Nove anni a fianco di Ciccio Sultano, lo chef executive del ristorante Duomo di Ragusa Ibla; Marco Corallo, classe '74, è il braccio destro di uno dei nomi più importanti dell'alta cucina siciliana e italiana.
Un sous chef, Marco, che con Sultano ha un rapporto che lui stesso definisce "antico". Sultano lavorò alle dipendenze del padre di Marco anni prima di iniziare la sua avventura come chef famoso; poi la Germania e infine il Duomo, ristorante che ha saputo restituire la complessità gastronomica, la sovrapposizione di storie, odori e gusti della Sicilia.
Abbiamo intervistato Marco Corallo per conoscere meglio la vita di un sous chef di un'insegna così prestigiosa e gli abbiamo chiesto per quanto ancora si vede nelle cucine del Duomo.
Ci riassuma in poche parole cosa vuol dire essere il sous chef di un ristorante due Stelle Michelin.
È un ruolo stimolante e prestigioso, frutto di una lunga gavetta dietro i fornelli. Il coronamento di un percorso compiuto con grande fatica. Da nove anni lavoro come secondo chef di Sultano e ogni giorno è una scommessa nuova e di grande stimolazione professionale e personale.
Che rapporto ha con Ciccio Sultano?
Il rapporto con Sultano è molto antico. Quando lui era un ragazzino lavorava all'interno della storica pasticceria Sweet di Vittoria, alle dipendenze di mio padre. In quegli anni, quando ero proprio un bambino, vedevo già questo ragazzino più grande di me di quattro anni che si dava tanto da fare per cercare di capire ed imparare l'arte culinaria. La vita, poi, fa sempre tanti e strani giri. Ed il caso ha voluto che le nostre esperienze si incontrassero nuovamente, per lavorare insieme davanti ai fornelli del ristorante 'Duomo'.
Ci parli delle sue esperienze lontano dalla Sicilia..
Appena ventenne feci una lunga esperienza all'estero. In quegli anni Sultano era già in Germania a fare le sue esperienze professionali e mi chiese di raggiungerlo. Senza farmelo dire due volte, anche io volli cavalcare quell'onda che mi tenne ancorato a Monaco di Baviera per ben dieci lunghi anni, nel corso dei quali ho tanto imparato, compiendo anche scelte di vita. Trascorso quel periodo decisi di rientrare in Sicilia e nella mia terra, giurando a me stesso che quella lunga trasferta durata dieci anni, nell'ambito professionale, sarebbe stata la prima e ultima.
Sono troppo legato al mio territorio e alla cucina che riusciamo a fare anche se viviamo e operiamo nell'estremo lembo a sud della Sicilia. Al mio rientro, Sultano mi chiamò al Duomo dove mi trovo tuttora. Dunque, almeno per il momento, conto di tenere fede alla promessa che ho fatto a me stesso e ai miei cari, e difficilmente penso che mi allontanerò dalla Sicilia.
Cosa ne pensa del panorama ristorativo siciliano?
Oggi la ristorazione siciliana è un "must" a cui tutti credono. Lo hanno consentito chef lungimiranti che in prima persona si sono spesi per promuovere la cucina, l'effervescenza dei territori, la grandezza dei prodotti di qualità e la nostra tradizione talmente trasversale da essere musa di tantissime ricette antiche e poi rivisitate. Oggi in Sicilia una posizione di primo piano è rappresentata dall'associazione le Soste di Ulisse che riesce ad avere una autorevole voce in capitolo, e soprattutto è un punto di riferimento per ciò che rappresenta l'eccellenza siciliana negli ambiti della ristorazione e della ricettività. Il salto di qualità è avvenuto in modo progressivo, negli anni, ciò vuol dire che si è radicato profondamente nel territorio e gli stessi attori protagonisti di questo cambiamento sono stati bravi a veicolarlo nei modi e con i mezzi più opportuni. Oggi la cucina sicilliana viene apprezzata su scala nazionale ed internazionale, al punto da avere come rappresentanti i più grandi chef del Paese.
Si vede ancora a lungo al ristorante Duomo?
Il Duomo come detto prima, è stato il mio punto di partenza ad un determinato livello professionale. Nella vita, ovviamente, tutto accade e tutto può essere passibile di modifica. Non escludo che magari in un lontano futuro possa immaginare di realizzare un altro progetto nella mia vita. Ma se mi chiedete quale sia, non saprei cosa rispondere. Nel senso che uno chef vive l'oggi in modo talmente entusiasmante e pieno che non pensa a ciò che avverrà la prossima settimana, immaginando che il lavoro che realizza in cucina è sempre importante e da grandi soddisfazioni. Oggi sono al 'Duomo' e sono orgoglioso che I piatti compiutui insieme allo chef Sultano e al collega Cannistrà, abbiano successo e grande appeal gastronomico.
L'insegnamento più grande che Sultano le ha trasmesso?
Il rispetto per la materia prima e per i nostri ospiti sono il leit motiv di Sultano. La materia prima è ciò che ci consente di essere chef, altrimenti saremmo altro. Rispettare i prodotti, esaltarne le qualità, dare loro la giusta identità alla vista e al gusto sono principi che non si leggono solo sui libri di cucina, ma devono essere appllicati ogni singolo giorno per ogni singola portata. Da questo, in modo consequenziale, scaturisce anche il profondo rispetto che dobbiamo avere dei nostri ospiti, nel senso che si debbono subito intuire le esigenze e mettere loro nelle condizioni di essere ai nostri tavoli, come fossero seduti a casa propria... anzi forse di più.
Le piacerebbe aprire un posto tutto suo?
Tutti gli chef custodiscono questo sogno. Ma aprire un locale proprio, oltre al fatto di portare il proprio nome, deve essere anche un progetto sostenibile e non sempre questo può essere talmente scontato. La buona cucina e l'ottima qualità dei piatti pagano nel tempo. Dunque, continuo a conservare questo sogno, chissà che un giorno si possa realizzare.
Un ristorante che ci consiglia?
Le Calandre a Padova dei fratelli Alajmo; è un ristorante di altissimo profilo, dove tento di andare ogni volta che sono da quelle parti, e non smetto mai di consigliarlo a chi mi chiede.