Non di solo stupore e fuochi d’artificio può vivere la mixology. C’è anche chi, come Ilaria Bello del Talea di Torvaianica (vicino a Roma), pensa prima alla semplicità della bevuta. Niente gavetta in grandi cocktail bar, drink sofisticatissimi fatti per i colleghi più che per i clienti, ma un lavoro che da necessità è diventato passione.
Abbiamo intervistato Ilaria Bello, barmanager del ristorante con bar Talea. Abbiamo parlato di interazione tra cucina e cocktail con una donna appassionata bartender e mamma.
Ilaria, prima di tutto ci racconti chi sei? Qual è la tua storia?
Sono Ilaria Bello, barmanager di Talea, un ristorante che affaccia sul mare a Torvaianica e sono felicemente mamma. La mia storia è un po’ diversa da quella dei miei colleghi: non vengo infatti dal mondo della notte, ma da quello diurno. Con il mio compagno ho gestito due stabilimenti balneari: se dobbiamo parlare di bar il mio inizio è stato più che altro con la caffetteria, ormai 14 anni fa.
Quando, invece, hai iniziato a fare cocktail?
Ho iniziato a fare la bartender nel 2015. Per necessità. Ho fatto un corso, per altro indetto dalla Regione Lazio. Quindi nessuna scuola di quelle sulla bocca di tutti, ma un corso professionale ben fatto con insegnanti dell’AIBES, l’associazione italiana di bartender ufficiale.
Da lì mi sono appassionata sempre di più, ho visto la versatilità dei cocktail e mi sono piaciute tantissimo le storie che ci sono dietro, soprattutto dietro i classici. Ho anche cominciato a fare delle competizioni abbastanza importanti raggiungendo risultati molto buoni che hanno certamente aiutato ad alimentare questa passione.
Se dovessi definire i tuoi cocktail, come lo faresti?
Bisogna partire da un punto: in questa zona non c’erano veri e propri cocktail bar, che intendono la mixology come territorio da esplorare. Quel che ho fatto - che mi piace fare e che sta anche alla base di Talea - è stato creare drink per i clienti. Sembra scontato, ma spesso i bartender tendono a fare da bere per stupire gli altri colleghi. Invece ho deciso di partire sempre dal cliente seguendo i trend del momento. Tequila e Mezcal, per esempio, che hanno gusti forti, tendo a ingentilirli magari usandoli in un drink tropical o giocando coi classici.
Di base mi piace partire dai classici, cui sono molto legata anche perché per "educare" bisogna partire dalle basi. Quindi prima di tutto grandi classici fatti a modo e poi si lavora, piano piano.
Qual è il concetto alla base di Talea?
Talea, per cui lavoro, è un progetto nato formalmente nel 2016: l’idea era di portare quel che non c’era. Intanto un ristorante di livello sul mare, ma soprattutto di unire la mixology con un ristorante, cosa piuttosto rara.
C’è una vera e propria sinergia con la cucina, che va da food pairing studiati a un’interazione tecnica bar-cucina. Avendone una a disposizione si può sperimentare con molti ingredienti e magari con cotture particolari o infusioni. È un mix che funziona, aspetti diversi ma la passione è la stessa.
E per finire: drink preferito?
Americano, tutta la vita: Vermouth, Bitter e uno splash di acqua Perrier.