"L’idea è quella di educare sempre più i giovani con la nostra attività", racconta Gaetano Trovato, chef del ristorante Arnolfo, raffinato due stelle Michelin a Colle Val d'Elsa, affiliato al circuito Relais & Châteaux. Una realtà longeva, fondata nel 1964, che ha saputo rinnovarsi restando sempre al passo coi tempi, scommettendo sull'accoglienza impeccabile e sulla sostenibilità, ma anche sulle nuove leve.
Gaetano Trovato è uno dei protagonisti di Identità Golose On The Road Digital Edition: dal 16 novembre, il suo intervento sarà disponibile sulla piattaforma online creata ad hoc per questa edizione speciale di Identità Golose.
Noi l'abbiamo incontrato in occasione delle registrazioni, approfittandone per fare due chiacchiere e farci anticipare qualcosa sulla sua prossima apertura.
Ecco cosa ha raccontato Gaetano Trovato a Fine Dining Lovers.
Come avete affrontato e come state affrontando questo momento difficile per la ristorazione?
Ci siamo adattati dando una rilettura dell’offerta. Prima abbiamo fatto una promozione di tre mesi per i giovani under 35, con il Menu Renovo (un nome che richiama il rinnovamento), che ha funzionato molto bene fino a questa estate. Alla luce dei nuovi decreti, abbiamo deciso optare per la colazione o il pranzo e, per la sera, riservare il locale alle quattro coppie che possono utilizzare le camere della struttura.
Il relais si trova in mezzo alla campagna, in una posizione defilata: come attirare gente a pranzo?
Si può venire per un momento di pausa, magari facendo una passeggiata nella campagna del Chianti, tra Siena e Firenze, e fermarsi per una sosta a colazione o a pranzo, per godersi il relax. Credo comunque che non bisogna bloccarsi e criticare, ma cercare di adattarsi a questo momento “drastico”, cercando di superare gli ostacoli e le barriere con positività.
Spesso associamo le strutture storiche come la vostra a realtà “da svecchiare”, mentre per voi è il contrario, siete sempre riusciti a rinnovarvi. Ci racconta i prossimi progetti?
Abbiamo in programma un progetto completamente nuovo, a un chilometro di distanza dalla struttura, in una collina dove c’erano ottanta piante di ulivi, dove abbiamo creato The Frame, una cornice che guarda e rispecchia il centro storico. Una bella location, confortevole, faccile da raggiungere, con parcheggio e area verde. L’intenzione è di creare questa icona per la nuova generazione, che è fondamentale: io ho disegnato quattro cucine per dare la possibilità ai giovani di intraprendere una carriera professionale più interessante.
Dunque una nuova struttura destinata anche alla formazione dei giovani, con cucine diverse?
Sì, ci saranno delle cucine con tematiche separate: tre blocchi di cottura più la pasticceria. Per quanto riguarda il servizio, oltre a una cucina centrale dove ci sarà la mise en place. In ogni blocco potranno essere accolte almeno sei persone. L’idea è quella di fare, in un secondo momento, dopo l’apertura, una vera e propria accademia, in un periodo slow dell’anno, che per noi è da ottobre a marzo.
L’avete progettata in vista delle nuove regole di distanziamento?
Ci sono spazi adeguati, abbiamo mille metri quadrati e otto tavoli nella sala principale, si tratta di un open space. Bisogna immaginare una vetrata, con questa cornice di 16 metri, molto luminosa, che guarda il centro storico del 1200. C’è anche una piccola sala privata, con altri tavoli, ma la particolarità è che, quando un ospite entra, passa all’interno della cucina, si attraversa quella principale.
Una cucina aperta al pubblico, che dà l’idea della trasparenza, quindi.
Sì, ovviamente c’è una barriera di protezione, ma è molto bello perché ancora una volta intervengo per i giovani, per dare spazio a loro che sono il nostro futuro: l’idea è anche quella di far venire loro l’appetito; ma anche mostrare in maniera veritiera il lavoro da chef, visto che molti spesso pensano - forse influenzati dalla tv - che sia un gioco da ragazzi e, quando toccano con mano il mestiere, alle prime difficoltà rinunciano. Invece è importante perseverare per andare oltre.
Lei è stato il maestro di tanti grandi chef di oggi. Che consiglio darebbe a un giovane professionista per affrontare al meglio questo difficile momento per la ristorazione?
Di non gettare la spugna, ma di insistere, perché il credo è la cosa migliore, l'aspetto più importante. Questo è un periodo che attraverseremo, nel senso che andremo oltre. Dobbiamo, quindi, pensare a un orizzonte, a un futuro, perché non può finire così la vita.
Chi sopravviverà, secondo lei, a questo momento di crisi, e con quali format?
Sicuramente la qualità premia sempre. Ricerca, costanza ed equilibrio: questa la formula vincente per me. Chiaro che chi desidera degustare il tartufo avrà dei piatti più costosi e impegnativi, ma si può proporre anche un’offerta più economica e comfort in questo periodo, per avvicinare un po’ tutti, e anche per far spostare le persone. Per esempio, venire a Colle val d’Elsa, da Firenze, richiede mezz’ora di macchina.
Nel corso della lezione a Identità Golose ha fatto riferimento al “no waste”, anti-spreco: ci racconta questo approccio?
Abbiamo un menu che al 90% è anti-spreco, realizzato solo con prodotti della nostra regione. La ricerca è continua, non finiamo mai: abbiamo tre contadini locali, le erbette aromatiche, i fiori, usiamo solo prodotti della nostra regione, quindi solo pesce selvatico della nostra costa.
Ha utilizzato anche il topinambur selvatico durante la sua lezione: oltre alla sostenibilità, i prodotti spontanei solo il futuro della cucina secondo lei?
Spesso utilizziamo tutto dei prodotti, dal fiore al frutto, e in effetti può essere una chiave nuova e diversificata di fare cucina. Prima c’era un po’ di globalizzazione, con ingredienti da tutto il mondo, mentre oggi secondo me è arrivato il momento di lavorare con i prodotti a chilometro zero, presidi Slow Food, quindi salvaguardare la qualità per il buon vivere, che è un aspetto fondamentale.