Pensare di andare a mangiare una carbonara e ritrovarsi in un’esperienza – quasi – stellata. È quello che succede da Luciano Cucina Italiana a Roma, che delle prime intenzioni da trattoria evoluta ha mantenuto pochi elementi. “In pratica solo il nome e la carbonara, anzi anche quella si è evoluta nel tempo”, confessa lo chef romano. Oltre all’ambiente, informale, un po’ trattoria alla romana, un po’ bistrot, come se ne potrebbero trovare a Parigi, ma anche in questo caso ci sono delle novità alle porte, visto che proprio in questi giorni Luciano ha chiuso per un restyling.
Chef Luciano Monosilio e un bene prezioso: la pasta
Il resto è il risultato di una lotta interiore di Luciano Monosilio, prima con i soci, che puntavano più alla versione “trattoria replicabile”, poi con se stesso. Liquidati i soci e acquisita la proprietà al 100%, l’anima fine dining di chef Monosilio è emersa prepotentemente. Oggi possiamo dire che Luciano è finalmente artefice del proprio destino, navigatore in solitaria (ma con una bella squadra alle spalle, inclusa la deliziosa moglie Ilaria) su una barca che va a gonfie vele e macina 150 coperti al giorno.
Il segreto di questo successo è probabilmente nell’operazione camouflage. L’ambiente informale e le porzioni generose tradiscono l’anima da trattoria, insieme a quei piatti comfort come la carbonara, che fanno da richiamo per chi non è di ampie vedute. Il servizio stesso è volutamente friendly e si guarda bene dall’incutere quel timore reverenziale che talvolta si prova negli stellati. A pesare sulla bilancia del fine dining, la ricerca nel piatto e nel bicchiere, oltre all’ottima mano e alla fama che precede Luciano Monosilio, che per diversi anni ha vestito la casacca stellata, ai tempi di Pipero al Rex.
Un cenno lo meritano i prezzi, giustamente lievitati insieme alla qualità e ricerca nel piatto, ma ancora nell’ambito della bistronomia: un menu formato da antipasto, primo e secondo, che per via delle porzioni generose sono comunque una sfida, viaggia sui 60/70 euro a persona. Da segnalare che c’è un elemento che manca: il menu degustazione. Un fatto di clima e non di voglia, direbbe Francesco Guccini. “Ma finché rimarremo nella situazione attuale, con la difficoltà nel reperire personale, non potremo permetterci di proporre un menù degustazione, perché troppo difficile da gestire”, spiega Luciano.
Risoni, lupini, burro acido e alghe
Monosilio è dunque riuscito a convincere tutti di essere in trattoria, ma poi è un attimo che ci si ritrova a tavola un piatto di Anguilla, rapa bianca e salsa rubra, oppure un Baccalà, mandorle, limone, uova di aringa affumicata e cavolini di Bruxelles al miso. E ancora, schivando i classici romani, colpiscono i Risoni, lupini, burro acido e alghe, mentre fra i secondi i più arditi potrebbero provare il Fegato di vitello, cime di rapa e mazzancolle, oppure il Diaframma di manzo, insalata di finocchi, mandorle tostate e liquirizia.
A questo si aggiunge una rinnovata cura nella scelta dei vini, con una particolare predilezione per la sua regione d’appartenenza: c’è la sezione “Il Lazio secondo Luciano”, nonché una sezione dedicata alle donne del vino, produttrici che hanno preso in mano aziende vitivinicole storiche o dato impulso a nuovi progetti di valore. “Esempi di meritocrazia femminile, senza slogan femministi”, chiosa Luciano.
Ad aver apprezzato questa virata di Luciano è una clientela variegata, nell’età e nelle intenzioni. Nella nostra visita abbiamo trovato un gruppo di ragazzi che festeggiava una laurea, dei turisti stranieri, che in centro storico non mancano mai, e dei clienti fissi.
Monosilio nella nuova cucina di Luciano Cucina Italiana
Il restyling è l’altra novità sul piatto. “Abbiamo deciso di rivedere soprattutto gli spazi, per rendere i locali più confortevoli e funzionali al servizio” spiega Monosilio. Più spazio all’area produzione della pasta, che resta a vista ma si sposta (oggi è all’ingresso), invariato il numero dei coperti e sostanzialmente, come dice Luciano, “è una naturale prosecuzione dei lavori che sono iniziati l’anno scorso dal dehors, in occasione della riqualificazione della piazza antistante”.
Un onore al merito di questo chef e imprenditore, che si è fatto carico della riqualificazione della deliziosa piazza del Teatro di Pompeo. È lui che ha avviato con il comune il dialogo necessario per intervenire e liberare finalmente questa piazza del centro storico da auto e motorini in sosta (taluni abbandonati), investendo su questo progetto. Un “do ut des” da prendere come modello, perché oggi questa piazza si presenta come pittoresco fondale, perfetto per la cucina di Luciano.