Il giovane chef Antonio Biafora è nato e cresciuto nell'attività di famiglia, di cui ora gestisce il ristorante. Dopo gli studi all'Alma, il suo percorso l'ha portato a lavorare dentro e fuori dai confini nazionali.
Oggi, oltre a seguire il Biafora Restaurant, all'interno del Biafora Resort & Spa (a San Giovanni in Fiore, località Torre Garga, in provincia di Cosenza), firma il menu di Hyle, il suo nuovissimo ristorante gourmet. Che presenta a Fine Dining Lovers.
Quando è nata la sua passione per la cucina?
Non c'è stato un preciso momento, è semplicemente una dimensione che conosco da sempre. Sono cresciuto nel ristorante di famiglia insieme a mio fratello. Mia nonna e mia madre lavoravano in cucina e per noi piccoli quello era l'ambiente più familiare, quello in cui potevano tenerci d'occhio. Avendo l'esempio di mio padre di fronte, anche la sala era un luogo che mi affascinava ed ancora oggi ci passo molto tempo.
Allora quando è passato da questa dimensione di abitudine domestica a quella della cucina come luogo di lavoro?
I miei esordi sono stati due: il primo nella cucina del ristorante di famiglia, dove effettuai il primo servizio durante una festa di laurea, e il secondo in quel di Caserta, presso le cucine del Grand Hotel Vanvitelli. Appena arrivai lì chiesi di iniziare subito, mi cambiai e mi accomodai alla mia postazione: prezzemolo, patate e pomodori.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Sono molteplici le persone che mi hanno influenzato durante il mio percorso, li rivedo in gesti o pensieri che ora sono miei. Sicuramente gli insegnanti di Alma, ma anche lo chef Frank Rizzuto, da cui ho imparato ad avere un legame sincero e profondo con il territorio. Penso poi a Francesco Bracali, che mi ha dimostrato come anche il più piccolo paese del mondo possa diventare il palcoscenico adatto per la realizzazione del più grande sogno. Infine mi sento di citare il mio amico fraterno Luca Abbruzzino, che mi ha dimostrato come si possa affrontare questo lavoro con gioia quotidianamente.
Una carrellata di nomi di tutti rispetto dell'alta ristorazione italiana. Ma la cucina l’ha portata anche all’estero…
E spero continui a farlo. Sono convinto che per creare una forte identità al proprio ristorante e un legame autentico, sincero, con il proprio territorio, vedere cosa accade nel mondo là fuori sia un aspetto fondamentale. I viaggi hanno la duplice capacità di contaminare con sapori e odori e al contempo di fortificare la propria identità, la propria consapevolezza, il proprio percorso pregresso.
Con tutti questi giri, quando ha avuto modo di prendere le redini a tutti gli effetti del Biafora Restaurant?
Subito dopo lo stage all'Alma. Più che una questione di volontà è stata una questione di esigenza del resort di famiglia. Forse avrei preferito continuare a fare qualche esperienza in altre realtà, senza aver immediatamente il peso di tanta responsabilità. Ma in fin dei conti è andata bene così.
È da poco alla guida anche di un altro progetto. Come è nato Hyle?
Da quando ho cominciato ad orientarmi verso il fine dining ho sempre sognato un posto completamente mio, che mi assomigliasse. Hyle si trova all'interno della nostra struttura, il Biafora Resort & Spa, eppure rimane separato, con un suo giardino privato. Qui ho modo di parlare il linguaggio della mia cucina ed essere ascoltato.
Quali sono in punti di forza di Hyle?
L'approccio con cui ci relazioniamo al cliente. Avere una cucina che affaccia sulla sala abbatte diverse barriere. Il servizio al tavolo è effettuato dal persone di cucina, un dettaglio cui tengo molto: permette ai nostri ospiti di sentirsi accolti a dovere e ai ragazzi del mio staff di sentirsi a tutti gli effetti parte del processo, protagonisti del successo - o insuccesso - di ogni singola esperienza.
Diceva che qui può esprimere al 100% se stesso. Cosa racconta la sua cucina?
Racconta la direzione a cui tende: l'essenzialità. Non soltanto degli ingredienti che compongono il piatto ma di tutto ciò che di tangibile ci sta dietro. Dal produttore che lavora duro ai ragazzi della brigata completamente concentrati per arrivare al risultato finale. L'obiettivo è unico: portare il tavola il meglio di cui si può disporre in quel momento. La mia è una cucina di ricerca, legata fortemente alla sostenibilità. Mi piace pensare al mio posto di lavoro come ad una fucina di nuove idee.
Quali sono gli ingredienti che più ama cucinare?
Tutti purché siano di stagione. La mia terra è la Sila e devo dire che mi trovo molto a mio agio con tutto ciò che arriva dalla montagna. Sono un montanaro.
Come avete affrontato il lockdown dovuto al Covid?
Abbiamo effettuato il nostro ultimo servizio il 9 marzo e riapriremo il 19 giugno. Dopo una prima fase di legittimo disorientamento ci siamo messi all'opera per realizzare, tutto in famiglia, dei lavori nella struttura cui già pensavamo. Abbiamo ampliato l'orto, ad esempio. Successivamente abbiamo dato vita ad un e-commerce in cui poter acquistare prodotti di pasticceria e da forno ma anche pasta fresca, che consegniamo in regione, ma anche vini calabresi e prodotti secchi che arrivano in tutta Italia.
Come affronterà il Biafora Resort & Spa l'estate alle porte?
La montagna calabrese purtroppo non è mai stata una meta di riferimento per i turisti fuori regione. La nostra clientela per lo più è rappresentata da ospiti che vengono proprio dalla Calabria, pertanto credo che non cambierà molto, sperando che la paura non freni quello che dovrebbe essere un momento di piacere come una vacanza. Siamo fiduciosi, recentemente alla Sila è stata riconosciuta "l'aria più pulita d'Europa" e spero che il periodo post Covid possa essere un'occasione per far posare i riflettori del turismo nazionale su di noi. Abbiamo una grande possibilità di ripartenza come turismo di nicchia, naturalistico ed esperienziale, speriamo che la zona possa essere all’altezza e fare il salto di qualità di cui c'è bisogno.