Arrivano dalla Lombardia, dalla Campania, dall'Emilia Romagna e non solo. Sono i nuovi Presidi Slow Food italiani del 2020.
Sostenuti da associazioni ed enti, i neonati Presidi, come tutte le centinaia già esistenti solo nel nostro Paese, hanno l'obiettivo di conservare e valorizzare la biodiversità anche di piccole produzioni quasi dimenticate, quasi scomparse.
Alcuni esempi delle new entry dell'anno? Il Fagiolo della regina di Gorga, la Cipolla Rossa di Breme e quella di Airola. Ancora il Grano saraceno della Valnerina. Di seguito tutti gli altri.
I nuovi Presidi Slow Food 2020 in Italia
Fagiolo della regina di Gorga (Campania)
Il nome deriva dalla leggenda secondo cui Maria Carolina d'Asburgo, regina di Napoli, li amasse particolarmente. Gorga è una frazione del Comune di Stio, in Cilento, qui tra gli anni Cinquanta e Settanta il Fagiolo della regina era particolarmente conosciuto, esplicitamente citato anche di molteplici ricettari. Nei decenni successivi lo spopolamento della zona ne determinò la scomparsa quasi totale. Oggi rivive grazie alla volontà di un piccolo gruppo di abitanti. Piccolo, di forma tondeggiante e colore bianco perlaceo, il Fagiolo della regina di Gorga ha una polpa compatta e una cuticola sottile. Tra le peculiarità della pianta c’è il suo portamento rampicante: può superare anche i tre metri di altezza e si adatta bene a diversi tipi di terreno.
Sostenuto da: Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e Comune di Stio
Pesca dal buco incavato (Emilia Romagna)
Oltre un secolo fa il Comune romagnolo di Massa Lombarda era l'epicentro della frutticoltura moderna italiana. Da qui si esportavano decine di varietà destinate alle città di tutto il Vecchio Continente. Tra le coltivazioni più gettonate c'era quella del pesco, in particolare il cosiddetto bus incavé, così chiamato per la caratteristica sutura del suo frutto, profonda e appunto incavata. Il successo della pesca dal buco incavato trainò per almeno tre decenni l’economia della zona. Basti pensare che la cittadina fu scelta nel 1927 per la seconda Esposizione nazionale della frutticoltura. Seguì un declino dovuto soprattutto all'arrivo di nuove cultivar provenienti dall'America. Da alcuni anni è però partito un progetto di riscoperta. Questa pesca è di media pezzatura, con polpa bianco-verde e sfumature rosso intenso.
Sostenuto da: Comune di Massa Lombarda
Pecorino di Carmasciano (Campania)
In Irpinia, in provincia di Avellino, si trova al Valle d'Ansanto, che Virgilio descrisse nell'Eneide come un luogo di "oscure selve" con "un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade". Qui nasce il Pecorino di Carmasciano, particolare per due ragioni: le pecore impiegate, che sono di due razze differenti (Laticauda e Bagnolese); i foraggi di cui si nutrono che, godendo delle esalazioni di zolfo del terreno, donano al formaggio il caratteristico sentore sulfureo. Oggi a produrlo sono soltanto sei aziende, cui si aggiungo, proprio come accadeva all'inizio del '900, le famiglie del posto (circa una trentina).
Sostenuto da: Condotta Slow Food Alta Irpinia, Condotta Slow Food Valle dell’Ufita e Taurasi, con il contributo del Premio Rita Abagnale.
Cipolla rossa di Breme (Lombardia)
Il primo Presidio Slow Food della Lomellina è la mitica Cipolla rossa di Breme. Coltivata nel territorio del piccolo comune di Breme, questa cipolla colpisce innanzitutto per il suo peso, si aggira infatti attorno ai 600/700 grammi ma supera con frequenza anche il chilo. Si può dividere in due tipologie: la quarantina, dalla forma marcatamente piatta, e la nostrana, un po' più tondeggiante. In cucina è conosciuta come "la dolcissima", per il suo sapore delicato frutto del terreno in cui nasce, a breve distanza dalla confluenza tra Po e Sesia. Questo la rende ottima per la preparazione di insalate, zuppe e frittate. Oggi a produrla sono sedici realtà locali.
