Si trova a un’ora da Milano, a Mantello, nella Bassa Valtellina, quello che potremmo definire il primo hotel cinque stelle lusso per mucche d’Italia, se non d’Europa: è la Stalla Nuova de La Fiorida, agriturismo che vanta, oltre a un allevamento virtuoso di 220 capi di razza Bruna, un ristorante stellato al suo interno, La Preséf, guidato dallo chef Gianni Tarabini. Al riconoscimento per la cucina, la Guida Michelin lo scorso anno ha affiancato quello per la sostenibilità, attribuendo alla struttura anche la stella verde. Guidato dalla ceo Viola Vanini, 33 anni, che ha ereditato dal padre, fondatore dell’azienda, tutta la passione per gli animali, ora l’agriturismo ha aggiunto un nuovo tassello alla sua storia green, in occasione del ventesimo compleanno.
Oltre 20 metri di spazio per mucca, sabbia morbida ovunque (ce ne sono 20.593 quintali) e un sistema di distribuzione e preparazione al bisogno dei pasti freschi, tramite Vector, oltre alla mungitura automatica, a seconda delle esigenze fisiologiche degli animali: sono solo alcune delle caratteristiche di questo nuovo progetto dedicato ai bovini di casa, che Viola chiama per nome, uno per uno. L’obiettivo? “Incrementare il benessere animale, che inevitabilmente ha risvolti sulla qualità finale del latte e dei prodotti, quindi sul benessere del cliente finale”, ricorda la ceo. Ma come stanno le mucche in uno degli allevamenti più all’avanguardia del globo? Siamo entrati nella Stalla Nuova de La Fiorida per scoprirlo.
La Stalla Nuova de La Fiorida: l’allevamento virtuoso più all’avanguardia d’Europa
La famiglia Vanini: i figli Mattia e Riccardo, il fondatore Plinio Vanini con la moglie Simonetta e Viola, ceo | Foto courtesy La Fiorida
La Stalla Nuova de La Fiorida non è l’unico (nuovo) progetto che mira alla sostenibilità della storica realtà valtellinese a gestione familiare. “Oltre alla ricerca del benessere animale, stiamo portando avanti un discorso di energia verde: sul tetto metteremo i pannelli solari, che uniti all’impianto di biogas che stiamo costruendo, che sfrutterà la raccolta delle deiezioni dell’allevamento, ci daranno l’85% di indipendenza energetica, per tutta la struttura, che al momento riduce già le emissioni del 60%”, spiega la giovane amministratrice.
Nei circa venti ettari occupati dall'agriturismo - l’unico con un ristorante stellato al suo interno in Italia - si tocca con mano la filiera corta, anzi cortissima: qui il chilometro zero non è solo una definizione di grande richiamo, ma una realtà tangibile. Ecco allora - oltre alla Stalla Nuova - una serra, un mirtilleto e un caseificio a metro zero, dove viene prodotto e stagionato, tra i vari formaggi, il Casera dop.
Foto Mariarosaria Bruno
Ma come è nato il progetto della Stalla Nuova e come è stato concepito? “Ci siamo rivolti a un architetto civile valtellinese, Gianmatteo Romegialli. A lui abbiamo spiegato che volevamo una stalla per il benessere degli animali, che si integrasse bene nell’ambiente e nella struttura esistente”, racconta Viola. “Abbiamo girato il mondo con lui, siamo stati in Olanda, in America per alcuni studi, ma siamo stati anche in Libano e in Italia, per studiare diverse stalle. Alla fine, abbiamo preso il meglio di ciò che abbiamo visto in giro, mettendo tutto insieme e creando un team ad hoc con veterinari e agronomi”, prosegue. “Hanno gli spazi più corretti le vacche ora: per il benessere animale, qui abbiamo messo a disposizione 21 metri quadri a mucca, come un monolocale (ride, ndr), contro i 4,50 metri obbligatori per legge”.
Foto courtesy La Fiorida
Ecco allora una struttura di 6250 metri quadrati, lunga 125 metri per 44,50 metri di larghezza, da ammirare dall’alto, camminando su una passerella sospesa, da una posizione privilegiata, mentre in filodiffusione si sente la musica classica che rilassa e distende le mucche (e non solo loro). La sabbia è l’elemento che caratterizza gli spazi. “Gli animali qui dormono sulla sabbia: abbiamo studiato a lungo cosa mettere a terra. La sabbia è presente in pochi allevamenti in Italia e in qualche allevamento in America, ma è perfetta come materiale: riprende la terra, che è dove si sdraiano in natura le mucche, e poi è inerte e non permette la proliferazione batterica, quindi meno infezioni alle zampe e alle mammelle, quindi meno utilizzo di antibiotici: riduzione dei farmaci in allevamento e maggiore benessere animale”, spiega Viola. Una sabbia che cela un complesso sistema di drenaggio dei liquidi di ultima generazione, che consente di mantenere la superficie sempre asciutta.
Foto Mariarosaria Bruno
Non manca un sistema di aerazione studiato ad hoc: tra aperture sulle pareti e pale, che rinfrescano l’aria e fanno sì che tutti i gas escano e non rimangano in stalla. Come mangiano le mucche? In primis, viene servita acqua a temperatura controllata, grazie a un sistema circolare e anti spreco. “L’acqua viene presa dalla nostra caldaia, è quella di rifiuto per il calore che brucia, arriva nei tubi e poi negli abbeveratoi dove c’è una serpentina che mantiene le stesse temperature sia in estate che in inverno”, spiega la ceo. Tra le principali innovazioni della Stalla Nuova, poi, c'è la robotizzazione della preparazione e della distribuzione del cibo, più volte al giorno. "Il Vector è come se fosse un Bimbi per animali che prepara al momento i pasti freschi", esemplifica Viola. "C'è una vera e propria linea nella stalla: il robot pesa la quantità di ogni ingrediente e si regola a proporzioni, secondo la ricetta che è impostata. Se il robot si accorge di aver preso una quantità di cibo maggiore del necessario, torna indietro e ripesa tutto", prosegue. Il mix è a base di paglia, fieno, trinciato di mais, erba medica e fieno fasciato.
Foto Mariarosaria Bruno
“Nessuna azienda ha tutta questa tecnologia nella stessa struttura e sono molto poche le attività che mettono a disposizione un tale spazio per le mucche”, precisa con orgoglio Viola, che racconta di avere investito molto in questo progetto, coronando un sogno, ma stando attenta anche ai bandi dell’Unione Europea e ai fondi stanziati dal PSR - Piano di Sviluppo Rurale.
"Posso essere arrabbiata, frustrata, triste, ma quando entro in stalla, e sto in mezzo alle vacche, mi sento bene", rivela la giovane ceo. “Devi crederci veramente e fare di tutto per riuscire a realizzare qualcosa che possa garantire il benessere di tutti, delle mucche e dei consumatori, perché il loro latte è provato che è migliore: un prodotto di qualità superiore, che destineremo al ristorante stellato così come allo spaccio e alla nostra produzione casearia”. La dimostrazione che, anche in un pianeta martoriato dal cambiamento climatico e dalle sue conseguenze, un altro mondo è possibile.