Ammettiamolo... non è chic, è tutt'altro che glam. Ma su un punto siamo tutti - o quasi - d'accordo: è buono! Se fatto ad arte poi, si guadagna un posto speciale anche nei menu stellati. Signore e signori... a voi, la frittura.
Alt! Ma friggere è antisalutista, calorico, insomma diabolico! No. Anzi.
Il fritto fa male o bene? Gli ultimi studi...
Una recente ricerca, riportata da diverse testate internazionali, condotta dal Dipartimento nutrizionale della Facoltà di Farmacia di Granada e diretto da Cristina Samaniego Sanchez, potrebbe ribaltare le valutazioni finora riservate al fritto. Il segreto andrebbe ricercato nell'olio extravergine d'oliva, rivedendo quindi la regola secondo cui non sarebbe l'olio più indicato per le fritture.
Ci guadagniamo qualche caloria in più ma, secondo i ricercatori, anche molte sostanze cancerogene in meno. Il risultato dello studio spagnolo è sorprendente anche da un altro punto di vista: molti alimenti, in particolare alcune verdure (fra cui patate, melanzane, pomodori, zucca), più sono fritti e più la loro qualità nutrizionale migliorerebbe.
E come ha affermato durante Le Strade della Mozzarella Pasquale Torrente di Al Convento, che col fritto ragiona tutti i giorni: "La frittura è l’unica cottura dove le proprietà degli alimenti rimangono invariate", e aggiunge "nessuno comunica mai questo concetto, forse perché sul fritto c’è ancora tanto da studiare e da dire".
Anche le stelle sfrigolano felici!
E allora possiamo senza dubbio festeggiare il godurioso fritto, soprattutto quello di molti chef famosi e pasticceri.
Secondo Ernst Knam ad esempio "Il fritto, quello fatto bene, è puro divertimento che trasforma materie prime e panature in oro croccante delicato e gustoso”.
Vale per tutti i fritti: dalle leggerezze giapponesi alle tipicità regionali italiane passando per la "mielosità" di alcune ricette mediorientali o le semplici quanto appaganti fritture anglosassoni, dal pollo fritto americano con quell'irresistibile crosticina più o meno speziata all'inconfondibile "morbido dentro croccante fuori" del fish&chips inglese, lo street food ante litteram dell'isola di Sua Maestà, di cui già parlava Charles Dickens nel suo Oliver Twist del 1838.
E allora, la prossima volta che ci coglierà vaghezza di lasciarci andare alle patatine fritte a tripla cottura di Heston Blumenthal, potremo indulgere senza rimorsi ripetendone magari l'alchimia fra le mura domestiche. Idem se volessimo regalarci un appagante fried chicken alla Marcus Samuelsson.
E che dire del celebre, leggerissimo Fritto all'orientale di code di gamberi e verdure di Gualtiero Marchesi, pietra miliare del Marchesino di Milano.
Anche Nobu è celebre per la levità delle sue fritture, che si fanno "chiamare" Tempura di gamberi Kuruma o Asparagi fritti serviti con miso, per limitarci a un paio di citazioni.
Felice di friggere, poi, è Frederick Dhooge, lo chef belga che, nel 2014, pur di sentirsi libero di proporre nel menu del suo 't Huis van Lede piatti semplici come il pollo fritto o le croquette di gamberetti (ma non solo), aveva rinunciato tanto alla stella Michelin quanto ai punti dell'acclamata Gault-Millau.
Chef che incontri, olio che trovi...
Sì, ma... gli oli usati per queste e infinite altre delizie? Quali sono? Si va dall'olio d'oliva (più burro chiarificato) per la Milanese sbagliata dello chef italiano stellato Carlo Cracco a quello di vinaccioli per i già citati asparagi di Nobu e le patatine di Blumenthal, passando per l'olio di semi in cui sfrigolano le Triglie fritte di Antonino Cannavacciuolo, i Fried fish tacos di Joe Bastianich e ancora un fish fry alla Gordon Ramsey. La lista è lunga e molto dipende dagli ingredienti. Ma non s'era detto che il segreto perché una frittura non faccia male risiede nell'utilizzo dell'olio d'oliva?
Vero, ma non è l'unico promosso con lode.
FRIGGERE FA BENE? SI, AD ESEMPIO CON L'OLIO DI COCCO
Gli esperti hanno "sdoganato" anche olio di cocco (l'Authority Nutrition l'ha definito il migliore per le fritture), burro (meglio se chiarificato), strutto d'oca e olio di colza.
Martin Grootveld, ad esempio, professore di chimica bioanalitica e patologia chimica alla DeMontfort University di Leicester in Gran Bretagna, ha dimostrato che un fish&chips fritto in olio d'oliva, burro o strutto produrrebbe una quantità di aldeidi accettabile, se consideriamo il limite giornaliero di sicurezza fissato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Dello stesso parere anche i risultati di un'altra ricerca, pubblicata dall'Independent e condotta da John Stein, professore di neuroscienze dell'Università di Oxford, secondo cui perché il fritto sia un piacere per il palato e non minacci la salute basta scegliere l'olio giusto.
Morale: friggere non è diabolico.
È piuttosto, come afferma Ernst Knam, "Un processo esigente di attenzioni: prima, durante e persino dopo (...) capace di arricchire e rinnovare la tavola con ogni piatto, in ogni portata, fino al dolce. Da mangiare con tutti i sensi".
Se a tutto questo aggiungiamo una buona dose di moderazione, l'arte di usare l'olio giusto a seconda della ricetta (in questo senso, esaustivo è il vademecum recentemente pubblicato da The Telegraph), non solo "ripeschiamo" anche gli oli non citati dagli studiosi, ma ci riappropriamo di un comfort food che ci fa sentire a casa e di una tecnica di cottura che risale alla notte dei tempi. Senza sensi di colpa.