Sarà Alessandro Bergamo, sous chef del Ristorante Cracco, a rappresentare l'Italia alla finale europea del Bocuse d'Or, in programma a Tallin il 28 e 29 maggio. Classe 1989, nato a Mariano Comense, lo chef è un volto già noto nell'ambiente, e sta vivendo un momento d'oro: sempre a maggio, infatti, rappresenterà la region Italia e Sud Est Europa alla finalissima di S.Pellegrino Young Chef in programma a Milano.
"Per la finale europea del Bocuse d'Or lavorerò sodo con il mio team composto dal commis Francesco Tanese e dal coach Lorenzo Alessio: mi farebbe piacere continuare l’avventura con loro", ci ha raccontato appena conclusa la gara. Alla selezione italiana che si è tenuta ad Alba, Bergamo l'ha spuntata sugli altri concorrenti con piatti estremamente curati dal punto di vista estetico e ben bilanciati nella freschezza e nell'acidità.
Ecco che cosa ha raccontato Alessandro Bergamo a Fine Dining Lovers.
Se lo aspettava di vincere la selezione italiana del Bocuse d’Or?
Ci siamo preparati molto bene, abbiamo lavorato veramente tanto e mi sono detto: "Se qualcuno mi batte - che certamente può capitare - è perché ha fatto un grandissimo lavoro". Noi siamo arrivati qui con l‘intenzione di vincere, pronti, con un forte allenamento e un grosso impegno alle spalle. Con il mio coach Lorenzo Alessio e con il mio commis Francesco Tanese abbiamo fatto davvero un’immersione completa nel Bocuse d’Or per un mese.
A maggio avrà due concorsi importanti, la finalissima di S.Pellegrino Young Chef e la finale europea del Bocuse d’Or: come si preparerà per affrontarli entrambi?
La prima idea è circondarmi di persone che vogliono aiutarmi, che vogliono aiutare l’Italia e che credono nel progetto: avendo accanto persone positive e propositive, sicuramente ci sarà modo di fare tutto. Prepararmi per il Bocuse d’Or non può che darmi rigore, precisione, e un bagaglio ulteriore per prepararmi a S.Pellegrino Young Chef e per l’Europa. Potremo correggere gli errori e fare ancora meglio. Ora, con la Klugmann, lavorerò a S.Pellegrino Young Chef in maniera diversa, perché ho questo bagaglio in più alle spalle, del percorso fatto per preparare la finale italiana del Bocuse d’Or.
Come spiegherebbe a un suo coetaneo la principale differenza tra le due competizioni: come cambia l’approccio?
Sono i due concorsi di cucina più importanti che ci sono. S.Pellegrino Young Chef permette più di esprimersi in termini di creatività, con un solo piatto che lascia molto spazio all’estro e che è il tuo piccolo “bambino”. Il Bocuse d’Or è diverso: ci sono due piatti - carne e pesce - da presentare, c’è un team composto da commis e coach, il box con le misure: è molto rigore e tecnica, con tradizioni da rispettare. Entrambi formano molto: uno permette di cercare dentro di te cosa sei, cosa vuoi e cosa ti piace, l’altro ti mette rigore, precisione, ordine, disciplina.
Che cosa ha fatto realmente la differenza durante la gara secondo lei?
Il mio coach mi ha sempre detto: “Siamo qui per fare il nostro concorso, lo affrontiamo precisi come una gara: arrivi, entri, fai le tue 5 ore e mezza, e a testa bassa si lavora”. È stata quasi più una gara contro te stesso che contro gli altri: la sfida è stata rispettare i tempi, i movimenti, i gesti, i materiali, in modo da uscire fuori dalla cucina con i piatti dopo il tempo stabilito. È stato un lavorone immenso, molta gente mi ha aiutato e ringrazio davvero tutti.
E che cosa, invece, potrà fare la differenza a Tallin, alla finale europea del Bocuse d’Or?
