“Ho poco tempo da dedicare alle mode: mi piace la cucina, e come un calciatore amo entrare in partita e giocare, anziché stare in panchina”. Non poteva usare metafora migliore Riccardo Camanini. Lui, è come un fantasista di lungo corso che fa gol a ogni match. Tra gli chef più interessanti del panorama gastronomico italiano e internazionale, è capace di sintetizzare nel piatto classicismo e sperimentazione, concretezza e pensiero, senza cedere a trend del momento o cliché. Assieme al fratello Giancarlo (in sala), è riuscito a trasformare il Lido 84 di Gardone Riviera in un tempio gastronomico capace di attirare appassionati, curiosi e gourmand da ogni dove. Tutto con estrema naturalezza, con una chiave vincente: la spontaneità unita alla dedizione e alla passione per il proprio lavoro.
Un talento tutto italiano, quello dei Camaninis, che ci invidia il mondo intero: se nel 2019 il Lido 84 ha conquistato il One to Watch Award dei World’s 50 Best Restaurants, nel 2021 ha fatto il suo ingresso per la prima volta nella prestigiosa lista, direttamente al numero 15. Lo chef è stato uno dei protagonisti di Identità Golose 2022, dove ha presentato una serie di piatti a base di pasta, un ingrediente che ama molto, con cui ha giocato parecchio, trasformandola in contorno e mettendola in mostarda.
Lo abbiamo incontrato dopo il suo intervento al congresso milanese: ecco che cosa ha raccontato Riccardo Camanini a Fine Dining Lovers.
Foto Brambilla Serrani
Com'è cambiata a livello pratico la vita del Lido84 dopo i vari riconoscimenti internazionali di 50 Best?
A dire il vero eravamo già pieni prima di questi riconoscimenti, ma la lista d’attesa si è allungata dopo averli ricevuti, quindi abbiamo dovuto mettere in atto alcune nuove situazioni gestionali che ci aiutassero a smaltire e alleggerire tutte le richieste. Il software è stato implementato e abbiamo preso una persona in più al ristorante, per aiutarci nella gestione. È chiaro che è un riconoscimento che ti dà una visibilità enorme, ma fortunatamente siamo rimasti ancorati a quello che facevamo prima. Io nella mia quotidianità ho sempre vissuto la cucina al 99% della mia giornata e lì sono rimasto. Si alza chiaramente l’asticella del sogno e dell’esperienza da parte di molti clienti, quindi le aspettative sono sempre molto alte e su queste aspettative cerchiamo di migliorarci, di crescere e di andare avanti. Però devo dire che, da buoni bergamaschi, abbiamo continuato a essere sempre presenti come abbiamo fatto fino ad ora, cercando di migliorare tutti gli aspetti del servizio: abbiamo diminuito il numero dei coperti, dall’autunno 2021, subito dopo il premio, oggi sono 32 a pranzo e 35 a cena (prima erano 40).
Meno coperti: una scelta per coccolare ancora di più i clienti?
Lo abbiamo fatto per essere ancora più precisi e concentrati sugli ospiti: l’esigenza futura sarà quella di abbassare ancora di più il numero dei coperti, per elevare lo standard qualitativo. Io ricordo sempre una frase di Marchesi. “Maestro, come ci si sente a prendere tre stelle Michelin?”, gli chiesi un giorno. “Ma pensa che questa è una domanda che anche io avevo fatto ai signori della Michelin, nel momento in cui mi avevano conferito le tre stelle: e quindi che cosa devo fare adesso? Ma niente - risposero - continui a fare quello che ha fatto sinora, perché se le abbiamo dato la terza stella è perché va bene ciò che fa”, mi disse Marchesi. Al di là dell’attenzione mediatica molto forte, devo dire che la vita di tutti noi prosegue come prima, in maniera spontanea, continuiamo a fare ognuno il proprio lavoro, nel suo ruolo. In cucina, invece, abbiamo preso due persone in più. Oltre a Stefano, che si occuperà di portare avanti la progettualità, la parte creativa assieme a me, di fare ricerca e sviluppo, insomma. Lo abbiamo preso con grande stimolo per essere migliori e migliorarci. Poi ci sono sempre Gilles e Nino, i due sous chef.
Al Lido84 è davvero interessante la gestione della sala, che è molto più informale e rilassata rispetto a quella di altri ristoranti dello stesso livello: è il futuro dell’approccio fine dining?
