stia sbiadendo, di cucinare per mostrare ad altri chef quando si è bravi, tecnici e creativi. Il futuro della gastronomia non deve basarsi sulla competizione tra addetti al settore, ma deve remare verso la stessa direzione che è quella in cui il cliente è l’unico protagonista dell’esperienza.
Pasta 2.0
Chef Biafora di Hyle e chef Ambrosino di Sustanza, seppure in due momenti diversi, hanno sottolineato come il processo creativo applicato su un ingrediente molto semplice come la pasta, possa portare al futuro uno strumento che va oltre il gusto e l’uso che ad oggi conosciamo. Ambrosino porta sul main stage la sua visione di Mediterraneo mettendo l’ingrediente pasta al centro. Nella sua masterclass ha raccontato la sua pasta cotta prima in ammollo e poi piastrata, per intensificarne il sapore, accompagnata da una colatura di melanzana, una salsa di pane abbrustolito e fermentato, pesce azzurro marinato all’aceto di pasta e olio di olive bruciate. Chef Ambrosino si riconferma un cuoco estremamente creativo che scava nelle antiche tradizioni per riportare alla luce del futuro tecniche e usanze con il concetto, molto importante, di fusione tra culture differenti.
Chef Biafora, anch’esso dallo stile sperimentale, porta sul palco di Identità di Pasta il suo Formaggio di Pasta 2.0. Questo è un piatto nato nel 2021 che è stato perfezionato proprio per l’occasione dei vent’anni di Identità Golose. Alla pasta cotta, lo chef aggiunge una muffa: il Penicillium Roqueforti. Il risultato? Una formaggio senza traccia di latte che ha i medesimi sentori dei formaggi blu. L’opera di Biafora (perché di opera si parla) è certamente un esercizio chimico e creativo che porta i commensali a stupirsi per quello che hanno nel piatto, ma potrebbe anche essere l’embrione di un’idea rivoluzionaria che è quella di ottenere un formaggio da un ingrediente completamente vegetale.
Sapore di mare

É la sala di Identità di Pesce ad accogliere Moreno Cedroni e Luca Abbadir che hanno presentato in anteprima il nuovo menu della Madonnina del Pescatore: Spine. Cedroni, che maturava il pesce già nel lontano 1999, ci ha abituati a menu stupefacenti che hanno dato vita a veri e propri trend gastronomici internazionali, ma quest’anno si concentra su quello che è, per eccellenza, lo scarto. Dalle spine del pesce crea cialde, brodi, paste che hanno tutto il sapore del mare.
Proprio sul concetto del sapore del mare si concentra il giovane chef di Da Lucio, Jacopo Ticchi. Fresco di apertura della nuova location, Ticchi si interroga sul vero sapore del mare senza trovare una risposta, che probabilmente appartiene al suo futuro. Il mare è salato, minerale, fresco, ma forse il suo sapore dipende dalla cultura a cui apparteniamo. Lo dimostra il suo piatto di alghe, aglio e prezzemolo che, senza traccia di vongole, è in grado di ricordare, con tre semplici ingredienti, quello che è il sapore del mare della costa adriatica e dell’Italia tutta.
Passione Giappone: dal coltello al bicchiere

Proprio nell’anno in cui il Giappone registra dati da record sul fronte turistico, a Identità Golose si è parlato di cultura nipponica a tavola e dietro al bancone. Molto interessante l’intervento di chef Hirotoshi Ogawa, uno dei punti di riferimento per il taglio del pesce crudo a livello internazionale. Ogawa, nella sua masterclass molto tecnica, ha raccontato come deve essere trattato un pesce, dalla pesca alla tavola, per il servizio a crudo. Seguendo la sua tecnica, basata sul drenaggio e sulla pulitura, il pesce fresco può essere conservato fino a due settimane senza bisogno di celle di maturazione. Chef Ogawa ha anche affrontato il delicato tema del taglio giapponese del pesce che parte da lame di altissima qualità per arrivare a tecniche che possono essere affinate solo con anni di pratica.
Ma Giappone è anche mixology e ne ha parlato Patrick Pistolesi del bar Drink Kong di Roma (posizione 33 nella World’s 50 Best Bars). Pistolesi, da sempre amante della terra del Sol Levante, ha raccontato non solo di cocktail e distillati nipponici, ma anche dei tools per la mixology che sono stati progettati proprio in Giappone e ha messo l’accento sull’importanza del rapporto tra barman e cliente, quest’ultimo un esempio di ospitalità a cui l’intero universo della mixology deve prendere spunto.
