Hanno fra i 30 e i 40 anni, sono cresciuti a Roma o giù di lì, hanno sempre mangiato pizze basse e scrocchiarelle come è tradizione nella capitale. Chi ha iniziato misurandosi con la teglia, chi “a bottega” dai migliori, ma il risultato è che quell’imprinting da tonda romana gli è rimasto nelle vene. Con la voglia di perfezionarla e farle vivere un nuovo rinascimento. Perché fino a qualche anno fa la norma era trovare pizze con tempi di lievitazione limitati, mattarello a schiacciare quella mezza bolla che si era formata, cottura al limite del bruciaticcio.
Loro sono Jacopo Mercuro, Mirko Rizzo, Sami El Sabawi, Pier Daniele Seu: i fantastici quattro alfieri della pizza romana che hanno vinto la sfida di rinnovare questa versione che qualcuno definirebbe “una napoletana che non ce l’ha fatta”. Le regole sono comuni: un panetto intorno ai 180g, che non a caso è il nome della pizzeria di Jacopo Mercuro, lievitazione finalmente allungata quel che serve per rendere l’impasto digeribile, farine selezionate, bordo variabile ma tendenzialmente ridotto all’osso e un tocco di contemporaneità nell’aggiungere ingredienti di qualità per i topping.
Tutti utilizzano il forno a legna, ma nessuno disdegna quello elettrico, anche perché la pizza romana prevede temperatura più bassa e tempi più lunghi rispetto alla napoletana. La tradizione capitolina vorrebbe l’uso del mattarello, ma su questo è ammessa la discrezionalità del pizzaiolo.
Jacopo Mercuro - 180g
Foto Federico Pezzetta
Ha appena aperto la seconda sede di 180g, spostandosi da Tor Pignattara a Centocelle. Il quadrante è tutto sommato lo stesso, così come l’intenzione, cioè investire sulla periferia. Nella prima versione Jacopo era in società con Mirko Rizzo, poi il divorzio (rilevando le quote del collega, che si è lanciato su altri progetti), il Covid e la scelta non di chiudere ma di raddoppiare. La prima sede è oggi dedicata esclusivamente all’asporto e al delivery, mentre la nuova pizzeria di via Gennazzano ha scatenato subito incredibile clamore. La pizza di Jacopo è stesa a mano, ha un impasto indiretto e differisce dalle altre tre per il cornicione più ampio. Il forno a combustione ibrida – legna e gas – fa il resto, garantendo una cottura uniforme. In menù non mancano le classiche, ma la fantasia si scatena nella sezione “Rinascimento della pizza romana”, fra tonno e cipolle col punto interrogativo e pizza burro, parmigiano e tartufo. Meritano la citazione anche i fritti, con il sampietrino di pasta che ha il marchio registrato, e il supplì (fra i migliori della capitale).
Sami el Sabawy – A Rota pizzeria
Foto Andrea di Lorenzo
Il claim è “A rota di pizza” e non si può negare che quella di Sami el Sabawy sia pericolossima: roba da dipendenza. La ricetta la dà lui stesso: un mix di farine naturali 00 e integrali, si parte dal poolish, si impasta rigorosamente a mano, lievitazione di 48 ore e stesura finale al mattarello. La variazione sul tema sono le pizze speciali ripiene, dolci o salate che siano. Un esempio? Con la bella stagione non manca mai quella con insalata di pollo, fra le dolci quella tiramisù o quella cheesecake. Un cenno lo merita il contesto: siamo in piena Tor Pignattara, periferia multietnica di Roma, e A Rota è la metà di un locale “bifronte”. L’altra metà è la trattoria Eufrosino, con cui condivide alcuni elementi (ma non si può sedere da una parte e chiedere piatti dall’altra, bisogna arrivare decisi). Sono in comune la zona di servizio, le toilette e soprattutto la zona cucina/laboratorio, in cui dal lato forno opera Sami e dal lato cucina c’è Paolo D’Ercole. Il bello è la sana collaborazione fra i due: Sami prepara un pane favoloso per la trattoria, Paolo dà una mano quando serve.
Mirko Rizzo - L’Elementare
Foto Alberto Blasetti
L’ultimo “avvistamento” è stato a L’Elementare di Trastevere, a un passo da piazza Trilussa. Qui Mirko Rizzo e Federico Feliziani (che si occupa della parte beverage) hanno rilevato una pizzeria per proporre il loro format di pizza e birra artigianale, già rodato negli ultimi due anni con l’esperienza estiva del Parco Appio. Con i primi freddi, scalda il cuore sapere che la stessa golosa proposta si possa trovare anche al chiuso, per di più in una zona tendenzialmente turistica che sta rifiorendo grazie a diverse proposte di qualità.
Tornando a Rizzo, è impegnato anche a Grottaferrata con l’insegna Nando in pizzeria (che promette di portare anche a Roma), e ci tiene a sottolineare che il suo ruolo è quello di “garante”, non di firma della pizza: lui ha formato i ragazzi che fanno la pizza come la farebbe lui, ha studiato con loro i menù e il format del locale, ma non è detto trovarlo in pizzeria, men che meno al bancone a stendere tonde. Forno a legna, 24 ore di lievitazione, pochissimo lievito, farine di alta qualità e mattarello. Il risultato è una pizza bassa, scrocchiarella e digeribile, con un bordo ridotto all’osso e condimenti opulenti che diventano protagonisti. Nella sezione pizze speciali, che cambiano con le stagioni, si trovano chicche come la pollo e peperoni o la pizza con agnello cacio e ova, new entry autunnale da non perdere.
Pier Daniele Seu – TAC!
Foto Andrea di Lorenzo
Qualcuno storcerà il naso per la presenza di Pier Daniele Seu in questo elenco: la pizza che ha reso famoso Seu, nel suo indirizzo di Trastevere, non è propriamente romana, ma è il suo personale equilibrio fra una romana e una tonda un po’ più cresciuta. Ma chi storce il naso, tuttavia, evidentemente non ha avuto modo di assaggiare la versione romana di Pier Daniele, che quest’estate ha conquistato il Capanno di Ostia, dove è stato presente con il suo format TAC! che altro non è che l’acronimo di "ThinAndCrunchy", ovvero bassa e croccante, come deve essere la pizza romana.
I primi freddi hanno chiuso momentaneamente l’esperienza sul litorale laziale, ma il successo del pop-up ha convinto Pier Daniele e la moglie Valeria che la città ha bisogno di un TAC!. Ancora nessuna anticipazione sul dove e quando, ma la promessa di rendere il format stabile c’è.
Lievitazione accurata, forno a legna, mattarello per stendere la tonda, con un bordo che è un po’ una via di mezzo. La vera differenza la fa la creatività di Pier Daniele, vero mago del topping estroso, che già al mare aveva riportato alcuni cavalli di battaglia del suo Seu Pizza Illuminati. Anche nel format TAC! non manca la specializzazione sulla ripiena, qui chiamata “baciata”: due dischi di pizza che si baciano con un ricco ripieno all’interno. E ancora le pizze dolci, superpremiate, a cui è impossibile dire di no.