È difficile dare una risposta su come sarà il futuro del fine dining. Ciò che noi stiamo facendo sulla sala, e quindi sulla tipologia di accoglienza dei clienti, lo stiamo facendo perché è quello che sentiamo più vero e vicino a noi: nello stesso modo in cui ospitiamo delle persone in casa, come prima necessità, vogliamo trasferire il messaggio gastronomico all’ospite. Come? Con l’autore più vicino alla gastronomia, che è il cuoco. Quindi abbiamo cercato di rendere autori i nostri ragazzi, perché rivestono un ruolo molto importante, fanno la squadra e hanno tutti i diritti di potersi esercitare e manifestarsi. Sicuramente questo magari esce un po’ fuori dalla gestione classica e da qualche cliché ingessato, anche se devo dire che gli ottimi servizi di sala che si vedono in molti ristoranti restano comunque validi. Noi abbiamo semplicemente cercato di comunicare quello che siamo e quello che volevamo dare in termini di accoglienza, con un approccio più spontaneo e diretto, con una familiarità e un’empatia più allargata, naturale e aperta.
Come ha vissuto la pandemia? Sul palco di Identità Golose ha raccontato che ha visto molti documentari…
È stata vissuta in modo estremamente insolito, perché molti cuochi vivono una vita davvero frenetica, fatta di tante ore al lavoro e sacrifici e, di solito, chi fa questo mestiere inizia da giovane. Io stesso faccio questo lavoro da più di 30 anni e ho sempre sostenuto un ritmo incalzante, quindi la prima sensazione che ho avuto è stata paradossalmente quasi un "va bene, riposiamoci, forse è arrivato il momento di poter dire stop e dare spazio anche all’ascolto di quello che siamo noi". Io e mio fratello Giancarlo abbiamo vissuto la casa come probabilmente non avevamo mai avuto l’occasione di fare prima: siamo stati a Gardone Riviera, vivendo la piccola provincia con una grande fortuna, quella di poter rimanere ancorati a un territorio che amiamo molto, riuscendo ad avere una percezione meno claustrofobica della situazione rispetto a chi stava in città.
È cambiato il suo approccio alla cucina?
Ovviamente durante l’emergenza pandemica, sono affiorate anche in noi tutte le paure, le incertezze e titubanze che il covid ha portato con sé. Ma non è cambiato l’approccio alla cucina, anzi, abbiamo mantenuto lo stesso impulso di investimenti all’interno dell’azienda: ogni anno dedichiamo una parte economica alla crescita e una parte ai ragazzi, poi cerchiamo sempre di dedicare molto tempo alla creatività, e lo abbiamo fatto… A mio avviso, non abbiamo modificato nulla: il nostro intento resta ed è rimasto sempre lo stesso, ossia cercare di migliorarci e andare avanti.
Sul palco di Identità Golose ha tenuto un’intera lezione sulla pasta, un prodotto alla base di molti suoi piatti iconici: è questo l’ingrediente cui non rinuncerebbe mai?
Sarebbero tanti gli ingredienti a cui non rinuncerei mai: sicuramente, tra questi, ci sono la pasta e l’olio extravergine d’oliva… diciamo tutto ciò che è italiano. Probabilmente, l'ingrediente che non abbandonerò mai nel tempo sarà l’ancoraggio alla memoria, che ha costruito il mio gusto. Quindi, non lascerò mai i sapori della nostra regione, della nostra provincia e, sicuramente, la pasta non potrà mai mancare nella mia cucina: mi ha dato tantissimo.
A proposito di tradizione, si dice “impara l’arte e mettila da parte”. Lei ha trasformato la pasta in un contorno: evoluzione o provocazione?
È quello che mi sono chiesto io, paragonando metaforicamente la pasta a un animale come l’ornitorinco: è un’evoluzione o un’involuzione della specie? Sicuramente l’ornitorinco è un animale curioso e, allo stesso modo, volevo rendere una pasta curiosa. Come? In primis, in termini di gusto, perché ho messo per la prima volta una pasta in mostarda: ho fatto delle ricerche e ho appurato che nessuno lo aveva mai provato a fare in precedenza. Secondariamente, collocando la pasta come contorno. Io penso che nel Medioevo, quando hanno iniziato a bollire la pasta, non si sono domandati se questo gesto si sarebbe tramandato nel futuro o se in qualche modo lo rappresentasse: è il punto di vista di un artigiano che ha voluto provare a interpretare la pasta in modo diverso, in termini di gusto e collocazione.
