Con una vista senza paragoni, direttamente affacciato sui Faraglioni di Capri, il ristorante Le Monzù merita una cucina che sia all'altezza. Nell'impresa fine dining ci riesce con maestria da diversi anni Luigi Lionetti, lo chef che nella precedente edizione della Guida Michelin ha portato la stella in questo indirizzo esclusivo, situato all'interno dell'Hotel Punta Tragara.
Stiamo parlando di una struttura che supera per unicità il semplice concetto di ospitalità e si fa esperienza. L'Hotel Punta Tragara è infatti nato in origine come villa, disegnata nientemeno che da Le Corbusier, e regala uno dei migliori punti panoramici della rinomata isola campana.
Abbiamo voluto ripercorrere con lo chef Lionetti le tappe fondamentali della sua carriera, fino all'arrivo a Le Monzù, analizzando il suo lavoro quotidiano, tra tecnica e creatività, di fronte al pubblico internazionale che lo frequenta. In attesa della riapertura stagionale, ecco l'intervista che lo chef ha rilasciato a Fine Dining Lovers.
Come si è avvicinato al mondo della cucina?
La mia passione nacque, come per molti, in ambiente domestico. Sin da piccolo vedevo mio nonno prima, mio padre poi, ai fornelli. Fu per me naturale avvicinarmi a mia volta ad utensili e ingredienti. Inoltre io e mio padre andavamo a vedere il Napoli giocare. Al netto della fede calcistica, le partite erano per noi un'occasione per provare in città i migliori ristoranti.
A quando risale la sua prima esperienza ai fornelli?
Avevo 15 anni, e fu nel celebre ristorante Da Paolino. Cercavo uno stage mentre frequentavo la scuola a Pescara. Mi trovavo lì perché al contempo facevo il calciatore. Il calcio era la mia grande passione, la cucina era qualcosa che portavo avanti parallelamente. Il risultato? Non uscii più dal qual ristorante che faceva una gran quantità di coperti: rimasi per più di sette anni, mentre nella stagione invernale mi spostavo in una struttura a Corvara, in Alta Badia.
E quando arrivò al Punta Tragara?
Immediatamente dopo, con il ruolo di sous chef. Era il 2008 e il ristorante Le Monzù nacque da lì a un anno. In quel momento si proponeva una cucina prettamente regionale, semplice. L'idea di alta cucina era ancora lontana.
Un percorso che nel tempo l'ha portata al successo dello stella Michelin, conquistata con l'edizione 2020 della Rossa. Come descriverebbe la sua filosofia in cucina?
Ogni anno è stato un crescendo. I primi anni ho cucinato concentrandomi molto su me stesso, distaccandomi forse troppo dalla tradizione. Ma sono errori che ti fanno crescere e sempre di più mi è stato chiaro come la sperimentazione non fosse in contrapposizione con la tradizione e che anzi le due cose potevano e dovevano incrociarsi. Oggi il mio lavoro ha raggiunto il suo equilibrio e diversi prestigiosi riconoscimenti, con una cucina contemporanea di ingredienti locali.
Per la sua esclusività, Le Monzù ospita regolarmente una clientela internazionale ed esigente. Come risponde alle sue proposte un pubblico certamente abituato al fine dining?
Molto bene. È proprio grazie agli ospiti che la direzione da prendere mi è stata ancor più chiara. Chi viene abitualmente a Capri ricerca l'isola anche nel menu. Certamente l'estro è apprezzato ma se messo correttamente al servizio della cucina caprese, della tradizione campana, dei classici italiani. Il percorso intrapreso negli anni ha fatto sì che le richieste aumentassero sempre più, per il ristorante gourmet come per il servizio a bordo piscina e il room service.
C'è una figura di riferimento che più di altre ha influenzato la sua formazione?
Mi considero un autodidatta. Non posso però evitare di ringraziare lo chef Gennaro Esposito: la stagione a Capri dura indicativamente da fine marzo a fine ottobre e lui d'inverno mi ha portato in diverse occasioni a lavorare al suo fianco. Ebbi così la possibilità di girare tutto il mondo, di assorbire influenze, tecniche, ispirazioni. Con lui mi sento di citare Giuseppe Di Martino e Rocco De Santis, tra i maggiori professionisti che io abbia mai visto all'opera. Mi intrigano poi Andrea Aprea e Matteo Metullio, con le loro cucine di grande sostanza.
L'estate 2020 è stata certamente differente da tutte le precedenti, in particolare per destinazioni che contano su un ampio pubblico straniero come Capri. Com'è andata al Punta Tragara?
Considero la struttura una delle più belle al mondo. Mi piace condividere tutto l'anno foto sui social del Punta Tragara e di Le Monzù, quindi interagire con chi le commenta. Già dai primi mesi di lockdown diversi clienti abituali mi scrivevano dall'estero sconfortati davanti all'ipotesi di non poterci raggiungere in estate. Al contempo devo dire che molti clienti italiani vecchi e nuovi sono stati con noi ed è stata una buona estate, benché molto difficile.
Nei limiti del possibile, viste le ancor difficile situazione sanitaria, ci può anticipare qualcosa sulla prossima stagione?
L'intenzione è quella di aprire per metà aprile e chiudere regolarmente a fine ottobre. Speriamo di poterlo fare. Ho già confermato la brigata: saremo gli stessi dell'anno scorso e di due anni fa, con qualche nuovo innesto.