Secondo me adesso siamo sulla giusta strada, abbiamo una buona base per iniziare la preparazione. Sicuramente, con l’aiuto di Crippa e di Cracco, con il continuo lavoro con il coach, e con un’immersione completa per preparare la finale europea di Tallin, abbiamo le carte in regola per fare bene. Per la selezione italiana ci siamo allenati in un mese, quindi un allenamento di 4-5 mesi per Tallin può essere ancora più efficace.
Quanto e come si allenerà per affrontare al meglio la competizione a Tallin?
Adesso cominceremo a organizzare il lavoro, parlerò con lo chef, con chi di dovere, con l’Accademia, con il mio coach, con tutti: ci siederemo e costruiremo le basi di un progetto.
Qual è l’avversario che teme di più a Tallin?
So che il candidato norvegese (che era arrivato terzo nell’edizione 2019, ndr) è ancora presente, così come so che ci saranno ancora il concorrente svedese (medaglia d’argento nell’edizione 2019, ndr) e quello belga dell’ultima edizione del concorso: sono tre sfidanti che hanno già un altissimo bagaglio di Bocuse d’Or alle spalle. La Francia anche è molto forte. Temo “i soliti” dieci Paesi che storicamente sono molto forti. Affronteremo tutto, lavorando a testa bassa.
Che cosa direbbe a un giovane che sogna il Bocuse d’Or?
Di iniziare. Io è da quindici anni che seguo il Bocuse d’Or per poterlo fare una volta, quindi sono quindici anni che aspetto questo giorno: ce ne ho messo di tempo, ne ho percorsa di strada per poter essere qui oggi. Ogni anno provi, vedi, ti informi, capisci cosa fanno gli altri: è un cammino molto lungo, bisogna iniziare presto, informarsi, essere volenterosi, lavorare, chiedere di entrare nel team. Molte nazioni i propri commis iniziano a formarli già a 14-15 anni dall’alberghiero, in modo che quando avranno l’età adatta per fare il commis al Bocuse d’Or - a 21, 22 anni - possano affrontarlo tranquillamente. Perché hanno già un bagaglio e sanno cos’è veramente un Bocuse d’Or. Secondo me nelle scuole bisogna parlarne, va inculcata la giusta mentalità, è una bella cosa.
L’Italia ha una grande tradizione gastronomica, ma non ha mai avuto successo al Bocuse d’Or: cosa ci manca? Davvero è solo una questione di assenza di supporto da parte delle istituzioni?
Sicuramente il supporto delle istituzioni può aiutare, può rendere la gara precisa, può portare investimenti su materiali, su strutture, sulla squadra, sugli spostamenti. Ma non dobbiamo dimenticare che è una gara e va preparata proprio come qualsiasi altra gara: noi abbiamo in mente l’italiano che fa da mangiare a casa ed è sempre tutto buonissimo, ma in questo caso ci spostiamo in un altro ambito. Dobbiamo affrontare una vera gara, quindi bisogna essere efficaci, cinici, pronti, è necessario sapere sempre cosa bisogna fare. Dobbiamo prendere il buono della nostra cucina e trasformarlo per essere competitivi: per affrontare una gara come il Bocuse d’Or dobbiamo essere dei robot, precisi, efficienti, puliti e ordinati. Magari con i nostri gusti, perché no. È tutta una questione di come si inizia, dalla base e dal coach: tutto deve essere organizzato, perché il Bocuse d’Or è come un’Olimpiade.
Per lei è un momento magico… Cosa le ha detto chef Cracco a gara conclusa?
Sì, è un’annata d’oro, in realtà mi si aggiunge solo più lavoro e più ricerca, ma per me è un vero onore essere in finale sia al Bocuse d’Or sia a S.Pellegrino Young Chef. Lo chef Cracco, appena si è conclusa la competizione, mi ha detto scherzano: “Che giacca pulita, non ti sei sporcato… Ma hai lavorato?”.