L’evoluzione dell’arte bianca

Il futuro dell’arte bianca? Lo hanno tracciato i protagonisti di Identità di Lievitati, nuova sezione del congresso, che ha debuttato in occasione dell’edizione 2025. Tra le insegne più rivoluzionarie degli ultimi anni? Confine Milano - pizza e cantina, il nuovo avamposto voluto dal pizzaiolo Francesco Capece e dal maître Mario Ventura. Un luogo che esprime la quintessenza dell’approccio contemporaneo al mondo della pizza, concepito come un bel ristorante fine dining, con servizio curato, una cantina con 500 etichette e caveau. “La nostra idea? Inserire la pizza in un percorso degustazione, un modo per consentire al cliente di provare diverse declinazioni di lievitati, ma soprattutto un modo per essere sostenibile, che consente di offrire un’esperienza di qualità che dura un’ora e mezza al tavolo”, spiega Capece.
“Concentrare la nostra arte e il nostro approccio in una Capricciosa da 500 grammi non sarebbe sostenibile: dopo 20 minuti l’ospite avrebbe finito e a malapena avrebbe spazio per un dolce: voi al ristorante mangereste 500 grammi di spaghetti con le vongole?”. Nasce così l’intuizione dell’Umaminara, un concentrato di Marinara espresso in una sola fetta, presentata lo scorso anno sul palco di Identità Milano e diventata iconica. Nel 2025 la sfida è andata oltre: siamo passati dalla fetta di pizza al piatto. Ebbene sì, arte bianca e cucina vanno a braccetto e si contaminano: l’evoluzione dei lievitati? La pizza che si trasforma in un piatto della tradizione come il tortellino in brodo, usando gli scarti della cucina (dai fondi dei salumi alle croste di Parmigiano): un impasto di pizza fritta idratata con brodo di Parmigiano, farcita con il classico ripieno dei tortellini. E il brodo? Viene sferificato adagiato sul lievitato fritto, prima del servizio. “Qualcosa di impensabile 20 anni fa in una pizzeria, quando Ferran Adrià venne per la prima volta al congresso”, commenta Capece, che omaggia il grande maestro spagnolo, facendo sua la lezione molecolare. Il futuro dei lievitati si concentra sempre più su un approccio che cambia profondamente la percezione, la concezione e il consumo dei lievitati, inseriti in percorsi degustazione.
Ecco allora che Roberta Esposito de La Contrada di Aversa (Caserta) esprime al meglio il binomio pizza-cucina lavorando in tandem alle ricette assieme al fratello Alessio, chef di casa. E presenta uno starter che si allontana dai soliti fritti: il percorso inizia con un babà salato con bagna di Marinara, un concentrato di sapore e aromi, abbinato a un Negroni preparato con gin al cappero. Un babà salato è l’aperitivo da abbinare a un cocktail anche per Gabriele Dani della Bottega Dani di Cecina (Livorno), che nel suo locale inizia così, al bancone, il suo percorso Breaking Bread. I lievitati si fanno innovativi e riflettono la ricerca e lo studio: il babà viene preparato con impasto baguette, cotto al vapore e croccantizzato al forno, quindi farcito con gamberi e avocado, in pairing con un cocktail. Si chiude in dolcezza con l’Igikai, un pezzo della sua viennoiserie zen: impasto al tè matcha e namelaka al sesamo nero, perfetto anche come spuntino dolce. Non solo pizza: l’arte bianca diventa un versatile fil blanc di percorsi variegati che nulla hanno da invidiare al fine dining.
