Un maiale avvolto in una pelliccia lanosa, simile a una pecora, dalla carne così buona da essere stata definita “il kobe dei suini”. Suona improbabile quanto la descrizione di un unicorno?
E invece stiamo parlando dei maiali Mangalica, una razza ungherese molto rara, con un’eredità di due secoli alle spalle, che negli ultimi tempi sta sperimentando una rinascita grazie al lavoro di chef e allevatori da tutto il mondo. Discendente dai cinghiali selvatici europei e cugina dei maiali iberici, la razza Mangalica incorpora caratteristiche di entrambe.
La tenerissima e succosa carne, con un alto contenuto di grassi insaturi, si presta molto bene a essere trasformata in salumi, dal prosciutto alla pancetta al salame al lardo. Salvata proprio quando era a un passo dall’estinzione, ora la razza Mangalica si sta guadagnando anche l’apprezzamento degli chef: il sapore intenso e la marmorizzazione impeccabile - caratteristiche un tempo poco ricercate - lo hanno fatto comparire nei menu di ristoranti come il French Laundry, il Blue Hill at Stone Barns, l’Eleven Madison Park o lo Spotted Pig di New York. Devin Knell, executive sous-chef al French Laundry, dice che “il grasso di Mangalica si dissolve sulla lingua - è morbido e cremoso, simile al manzo Wagyu”.
La celebre critica gastronomica del New York Times sostiene che lo strutto dei maiali Mangalica sia perfetto nella panificazione, migliore del burro per la pasta sfoglia.
Per ora noi ci limitiamo a banchettare con queste fotografie del suino:
Un video pubblicato da aprilbloomfield (@aprilbloomfield) in data: 21 Ott 2016 alle ore 08:29 PDT
Una foto pubblicata da quergekocht (@quergekocht) in data: 7 Nov 2016 alle ore 05:16 PST
Una foto pubblicata da Robert Rosenstein (@rosensteinrobi) in data: 19 Set 2016 alle ore 02:01 PDT
Una foto pubblicata da Sarah Lawrence Harris (@harrislegacyfarms) in data: 7 Nov 2016 alle ore 16:40 PST
