Ci aveva già stupito con il suo Cucinare in lavastoviglie, ma il nuovo progetto editoriale di Lisa Casali, Il grande libro delle bucce (Ed. Gribaudo), è un testo estremamente contemporaneo che sorprende e fa riflettere. Sembrava una credenza popolare quella che la buccia della frutta e della verdura contiene più nutrienti della polpa e delle parti più nobili, ma l’autrice ha voluto andare a fondo.
Dopo anni di ricerca e analisi, Lisa Casali torna in libreria con una guida pratica e comprensibile a tutti che spiega in modo molto chiaro come sia possibile ridurre lo spreco alimentare in cucina a favore della salute e del gusto. In occasione della prima giornata internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari, abbiamo voluto intervistare Lisa Casali per farci raccontare il suo settimo libro.
Com’è nata l’idea di questo libro?
Da anni mi occupo di fare ricerca sul cibo sostenibile, che significa risparmio e rispetto per l’ambiente. A questi due punti fermi del mio percorso professionale ho aggiunto il tema della salute. Perché mangiare anche le bucce di frutta e verdura significa prima di tutto fare bene al nostro organismo. Ho voluto andare a fondo e insieme ad Altroconsumo, sono stati analizzati diversi prodotti per confrontare i benefici della parte “nobile” e di quella che solitamente scartiamo. Il risultato è un innovativo studio con informazioni essenziali ottenute dal confronto tra frutta e verdura biologiche e quelle “convenzionali”. Sono stati analizzati solo prodotti provenienti dal supermercato, perché è lì che le persone fanno la spesa per la famiglia.
Cosa è emerso da questi studi scientifici?
Il risultato delle analisi è stato stupefacente e la differenza di nutrienti tra polpa e buccia è stata sbalorditiva su un ampio numero di vegetali. Faccio un esempio, nelle foglie del sedano c’è il 465% in più di vitamina C di quella che si trova nel gambo. Per non parlare delle fibre, la percentuale contenuta negli scarti è quasi incredibile.
È difficile lavorare le bucce e gli scarti in ambito domestico?
No, è semplice ed economico. La parte iniziale del libro spiega che servono pochissimi strumenti che spesso abbiamo già in casa. La cosa fondamentale è il modo di cottura con cui si trattano i vegetali. Far bollire per 30 minuti un cavolfiore significa perderne tutte le proprietà. Sarebbe più nutriente cuocerlo al vapore o, ancora meglio, mangiarlo crudo. Nel libro spiego anche come trattare i prodotti, con quale tecnica valorizzarne il gusto e l’apporto di nutrienti.
In quale ambito c’è più spreco alimentare?
È nelle cucine domestiche che avviene il più grande spreco. A casa si buttano tantissime cose, molto spesso perché non si ha la conoscenza per trattarle e renderle appetibili. In seconda posizione c’è la produzione vera e propria dei prodotti alimentari e solo in coda il campo della ristorazione che ha una bassa percentuale di spreco. Gli chef, che hanno ormai una grande influenza e tanta visibilità, dovrebbero parlare ancora di più dell’importanza di non buttare via il cibo, di non sprecarlo.
Il suo profilo Instagram si chiama ecocucina, cosa significa per lei questo termine?
Significa scegliere un modo di cucinare contemporaneo. L’ecocucina parte sì dalla tradizione, ma subisce poi un’attualizzazione per andare incontro alle emergenze di oggi. Perché occuparci dell’ambiente in cui viviamo è decisamente un’emergenza che riguarda tutti. Ognuno di noi può fare qualcosa per prendersi cura del clima e del Pianeta che abitiamo, a cominciare dalla tavola.