Di Maurizio Galimberti, fotografo italiano famoso in tutto il mondo per la sua tecnica del “mosaico fotografico” realizzato con Polaroid, vi avevamo già parlato tempo fa mostrando il suo progetto “Emmental”.
Oggi, in occasione della rassegna FoodGraphia dedicata alla food photography, lo abbiamo intervistato a partire da Vucciria: sua opera del 1992 esposta alla mostra milanese, composta da 187 polaroid e commissionata all’artista con l’intenzione di celebrare il bello e il buono della Sicilia.
Nato a Como, ma da molti anni basato a Milano, nel 1991 Maurizio Galimberti inizia la collaborazione con Polaroid Italia, diventandone presto testimonial ufficiale. Tre anni dopo pubblica il volume Polaroid Pro Art e allo stesso tempo perfeziona la tecnica del mosaico, prima ad appannaggio dei ritratti e poi estesa a paesaggi, architetture e città, e destinata a diventare il suo marchio di fabbrica.
In questa intervista Galimberti ci offre una personale riflessione sulla fotografia di food, un ambito nel quale ha avuto la possibilità di lavorare in modo occasionale: oltre che per Vucciria e per il progetto Emmental, collaborando ad esempio con lo chef Davide Oldani o per la pubblicazione del libro Provincia vo cercando.
Partiamo da Vucciria, l'opera food-inspired in mostra alla rassegna FoodGraphia: di cosa si tratta?
Vucciria è un’opera del ’92, ispirata al dipinto di Renato Guttuso in cui viene rappresentato il celebre mercato palermitano: mentre lui ha utilizzato la pittura, io ho cercato di rappresentare la realtà con la fotografia.
Al contrario delle esplosioni cosmiche, della scomposizione che ricrea un’immagine, tra futurismo e dadaismo Duchampiano, che identificano il mio lavoro, qui invece posso parlare di collage di vari momenti. È un mondo nei dettagli. È una fotografia di sintesi, di sottrazione. Uomini, persone, luoghi, animali, cibo. Riguardo a quest’opera, il poeta italiano Ignazio Buttitta affermava che “c’è l’anima delle persone”.
Come definirebbe il suo rapporto con la fotografia di food?
Con il cibo ho un rapporto più da mangiatore che da fotografo. Di solito preferisco fotografare la città, non sono impegnato spesso in progetti di food photography: quando scatto il cibo, però, cerco di farlo entrare nella mia poetica. Nel ’98 ho realizzato con Gianni Giansanti il progetto “Provincia vo cercando”, curato da Grazia Neri, con l’intento di raccontare la provincia di Alessandria, anche attraverso i suoi piatti tradizionali: è un lavoro poetico.
Ho fotografato anche il risotto (Zafferano e riso alla milanese D’O - in copertina) di Davide Oldani, con il quale ho una grande rapporto di amicizia. Il piatto è un pretesto per mettere in atto la mia progettualità.
C’è qualche progetto o autore italiano di food photography che ha catturato la sua attenzione?
In generale nella fotografia di food c’è molto minimalismo, ma non penso ci sia un grosso pathos: non c’è un fotografo italiano che ha seguito o ha ricalcato l’onda degli chef o che è uscito con la sua autorialità nel food. Al contrario, sono gli chef che si sono fatti riconoscere con la loro autorialità.
Ho visto delle fotografie interessanti dei piatti di Massimo Bottura realizzate da Per-Anders Jorgensen e Thomas Ruhl, così come degli scatti del ristorante Le Calandre di Rubano (3 stelle Michelin dello chef Massimiliano Alajmo) del brasiliano Sergio Coimbra, ma non credo di poter affermare di conoscere fotografi con una grossa personalità o che mi hanno fatto impazzire.
Qual è la sfida più grande nel fotografare il cibo?
Essere me stesso, con leggerezza poetica e progettualità. La cosa importante è dare la propria interpretazione, andando al di là dell’estetica del piatto. Personalmente tratto il cibo come un concetto cosmico. Il piatto di Oldani mi è piaciuto dilatarlo e, nella mia scomposizione, il piatto ci guadagna: il mio mosaico lo carica di significato, di pathos. È un piatto pieno d’amore in cui lo chef si ritrova, anche nella sua scomposizione.
Altri progetti di food photography in vista?
No, di cibo no. Mi piace di più fotografare le città. La sera poi vado a cena in posti dove si mangia abbondante!
Nuove mostre o pubblicazioni, invece?
Il prossimo 9 febbraio inaugura a Milano, nella galleria Dada East, una mostra collettiva sull’artista e pittore Mimmo Rotella. A marzo, invece, in occasione del Mia Photo Fair di Milano, verrà presentato “Parigi”, un libro che celebra 20 anni di fotografia su Parigi. E poi sto lavorando a un progetto editoriale su New York.
- Guarda qui la gallery dei lavori di Maurizio Galimberti sul cibo. -