Dopo aver appreso tutti i segreti della pizza nel locale di famiglia, in Calabria, Danilo Brunetti è arrivato a Milano. Dapprima nello staff di Marghe, oggi il giovane pizzaiolo guida il bancone di Giolina, tra le più riconosciute pizzerie del capoluogo lombardo.
Il suo percorso nel mondo dell'arte bianca passa dal sacrificio e da due figure di riferimento quali il padre e Gino Sorbillo. Ma anche da Ilaria Puddu che, con Stefano Saturnino, ha creduto fortemente nelle sue capacità.
Ecco cos'ha raccontato a Fine Dining Lovers Danilo Brunetti.
Com'è iniziato il suo percorso nel mondo della ristorazione e della pizza?
Ci sono praticamente cresciuto: i miei genitori hanno sempre avuto un ristorante in un piccolo paesino della Calabria. Tornavo da scuola, facevo i compiti e poi mi mettevo a osservare mio padre, mia madre e i miei zii lavorare, era un mondo che mi affascinava. A 14 anni decisi di iniziare a dare una mano al locale durante le vacanze estive. Mio padre si occupava della pizzeria e veniva affiancato durante la stagione da un altro pizzaiolo, un ragazzo siciliano. Passavo le ore a osservare con quanta dimestichezza riuscivano a far volteggiare in aria le pizze, sembrava la cosa più semplice e naturale del mondo, così iniziai a mettermi accanto per imparare questo mestiere. Tutte le mie estati e i sabati d’inverno di adolescente passarono così. Pian piano iniziai a fare le prime focacce, per poi passare, con fatica, alla mia prima Margherita. Avevo così tanta voglia di imparare che facevo le prove con il cuscino del divano: iniziavo a farlo volteggiare come se fosse un impasto. Quando mi sono sentito pronto decisi di sostituire il cuscino con la pasta per la pizza. Con il tempo le mie mansioni in pizzeria aumentarono, fino a diventare il braccio destro di papà, il suo aiuto pizzaiolo. Ho spesso maledetto quei sabati da ragazzino, perché mentre i miei amici uscivano io ero lì, ma solo ora mi rendo conto di quanto siano stati preziosi e di ciò che realmente avevo tra le mani.
C’è qualcuno che definirebbe il suo maestro?
Non è stato propriamente il maestro, ma la passione, oltre a mio padre, me l’ha trasmessa Gino Sorbillo, che ho sempre seguito. Ho avuto modo di conoscerlo durante un contest, una persona umile e disponibile. In quell'occasione vinsi ed ebbi la possibilità di fare alcune pizze nella sua pizzeria a Napoli, nella sede storica di via dei Tribunali.
Qual è stato il vero “salto” nella sua carriera?
Quando ho lasciato quel paesino nel febbraio del 2017. Mi arrivò una chiamata in cui mi proponevano un lavoro a Milano, per far parte del bellissimo team di Marghe, una delle pizzerie più rinomate della città. Potevo finalmente rincorrere il mio sogno.
Quando è arrivato da Giolina a Milano?
Il mio percorso da Giolina a Milano è iniziato nel marzo del 2019, quando Ilaria Puddu decise, dopo Marghe, di affidarmi questo nuovo progetto. Lei è la persona che più di tutte mi sta aiutando a realizzare i miei sogni, mi ha dato tanta fiducia e soprattutto mi ha fornito tutti i mezzi possibili e immaginabili per cercare di creare qualcosa di nuovo nel panorama delle pizzerie milanesi, garantendo qualità e creatività, temi a me molto cari.
Da dove arriva il nome della pizzeria?
Giolina, fa parte di una serie di progetti, ideati da Ilaria Puddu con Stefano Saturnino, che portano i nomi di personaggi immaginari femminili. Giolina, diminutivo milanese di Angela, è la sorella di Gelsomina, nota pasticceria meneghina che strizza l’occhio alla Sicilia e al sud Italia.
Quali sono i principi alla base del progetto Giolina?
Identità, creatività e originalità, sia a livello di prodotto che di interior. Tutto è curato nei minimi dettagli e con un gusto estetico. Crediamo molto nella ricerca, nella passione e nei valori della cucina e dei prodotti italiani. Ogni giorno lavoriamo per migliorarci, garantendo un prodotto costante e di livello. Abbiamo lavorato tanto sull’impasto. Sono stato sveglio 72 ore di seguito prima di trovare la ricetta che volevo. Volevo qualcosa in grado di farci tornare indietro nel tempo, qualcosa di semplice e davvero sano, con un gusto unico e un metodo di lavorazione che è il nostro segreto. Ogni giorno lavoriamo sulla selezione di produttori di nicchia, provenienti da tutta Italia, piccole realtà che vanno sostenute, come i salumi di maialino dei Nebrodi, una razza autoctona che viene allevata allo stato semi brado. Ma anche i vini naturali provenienti da piccole cantine.
Come definirebbe la sua pizza?
Semplice, ma ricercata. Semplice perché mi piace partire da elementi base per poi creare il particolare. Ricercata perché ho studiato per filo e segno l’impasto, ogni procedimento, ogni dettaglio per ottenere un prodotto differente dagli altri in termini di gusto, lievitazione e scioglievolezza. A questo aggiungiamo la creatività nell’utilizzo dei topping che nasce da lunghe chiacchierate con Ilaria, ispirandoci a volte a piatti di chef stellati.
Quindi tematiche quali riduzione dello spreco, stagionalità e km 0 le sono care...
Utilizziamo da sempre prodotti stagionali, cercando di garantire freschezza e qualità con prodotti a basso impatto. Il nostro è un menu fatto di poche pizze che cambiamo ogni due mesi circa, con alcune pizze speciali che cambiano ogni mese. In merito ai prodotti km 0, ci stiamo lavorando, con il prossimo menu ce ne saranno delle belle.
La sua pizza più rappresentativa?
Da buon calabrese DOC, sicuramente la margherita con ‘nduja, semplice e legata alle mie tradizioni. Ma direi anche la pizza che ho creato ispirandomi alla genovese di tonno di Pasquale Torrente.
Come vede l’abbinamento pizza/cocktail?
Funziona, i primi menu li abbiamo creati in collaborazione Flavio Angiolillo. La mixology, se fatta bene, si può sposare perfettamente con il prodotto pizza.
Dopo il lockdown dovuto all'emergenza Covid-19, ora è possibile riaprire i locali rispettando le norme sanitarie. Voi come vi state regolando?
Durante la quarantena abbiamo chiuso giusto due giorni, il tempo di organizzarci con il delivery e la messa in sicurezza del locale come di tutti i ragazzi. Ilaria e io siamo sempre stati contrari al delivery, perché il nostro è un prodotto molto curato e che deve essere consumato appena sfornato, ma abbiamo scelto di tenere viva la pizzeria e il brand e il riscontro è stato davvero positivo. Non appena è stato possibile abbiamo aperto le porte anche al take away. Abbiamo infine riaperto al pubblico il 18 maggio, finalmente. Ci siamo immediatamente adeguati a tutte le normative. Certo, ci vorrà molto tempo prima che si torni alla normalità, ma il nostro obiettivo resterà sempre quello di far vivere al cliente l’esperienza migliore possibile.