Il futuro della ristorazione tra IA, tecnologia e narratori digitali

Come sarà la ristorazione del futuro? Che ruolo avranno la tecnologia e il mondo digitale? A queste domande hanno cercato di rispondere gli interventi dei Bros’, Floriano Pellegrino e Isabella Potì, seguiti in Auditorium da Carlo Cracco e Luca Sacchi. Freschi di annuncio di imminente riapertura a Martina Franca, in Valle d’Itria, i Bros’ hanno parlato del ruolo dello chef oggi, estremamente mutato negli anni: non più un professionista che si chiude in cucina, ma un vero e proprio narratore digitale alla ricerca costante dell’avanguardia. Hanno presentato tre innovazioni cui stanno lavorando: la pellicola intelligente al cavolo rosso, in indicatore di freschezza naturale, che cambia colore in base al ph degli alimenti, grazie alla presenza degli antociani; un olio gelificato e stampato in 3D, capace di mantenere trasparenza e stabilità nel tempo, utilizzabile per decorazioni e dare ai piatti consistenze inedite; ”energia che si mangia”, ossia una batteria edibile, sviluppata da Mario Caironi con l’Università di Milano e il contributo di Leonardo Zelig, realizzata con quercitina dal cappero usata come catodo, vitamina B2 utilizzata come anodo ed elettroliti a base acquosa per la conduzione dell’energia. Alla fine dell’intervento, Isabella Potì ha ricevuto il Premio Vent'anni di Identità Golose 2025, in collaborazione con Acqua Panna e S.Pellegrino. La chef è stata premiata da Claudio Ceroni e Giacomo Giacani, Head of Marketing and Innovation Italia del Gruppo Sanpellegrino. La motivazione? "Tanti a 20 anni hanno il futuro ancora tutto da vivere. Questa chef, invece, ha già scritto pagine molto importanti che ribadirà in primavera nella nuova sede scelta con il suo compagno e socio". A proposito di futuro e tecnologia,
Carlo Cracco e Luca Sacchi hanno presentato un’iniziativa promossa da Maestro Martino Food Academy, l’associazione presieduta dallo chef: AI Food. Si tratta di un progetto nato per rendere l’intelligenza artificiale uno strumento pratico e democratico, al servizio della gastronomia, a supporto del lavoro quotidiano dei ristoratori. Una sorta di chatGPT realizzata in collaborazione con l’HighEST Lab, laboratorio di Intelligenza artificiale del Dipartimento di Economia e Statistica dell’Università di Torino. Ecco allora alcuni esempi sull’uso intelligente della app AIgusto: uno strumento di formazione personalizzato con cui interagire, chiedere ricette della tradizione codificate, ma anche supporto nella gestione o dati relativi alla sostenibilità di un piatto come quanta anidride carbonica è stata generata per produrlo. “Il futuro della non sarà il libro di cucina, ma un’infinità di ricette e dati con cui non avremo rapporto passivo, ma attivo”, spiega Sacchi. Ecco allora applicazioni che vanno dall’ottimizzazione della filiera produttiva alla personalizzazione dell’esperienza gastronomica, dalla sostenibilità alla gestione delle risorse, sino all’analisi delle preferenze alimentari. Uno strumento a supporto della creatività culinaria, non di certo sostitutivo, come ha sottolineato Cracco: "L’intelligenza artificiale non è una minaccia per la ristorazione, ma una risorsa straordinaria per migliorare efficienza, ridurre sprechi e amplificare la creatività in cucina. La vera sfida è integrare questa innovazione senza snaturare l’identità della gastronomia, trovando il giusto equilibrio tra tecnologia e tradizione”.
The Sanpellegrino Table: chef e pizzaioli disegnano il futuro

Foto Mariarosaria Bruno
Appuntamento imperdibile, come ogni anno, quello allo stand di S.Pellegrino: al social table del brand, per tre giorni, si sono alternate coppie costituite da chef stellati e pizzaioli che hanno ideato e realizzato inedite ricette a quattro mani. Ecco allora pizze (e non solo) figlie della collaborazione - sempre più forte - tra arte bianca e cucina. Le degustazioni al The Sanpellegrino Table, naturalmente, sono state accompagnate dalle Bibite Sanpellegrino: una collezione di esperienze che ha testimoniato la bellezza del mondo della gastronomia e delle collaborazioni, ma anche la passione e l’entusiasmo di chef e pizzaioli, protagonisti di inediti passi a due culinari. Ad animare il tavolo social, ecco il primo giorno lo chef neo stellato 2025 della Locanda de’ Banchieri Giacomo Devoto con Corrado Scaglione dell’Enosteria Lipen, seguiti dallo chef del Kitchen di Como Andrea Casali e Denis Lovatel di Denis Pizza di Montagna, per concludere con il duo campano costituito dallo chef de Il Buco Giuseppe Aversa e dal maestro Giuseppe Pignalosa della pizzeria Le Parùle. Il secondo giorno? Voilà servite le pizze ideate dallo chef due stelle Michelin Andrea Aprea con Mario Cipriano dell’omonima pizzeria fiorentina, da Michele Antonelli di GastroBi di Loreto con Giovanni Mandara della pizzeria Piccola Piedigrotta di Reggio Emilia. Molto emozionato, tra i protagonisti del secondo giorno, c’era anche il finalista italiano di Spyca 2025 Edoardo Tizzanini, sous chef di Da Vittorio, che assieme ad Antonio Pappalardo della Cascina dei Sapori di Rezzato ha proposto due creazioni molto interessanti: la Pizza al Padellino”Pizzaiola” con crema di pomodoro bruciato, salsa di datterino giallo, fonduta di provola e polvere di origano e oliva taggiasca (un piatto godurioso, una scarpetta incredibile), abbinata a Cocktail Sanpellegrino; la Pizza in teglia alla romana con mousse di carciofo, pecorino romano e guanciale croccante, in perfetto abbinamento con Ginger Beer Sanpellegrino.
