È lo chef più stellato d'Italia, capace di trasformare ogni nuovo progetto in un successo. Calmo, pacato, riflessivo e analitico, Enrico Bartolini, a 40 anni, è entrato nell'Olimpo dei tre stelle Michelin con il ristorante che porta il suo nome al Mudec di Milano.
Il cielo sopra Bartolini risplende di 8 stelle Michelin, conquistate dai suoi cinque ristoranti sparsi in tutta Italia. Inarrestabile, lo chef è impegnato anche all'estero, con progetti negli Emirati Arabi (Abu Dhabi e Dubai) e a Hong Kong, dove ha da pochi giorni inaugurato un secondo indirizzo, Fiamma, un locale vocato ai sapori di casa made in Italy.
Capace di scommettere sui propri format, senza trascurare il rapporto umano con i collaboratori, Bartolini ha una grande visione imprenditoriale che si pone l'obiettivo di concentrarsi sulla qualità del servizio, sull'organizzazione e sulla crescita della propria brigata. Lo chef - che, come ricorderete, è uno dei Sette Saggi di S.Pellegrino Young Chef, il concorso internazionale che cerca i giovani talenti in tutto il mondo - è uno dei protagonisti di Identità Golose On The Road Digital Edition: dal 16 novembre, il suo intervento con Paolo Marchi sarà disponibile sulla piattaforma online creata ad hoc per questa edizione speciale di Identità Golose.
Noi lo abbiamo incontrato durante le registrazioni e ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere sulla situazione attuale della ristorazione, alle luce del nuovo Dpcm del 25 ottobre.
Ecco cosa ha raccontato Enrico Bartolini a Fine Dining Lovers.
Cosa ne pensa del nuovo Dpcm del 25 ottobre?
L'apertura solo a pranzo non la vedo come un grande successo, il decreto non mi sembra che abbia considerato la nostra categoria, ma la categoria generica di ristorazione dove ci sono tante sfumature diverse, e questo generalizzare non mi piace molto. Nel rispetto di tutte le persone che fanno attività di ristorazione, secondo me, a tutti i livelli, dovevano tutelare chi poteva in questo momento rispettare le regole. Al contrario, ho la percezione che questa disciplina, questa severità, non sia stata rilanciata adeguatamente su tutti.
Come si comporterà con i suoi locali?
In genere al Mudec siamo aperti a pranzo dal martedì al sabato, ma ci concentreremo su pochi giorni: alla luce del nuovo decreto, saremo aperti a mezzogiorno solo sabato e domenica. Mentre alla Locanda del Sant’Uffizio (nell’Astigiano, ndr) saremo aperti a pranzo da venerdì a domenica, a cena per gli ospiti del Relais. Il Casual in Città Alta a Bergamo, invece, sarà aperto a pranzo da giovedì a domenica.
Sappiamo che doveva aprire qui a Milano, in zona corso Como, un nuovo locale. Come sta gestendo i suoi prossimi progetti?
Il progetto su Milano non si è fermato, al momento è "parcheggiato": era previsto a settembre, attualmente l'apertura è rimandata ad aprile, a meno che non ci siano sorprese. Ho tante altre idee, ma per ora me le tengo lì: sarebbe da incoscienti mettersi a stravolgere le cose adesso. In questo momento è importante consolidare quello che c'è.
Secondo lei quali sono le attività che sopravviveranno in questa situazione di crisi?
Mi auguro che sopravvivano tutte e che poi si dimentichi questo brutto momento. Chi ha avuto problemi di liquidità, che fino ad ora rappresenta il punto debole, probabilmente in questo momento si trova ancora più in difficoltà.
Non ha come l'impressione che, a volte, in Italia i ristoratori (e non solo) non vengano considerati dei veri imprenditori?
