Nicola Fiasconaro ha legato il brand di famiglia, oltre che alla fama del suo panettone made in Sicily, alla fiaba della chitarra più famosa d’America, quella plasmata in cioccolato di Modica e regalata a Bruce Springsteen durante la tappa milanese del suo ultimo tour.
Fine Dining Lovers l'ha intervistato per conoscere la storia di una famiglia di pasticceri e il legame del pastry chef sicilano con il suo prodotto più famoso: il panettone.
Dove nasce il connubio tra la sua famiglia e l'arte della pasticceria?
Inizia 49 anni fa a Castelbuono, un borgo delle Madonie, a 90 km da Palermo. Ma mio padre Mario aveva cominciato l’avventura negli anni ’50: il profumo della pasta di mandorle che annusavo da bambino ha dato l’impronta alla mia vita e a quella dei miei due fratelli. Alla scuola ho preferito presto il laboratorio: i misteri del cioccolato erano il mio vero passatempo. Così mio padre si convinse a farmi partire per imparare il mestiere come ragazzo di bottega. Andai prima in Sicilia e poi al Nord, infine frequentai la Boscolo Etoile Academy. Di ogni ingrediente mi affascinava la malleabilità, la capacità di plasmarsi sotto le mie dita, proprio come è avvenuto per la chitarra di Bruce Springsteen.
Poi l'amore per il panettone: com'è nato?
Incontrai Teresio Busnelli, uno dei pasticceri milanesi di Alemagna: era considerato un maestro delle paste acide e lievitate. Pensai subito di imparare e portare la mia nuova conoscenza in laboratorio: mio padre vendeva qualche migliaio di panettoni ma non erano di nostra produzione, così mi chiesi "Perché non iniziamo a farlo anche noi, magari usando i meravigliosi prodotti della mia terra?". Mio padre mi guardò male: "Invece di andare al nord per vendere i nostri prodotti te ne torni con un dolce milanese?", mi disse. Ma non mi arresi, e fu un successo: nessuno più guarda sorpreso un panettone che proviene dalla Sicilia. E poi è avvenuto il miracolo: il panettone e la pasta acida hanno trovato nel clima siciliano un vero amico, tanto che noi non siamo riconosciuti nel mondo, dal Giappone all’Australia, per i cannoli, la cassata o la pasta di mandorle, ma per il nostro panettone. Oggi si possono acquistare on line, sempre e in qualsiasi stagione dell’anno. Ne produciamo centinaia al giorno, pur mantenendo l’impronta artigianale.
Come si fa un buon panettone?
Bisogna innanzitutto avere un buon lievito madre: la pasta madre riceve molte cure, come un bambino viziato. Ogni sera alle otto devo accudirla, solo così può mantenere la forza necessaria per lievitare. Poi il tempo: l’ingrediente più prezioso. La mia pasta madre ha 65 anni, ed è in splendida forma; la lievitazione dura 36 ore. Infine, credo che il segreto stia anche nell’aria della mia terra. Tutti gli ingredienti devono essere scelti con cura, a partire dalle farine e dal burro, io faccio in modo che siano il più possibile isolani. Abbiamo creato diverse varianti di panettone, a partire da quello tradizionale aromatizzato con Marsala e Zibibbo. Molto curioso è quello ricoperto con glassa di manna, una sostanza dolcificante vegetale che si raccoglie dalla corteccia dei frassineti nelle Madonie.
Un desiderio per il futuro?
Tenere alto il nome dei prodotti della mia terra, dare impulso all’economia attraverso la storia e la cultura culinaria siciliana. Come responsabile del Distretto del dolce tipico siciliano mi sento una sorta di angelo custode dell’isola. Il mio sogno è che una nuova Sicilia risorga attraverso l’antica arte dolciaria.