La pasta è il leitmotiv del nuovo menu?
Sì, la pasta è assolutamente presente, la declino in tre maniere: trattata come ripieno, presentata in maniera canonica e come contorno. Come ripieno, la pasta è un tagliolino spezzettato. Una volta, a questo proposito, un cliente mi disse: "Ma come, taglia la pasta?!" Risposi che quando siamo bambini, per mangiare gli spaghetti, li tagliamo. Questo è anche un modo per dire no ai cliché e ai preconcetti. È nata così una sorta di verza ripiena di tagliolini e trippe di baccalà. Nelle mie interpretazioni, poi, c’è la Pasta 84 ore, con il pomodoro Marinda e pistacchio, quindi le lumachine arrostite sotto mostarda, come le ho presentate nel corso della lezione ad Identità Golose.
La pasta è un alimento che ultimamente molti snobbano. Eppure è un simbolo dell’italianità… Il segreto del suo successo è anche “fregarsene” delle mode?
Ho poco tempo da dedicare alle mode: mi piace la cucina, e come un calciatore mi piace entrare in partita e giocare, anziché stare in panchina. Poi secondo me la pasta merita di essere concettualizzata in tante situazioni e anche in contesti come il contorno, perché ha una forma di un'eleganza incredibile. E poi, usata come contorno, ne mangiamo poca (10 o 15 grammi). Penso che anche Filippo Tommaso Marinetti, padre del futurismo, sarebbe stato contento, visto che sosteneva provocasse sonnolenza. Per forza, se ne mangi un etto ad agosto, in Galleria... Concepita come contorno in mostarda, magari anche lui avrebbe visto nella pasta un elemento estremamente artistico. Perché è un prodotto creato dall’essere umano, dalla terra e dal sole in Italia: che cosa vogliamo di più?
Tre piatti di pasta che rappresentano rispettivamente il passato, il presente e il futuro di Riccardo Camanini?
La pasta in mostarda è senza dubbio il futuro; il passato è la Pasta 84 Ore, un progetto di due anni fa, che non ero riuscito a contestualizzare perché non aveva amido, per cui la pasta non diventava “sciuè-sciuè”; il presente è la Cacio e pepe in vescica, che è il passato ri-contestualizzato nella vescica di maiale.
Quale consiglio darebbe a un giovane chef che magari oggi è in difficoltà e quale consiglio darebbe a chi aspira a entrare nella classifica dei 50 Best?
Sicuramente questo mestiere lo si impara molto in cucina e moltissimo a tavola. Devo dire che ho sempre cercato di frequentare le tavole fin da giovane: sono tutti strumenti mnemonici che ci servono per costruire un bagaglio ricco e florido, per poter un giorno interpretare noi stessi in cucina. La creatività non è altro che l’insieme delle tantissime informazioni che siamo riusciti ad avere durante il percorso di una vita intera e che siamo riusciti a interpretare. Pirandello diceva che la creatività è come una fetta di pane: un cibo solido su cui poter spalmare della marmellata. Quindi ricordiamoci che la creatività e certi risultati sono il risultato di un percorso lungo di un artigiano, che si basa su tempo, costanza e perseveranza.
Prima della presentazione della Guida Michelin 2022, abbiamo chiesto agli addetti ai lavori una previsione e i desiderata: tutti le avrebbero attribuito almeno una seconda stella Michelin. Ci terrebbe a ottenere questo riconoscimento e perché non arriva secondo lei?
Non posso fare altro che rispondere per quello che so: non sono io a scrivere la Guida Michelin, probabilmente io me ne sarei dato anche venti di stelle (ride, ndr). Vivo l’approccio con la Michelin da quando sono entrato nella cucina di Gualtiero Marchesi: è sempre stato dunque un grande sogno e una grande ambizione, e devo dire che sono sicuro che l'emozione che porterebbe una stella in più sarebbe grandiosa; allo stesso tempo, alla mia età (50 anni), sono anche fortemente ancorato a ciò che riconosco darmi piacere, che è la cucina stessa. La vivo da così tanti anni, che rimango quello che sono. Mi farà molto piacere se i premi arriveranno, ma il mio lavoro è e sarà sempre quello: fare il cuoco.