Più che altro è un discorso di alto livello, nel senso che adesso è stato concesso il servizio per quello che succede nel "traffico civile", dalla mattina fino al pomeriggio. E non si è considerato che questa categoria chiusa mette a casa qualche milione di persone. C'è la cassa integrazione, ma non è sufficiente a garantire - neanche a livello psicologico, oltre che economico - una quotidianità regolare, per poi ricominciare a lavorare quando tutto sarà finito: è un momento drammatico, va misurato così. Non so quando lo Stato possa ridarci lo spazio per ripartire, dipende da loro.
Dipende anche se arriveranno degli aiuti concreti...
Sì, senza premiare chi ne approfitta, ma chi ne ha davvero bisogno (cioè quasi tutti). È necessario, però, che succeda qualcosa.
Secondo lei, voi chef stellati, anzi tristellati, potete avere un ruolo cruciale nel dialogo col Governo?
Noi siamo ristoratori al pari di tutti gli altri, con la stessa partita iva. Dal punto di vista della comunicazione e dei media, probabilmente, abbiamo un'occasione in più per dire delle cose, però parlarne sui giornali non è sicuramente il mezzo che può aprire un dialogo col Governo. Per questo ci sono delle associazioni di categoria, che non devono preferire il tristellato a chi non ha stelle, ma devono capire nell'insieme delle cose come funziona. Io sono molto d'accordo con questa democrazia: le associazioni di categoria, come la Confesercenti, la Fipe o gli Ambasciatori del Gusto, ci sono state. E spero che ci siano ancora di più nei contatti col Governo, per raccontare non solo qual è la nostra posizione, ma anche quali sono quegli elementi che potrebbero rassicurare un po' tutti, e capire quelle che sono le esigenze di tutti, in modo che quando ci sarà la possibilità di ripartire da questa sfortuna, che non è stata voluta dal Governo, ci sia la possibiità di avere gli elementi per incoraggiare i ristoratori a ricominciare in modo brillante.
Che cosa si sente di dire a un giovane chef o ristoratore che magari ora è in crisi e non sa cosa fare?
La crisi è uno stop. Durante i momenti di stop c'è una cosa che io faccio, e che non trovo sempre il tempo di fare come vorrei, che è studiare. Un giovane che studia e si documenta, quindi, si prepara ad affrontare poi il mondo pratico, quando ci sarà data l'opprtunità. Mi auguro che tutte le persone, durante lo sconforto, riescano a non abbattersi, ma ad essere curiosi e ad alimentare la propria cultura. Siamo obbligati a prenderci un momento di pausa, quindi approfittiamone per curare le relazioni (visto che ci sono i mezzi per farlo anche a distanza) e per approfondire la cultura.
In cucina si risente di questa situazione che di fatto è cambiata?
Dal punto di vista pratico no, perché al pass arriva una comanda che recita il desiderio dell'ospite. Noi la traduciamo per la nostra esperienza e cerchiamo di dare il massimo, e, quando un ospite ne ha desiderio, cerchiamo anche di aggiungere qualcosa. Non è cambiato nulla, le ricette sono la nostra espressione di adesso: il massimo delle cose che abbiamo in mente, che mettiamo nel piatto.
Pensiamo al futuro: ci anticipa qualcosa sul nuovo menu, a dicembre cosa vorrebbe mettere nel piatto?
Quando abbiamo riaperto dopo lo stop primaverile abbiamo previsto dei piatti nuovi, altri li abbiamo introdotti a ottobre, e ce ne sarebbero tre nuovi, previsti per dicembre. C'è tutta una stagionalità che ci avvicina al periodo natalizio. I marroni, per esempio, sono uno degli ingredienti su cui stiamo già lavorando adesso, che stiamo utilizzando in un dessert accostati al tartufo bianco, e ci piace molto... Lo stiamo già sperimentando questo dessert, ma sarebbe stato ufficialmente in carta da fine novembre. Ci sono i piatti di selvaggina, in cui ci siamo specializzati per fare un menu dedicato, mentre quest'anno ci saranno solo due piatti a tema, la lepre e il capriolo, che si aggiungono al menu, come proposte in più.