Amate il whisky? Che siate intenditori o principianti, ecco alcuni numeri relativi al superalcolico.
2 sono i modi in cui viene chiamato questo distillato: whisky, se proviene da Scozia e Canada, o whiskey per quello prodotto in Irlanda e Stati Uniti, anche quest'ultima versione è probabilmente la più diffusa. C’è poi il Rey, meno conosciuto, distillato dell'Alaska col 51% di segale. Lo Scotch whisky indica specificamente il distillato scozzese, mentre il Bourbon è il whiskey statunitense prodotto con fermentazione di segale, malto d’orzo e granoturco.
3 sono le regole basilari per dimostrare di essere dei veri intenditori di whiskey. La prima è di considerare come relativa l’età di una bottiglia. Quella dichiarata si riferisce, infatti, al numero minimo di anni d’invecchiamento del superalcolico. Il whiskey è però spesso ottenuto da blend di varie botti e potrebbe quindi essere più vecchio, o anche più giovane. La seconda è che l’età minima di invecchiamento per poter parlare di whiskey è tre anni, ricordandosi sempre che più invecchia e più il prodotto scurisce. La terza è che non esiste un cioccolato specifico per degustare un buon whiskey, ma per non sbagliare è bene sceglierne uno fondente al 70%.
4 sono le fasi di produzione del whiskey. Per prima c’è la fermentazione, in cui uno zucchero produce l'alcool. Poi c’è la distillazione. Qui, il prodotto ottenuto dalla fermentazione, che di solito ha un basso contenuto in alcool (8-10%) ed è a tutti gli effetti birra, viene concentrato tramite appositi recipienti sottoposti ad alte temperature. Si ottiene così lo “spirito”, che altro non è che etanolo, ovvero alcool molto concentrato. La terza fase è quella dell’invecchiamento, processo che avviene in apposite botti di legno dove il whiskey assume il sapore, il profumo e il colore che andranno a caratterizzarlo definitivamente. Il prodotto finale, che ha una percentuale di circa il 40% in alcool, arriva quindi alla quarta fase: l’imbottigliamento.
26,9% è la quota di mercato coperta dallo Scotch Whisky, che è il più diffuso al mondo. È seguito, alla distanza, dal Whiskey (9,02%), poi dal Canadian Whisky (5,39%) e dall’Irish Whiskey (1,98%). La rimanente fetta di mercato (56,71%) è costituita dalla vendita tutti gli altri whiskey sommati insieme.
37 milioni di casse di whiskey prodotte ogni anno dagli Stati Uniti. Per il Canada sono 21 milioni, mentre l’Irlanda arriva a 7 milioni. Discorso a parte per l’India: ne produce addirittura 120 milioni di casse all’anno, ma si tratta di una tipologia di whiskey che non deriva, come da tradizione, dalla fermentazione di cereali ma da quella della melassa. Questo superalcolico indiano viene poi aromatizzato a parte e non subisce alcun invecchiamento: per questi motivi ad oggi è vietata l’importazione in Europa.
46,69% del consumo mondiale di whiskey spetta all’India, che è in assoluto il paese che lo apprezza di più. Gli Stati Uniti si fermano in seconda posizione, al 14,44%, seguiti da Francia (4,7%), Giappone (3,39%) e Regno Unito (2,5%).
100 DC è il periodo a cui si fa risalire la nascita del whiskey, anche se si trattava più che altro di esperimenti di distillazione fatti ad Alessandria, che tra l’altro non avevano a che fare con l’alcool. Per l’utilizzo di questo ingrediente si deve attendere fina al tredicesimo secolo, in Italia, quando si iniziò a distillare l’alcool dal vino.
190 milioni di bottiglie da 70 cl. di Scotch whisky esportate in un anno in Francia, che si attesta alla prima posizione davanti agli Stati Uniti (119) e all’India (94). A seguire troviamo Spagna (64), Messico (58), Germania (53), Sud Africa (44), Brasile (43), Singapore (41) e Giappone (30).