Dopo un passato nella comunicazione e nel marketing, Marta Scalabrini decise che il suo lavoro e la sua vita sarebbero stati in cucina.
Da quel cambiamento di rotta, la chef emiliana ha fatto tanta strada, tra esperienze stellate e premi vinti, fino ad arrivare al suo progetto più importante, il ristorante Marta in Cucina di Reggio Emilia.
Ecco cos'ha raccontato di sè, del suo percorso e del suo concetto di cucina a Fine Dining Lovers.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Come quello di tutti i bambini emiliani: rubando cappelletti crudi dal tagliere di mia nonna. Nel tempo passato con lei ho capito che i suoi piatti sono più di buoni ingredienti saggiamente combinati: rappresentano preziosi ricordi, sono stati e sono ancora nutrimento e cura. Per questo, dopo dieci anni di “vita precedente”, una laurea in comunicazione e marketing, un master in visual merchandising e un lavoro nel mondo dell'organizzazione aziendale, ho mollato tutto e ho bussato alla porta di alcuni indirizzi stellati per imparare a fare il ristoratore di professione.
Qual è stato il vero “salto” nel suo percorso?
Arrivare nella cucina di Marco Stabile al ristorante Ora d’Aria di Firenze. Dopo qualche tempo in pasticceria, lontana dai giochi della cosiddetta “cucina calda”, lo Chef capì che scalpitavo e un sabato a pranzo, a sorpresa, mi catapultò a capo della partita dei primi. Fu un disastro! A fine servizio ero mortificata, pronta a prendere i miei coltelli e gettare la spugna. Lui mi disse solo: “Se ti ho messa lì è perché penso che tu possa farlo.”
Ci racconta com'è nato il suo ristorante?
Penso che la cucina sia un mezzo per raccontare storie. Viaggiando e mangiando in molte parti del mondo ho visto che la cucina racconta molto del luogo in cui ci si trova. Per questo ho pensato che il luogo migliore per raccontare la storia del mio territorio fosse quello di lasciar parlare il territorio stesso. Marta in Cucina è un progetto che, come un compasso nautico puntato sulla tradizione, traccia una rotta che include le origini, il vissuto personale, ma anche luoghi inesplorati. La combinazione che ne esce è una storia che sotto sotto parrà “emilianamente familiare", da cui a tratti divaghiamo, che parafrasiamo e a cui, in alcuni casi, cambiamo il finale. I piatti sono pervasi di ingredienti del territorio ma soprattutto di storie e usanze emiliane trattate a volte con timore reverenziale, a volte con un po’ di sana irriverenza.

Foto: C.Vannini
Cosa dovrebbe necessariamente provare chi si trova davanti alla sua cucina per la prima volta?
L’anguilla e il riassunto delle salse dei bolliti. È un piatto che rappresenta bene quello che facciamo: contiene il Grande Fiume, il Po, e onora il piatto natalizio tradizionale, l’anguilla in umido. La nostra anguilla però non è in umido, ricorda quella alla brace delle grigliate al fiume. Poi ci sono l’uovo, il prezzemolo, l’aceto e la senape. In un unico elemento la salsa verde, l’agrodolce di una giardiniera e la mostarda, i tre accompagnamenti classici dei bolliti.
La guida Identità Golose 2018 le ha assegnato il Premio Acqua Panna e S.Pellegrino come migliore chef donna. Quali consigli darebbe ad una ragazza che vuole lavorare nel mondo della ristorazione?
Purtroppo in tutti i campi ci sono ancora oggi degli stereotipi a cui il genere femminile viene associato: la fragilità e la frivolezza sono solo i primi che mi vengono in mente. Il lavoro di cucina richiede grandi sforzi sia fisici sia emotivi. In una brigata di cucina sensazioni e sentimenti sono sempre amplificati. A volte assecondare gli stereotipi può sembrare la strada più facile per sopravvivere ma non è così. Tenete duro! Un’altra regola fondamentale che mi sento di fare, che vale per tutti, non solo per le ragazze, è che lo/la Chef è il vostro punto di riferimento nel ristorante. Non c’è dubbio o problema o idea che non possiate condividere con lo Chef. Può sembrare severo, arrabbiato, può incutervi timore, ma vi concederà sempre cinque minuti. Questo tenetelo a mente, anche e soprattutto quando gli Chef sarete voi.
C’è qualcuno che considera invece il suo maestro?
Proprio Marco Stabile che, oltre alla tecnica, mi ha insegnato a non mollare.