Chiusura in bellezza, l’ultimo giorno di Identità Milano, con Samuele Di Murro del San Giorgio di Genova, in coppia con Giovanni Santarpia dell'omonima pizzeria fiorentina, Nicola Annunziata de I Portici di Bologna con Manuel Maiorano de La Fenice di Bologna e dal duo campano formato da Francesco Sposito, due stelle alla Taverna Estia e Salvatore Salvo, direttamente dalla Pizzeria Salvo di Napoli. Le loro creazioni? In pairing con Chinò Sanpellegrino, Burro & Alici, l’interpretazione di un abbinamento classico con burro di bufala fermentato, latticello, alici marinate sotto sale per 40 giorni e affumicate, limone ossidato, colatura di alici ed erba cipollina. Per concludere con Domenica alla seconda, una pizza farcita con carciofi cotti sui carboni, clorofilla di prezzemolo, pesto di aglio orsino, provola, pecorino dei Monti Lattari e olive di Gaeta. Un concentrato di gusto, storia territorio, abbinato al Cocktail Sanpellegrino.
Osteria Francescana fa 30 anni. Con Miseria e Nobiltà

Foto Brambilla-Serrani
Uno dei momenti più emozionanti del congresso è stato quando sul palco è salito Massimo Bottura con tutte le persone che lavorano nell’ambito della Francescana Family, la “famiglia allargata” dell'insegna, il gruppo di ristoranti che oggi fa capo all’Osteria Francescana, inaugurata dallo chef modenese nel 1995. Il mondo della gastronomia è cambiato completamente da allora: oggi, se c’è stata questa trasformazione, lo dobbiamo anche a Bottura e al suo operato. Un agire consapevole che non si è fermato ai fornelli, superando i confini della cucina in sesso stretto, con attività che hanno avuto un impatto sulla società: dalla creazione dei Refettori nel mondo, per offrire pasti caldi ai meno abbienti, alle campagne di sensibilizzazione sull’anti spreco. Un video di 6 minuti ha ripercorso le tappe di una vita tra arte e cucina, tra progetti sociali e premi, tra riflessioni e riflettori. Il palco di Identità Golose ha rappresentato l’occasione per presentare tre piatti del nuovo menu dell’Osteria Francescana: Miseria e Nobiltà. “La cucina italiana interpreta al meglio questo concetto, perché il nostro Paese ha sempre avuto un legame profondo con la miseria: le famiglie hanno trasformato la scarsità in opportunità, dando origine a piatti che ancora oggi appartengono al nostro patrimonio culinario”, ha detto lo chef tre stelle Michelin. Ecco allora la miseria vista come “un’opportunità per liberare l’immaginazione” e una serie di ricette nate dalla commistione tra ingredienti umili e di recupero (come il pane raffermo) e ingredienti nobili.
“La nobiltà è data dalla raffinatezza, dall’equilibrio e dall’armonia dei sapori che si sono perfezionati nei secoli. C’è nobiltà nel rito della tavola, nel tramandare le ricette di generazione in generazione, ogni regione e famiglia vanta una cucina unica, nel rispetto del territorio”, ha aggiunto Bottura. Qual è il futuro della cucina italiana? “Valorizzare ciò che la rende un rito collettivo, senza cadere nell'omologazione, innovare senza dimenticare la tradizione”. Un concetto che prende forma in piatti come Pane e Acqua, che riprende due forme d’acqua (nobile delle ostriche e umile dell’acquacotta), in un gioco di consistenze e camouflage che vede protagonista il pane e le ostriche. Ancora, in Pasta e Fagioli, un piatto che accomuna tutta l’Italia, riletto come fagioli di pasta preparata con farine di grani antichi e farine di fagioli, mantecato con midollo, brodo di carne intenso, dove vengono messi in infusione scarti del prosciutto. Infine La faraona arrosto che voleva diventare panettone, un lievitato che profuma di faraona, dove la parte croccante del panettone viene preparata con la pelle della faraona stessa. Un’ulteriore testimonianza della commistione sempre più forte tra il mondo dell’arte bianca e la cucina.
Tutte le foto tranne dove diversamente specificato: Brambilla - Serrani