Sguardo fiero, concentrato e incredulo. Le emozioni che si alternano negli occhi di Martino Ruggieri sono tante. Come dice Enrico Crippa, presidente dell'Accademia Bocuse d'Or Italia, ha "lo sguardo un po' vidé" ma le idee molto chiare. Martino Ruggieri, che rappresenterà l'italia nella corsa alla finale europea del Bocuse d'Or in programma il prossimo 11-12 giugno a Torino, non si concede una vacanza da tanto tempo.
Trent'anni, attualmente head chef presso il tre stelle Pavillon Lodoyen di Parigi e con prestigiosissime esperienze nel curriculum - tra cui La Pergola di Heinz Beck e L’Atelier de Joel Robuchon a Parigi - lo chef è ora chiamato a "guidare un movimento", come prosegue Crippa: "Sono contento del livello che ha visto durante la finale. Quello che vedo è un grande futuro per l’Accademia italiana. Il bilancio della giornata è più che positivo".
Martino Ruggieri ci ha raccontato come vivrà la preparazione alla finale europea e come ha vissuto questa finale italiana, sponsorizzata da S.Pellegrino, del Bocuse d'Or.

Come si preparerà a sfidare gli altri finalisti europei?
Quello che ci interessa è dar vita ed energia ad un vero movimento di cucina italiana, quindi la nostra preparazione si muoverà in questo senso. Vogliamo creare un gruppo, non una figura.
E invece come si è preparato per il Bocuse Italia?
Non avevo mai pensato di partecipare al Bocuse d’Or. Ma vivendo e lavorando in Francia, ho iniziato a capire la passione dei Francesi per i concorsi e ad entrare nel dettaglio della preparazione. Devo tutto alla mia esperienza di Parigi. Quello che abbiamo fatto in vista di questa finale, è stato dar vita ad un progetto culinario, perché quello che volevamo rappresentare oggi è l’Italia e l'abbiamo fatto partendo dalle nostre materie prime, senza cercare ispirazione altrove.
Cosa pensa l'abbia portata alla vittoria?
Ero il meno adatto a vincere questa finale. Devo senz'altro il merito della mia vittoria ad una grande organizzazione che c'è dietro al mio progetto e alle tante persone che mi hanno accompagnato in questo percorso. Si può vincere partendo da un buon progetto.
Luigi Taglienti - coach di Martino Ruggieri - aggiunge: "Martino ha dimostrato di essere un cuoco, ha cucinato in maniera meno pulita degli altri candidati - soprattutto per quanto riguarda i dettagli -, ma quello che l'ha premiato è stata la costanza. Non ha utlizzato una tecnica culinaria fine a se stessa. Martino ha raccontato un territorio fatto di tanti sapori e l'ha fatto cucinando".
Come definirebbe l'impronta della sua cucina?
Non amo le etichette, soprattutto in cucina. Quello che mi interessa è cucinare, raccontare le mie origini, il mio percorso, ma mi interessa farlo attraverso la cucina. Non voglio un'impronta, quello che voglio è essere un cuoco alla vecchia maniera.

Quanta parte della sua vita assorbe la cucina?
Cucino notte e giorno. Tra qualche giorno ripartirò per Parigi, non mi fermo mai. Non posso farlo, non adesso.
Quando è nata la passione per la cucina?
Prestissimo. Credo abbia sempre fatto parte di me. È una passione che viene dalla mia famiglia e che ho coltivato poi crescendo, quando ho iniziato ad acquisire quella consapevolezza che mi mancava.
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