Sostenuto da: Comune di Breme e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Grano saraceno della Valnerina (Umbria)
In Valnerina la presenza del grano saraceno è attestata già dal Medioevo e in alcuni scritti dell’epoca viene citata anche come pianta medicinale. Naturalmente privo di glutine, il grano saraceno della Valnerina viene preparato in questa zona dell'Umbria nella tradizionale zuppa, assieme alle lenticchie, aromi, olio extravergine d'oliva. È perfetto anche impiegato in risotti, insalate e, dopo la trasformazione in farina, per biscotti, pane, pizza e pasta. Sono tre i produttori che oggi hanno ripreso la sua coltivazione.
Sostenuto da: Davines
Uva pizzutello di Tivoli (Lazio)
A Tivoli, dove ha trovato clima e terreno ideali per crescere, si trova un'uva molto particolare, caratterizzata dai suoi acini allungati e lievemente ricurvi. Si tratta dell'Uva Pizzutello di Tivoli, conosciuta dagli abitanti della zona anche come uva corna, perfetta per la tavola con la sua buccia sottilissima verde pallido e la polpa dolce. Nel Tiburtino è una vera e propria istituzione, tanto da essere stata impiegata nel corso della storia come dono per i papi Leone XIII e Pio X. Ogni anno, alla fine dell’estate, si celebra con la Sagra del Pizzutello.
Sostenuto da: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Cipolla di Airola (Campania)
Nel Beneventano, la Cipolla di Airola ha una tradizione profonda e radicata, tanto che nel passato gli abitanti della zona venivano chiamati "cipollari". Caratterizzata da una forma oblunga e tunica esterna dal tono ramato, questa cipolla non è soltanto indicata per zuppe di fave e frittate ma è anche l'ingrediente chiave della Genovese, uno dei sughi campani più noti. Nella prima metà del secolo scorso era molto diffusa, tendenza che proseguì fino agli anni Sessanta, quando industrializzazione e abbandono della terra ne causarono il declino. Oggi i produttori sono quattordici e i comuni interessanti, oltre a quello di cui porta il nome, sono anche quelli di Bucciano, Bonea, Moiano, Montesarchio, San Martino Valle Caudina, Cervinara, Rotondi, Paolisi, Arpaia.
Sostenuto da: Comune di Airola, Comune di San Martino Valle Caudina, Cittadini di Airola e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Antichi meloni reggiani (Emilia Romagna)
Nella provincia di Reggio Emilia la coltivazione di meloni ha una lunga tradizione, in particolare nelle valli tra Novellara, Guastalla e Santa Vittoria. Le varietà che si trovavano in commercio qualche decennio fa erano più di quelle di oggi. Il nuovo Presidio Slow Food dedicato agli antichi meloni reggiani vuole proprio recuperare e valorizzare le tipologie di cucurbitacee quasi dimenticare che si trovano qui, dal Melone Rospa (sapido e leggermente piccante, eccellente dunque cotto al forno) al Melone Rampinaro (rampicante e con note pepate, che ne fanno una buona aggiunta alle insalate), fino al Melone Banana (che richiama il frutto nel colore della polpa come nel sapore). L'attuale area di produzione coincide con le zone di pianura e pedecollinari della provincia di Reggio Emilia, ma anche aree omogenee e limitrofe delle province di Parma, Cremona e Mantova.
Sostenuto da: Emil Banca - Credito Cooperativo e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Nuovi Presidi Slow Food 2020: l'elenco
- Fagiolo della regina di Gorga (Campania)
- Pesca dal buco incavato (Emilia Romagna)
- Pecorino di Carmasciano (Campania)
- Cipolla rossa di Breme (Lombardia)
- Grano saraceno della Valnerina (Umbria)
- Uva pizzutello di Tivoli (Lazio)
- Cipolla di Airola (Campania)
- Antichi meloni reggiani (Emilia Romagna)