Ad un anno dal primo lockdown, il mondo della ristorazione in Italia e nel mondo è ancora in un momento di grande difficoltà. La chiusura dei locali prolungata ha costretto diverse attività a rimettere in discussione scelte e progetti.
Già con la primavera 2020 e l'attentarsi delle prime durissime restrizioni, avevamo dato voce a restaurant manager, maître e sommelier dei grandi ristoranti, poiché è stato il loro lavoro, se possibile ancor più della cucina, a subire le maggiori trasformazioni. In quel momento si parlava di una ripartenza che effettivamente c'è stata, salvo poi dover fare in conti in autunno con la reintroduzione di molteplici divieti che ci siamo portando ancora oggi.
Abbiamo dunque deciso di interrogare nuovamente i protagonisti della sala. Un'occasione per riflettere, tirare le somme su quali scelte sono state vincenti e quali no, ma anche per ragionare sul futuro, senza dimenticarsi di evidenziare i problemi. Ecco le loro testimonianze.
Parlano i protagonisti della sala
Liana Genini, Sedicesimo Secolo (una stella Michelin, Pudiano - maître e sommelier)
«l servizio di sala italiano - così come la ristorazione in generale - è un'eccellenza con cui è difficile competere a livello globale. Nonostante questa premessa lo Stato ci ha abbandonato senza pensarci due volte, non solo come impresa ma anche a livello di personale: la cassa integrazione che non arriva spinge molti dipendenti di sala a ritirarsi e proseguire con altri lavori che non sono stati per fortuna toccati dalla situazione sanitaria. Oltre ad agire per affrontare il Covid come azienda, ho dovuto stimolare le mie ragazze di sala affinché non "abbandonassero" un'attività ormai chiusa da quasi un anno. Come? Analizzando con loro i nostri punti di forza e quelli da migliorare, confrontandoci».
Matteo Zappile, Il Pagliaccio (due stelle Michelin, Roma - restaurant manager)
«È stato un anno intenso, ricco di nuove e strane emozioni. Io l’ho vissuto con il mio team, reinventando il concetto di brigata di sala. Tutti insieme abbiamo infatti affrontato la sfida del delivery, con le consegne a domicilio e le Home Experience Box. Ci siamo reinventati ogni volta, a seconda del colore della nostra regione, senza mai perderci di animo. Abbiamo poi ripensato il servizio de Il Pagliaccio e ci siamo anche dedicati alle tante cene fatte a casa dei nostri clienti, che ci hanno supportato durante questo lungo anno. La sala ha riscoperto il senso della squadra, il significato di team, di lavorare insieme per un obiettivo comune».
Sokol Ndreko, Lux Lucis (una stella Michelin, Forte dei Marmi - maître)
«Il primo lockdown, inaspettato e sconvolgente, è arrivato segnando i nostri percorsi e cambiando la nostra normalità, dando al contempo linfa ad un nuovo inizio, un nuovo modo di fare l’accoglienza. L’intesa attraverso la lettura del linguaggio non verbale, fatta di piccoli gesti, di sguardi, è diventata fondamentale per regalare all’ospite un’esperienza rilassante. Un aspetto su ci siamo concentrati anche durante le chiusure successive. Attraverso riscoperti modi di comunicazione, abbiamo trovato vecchi e nuovi produttori ai quali abbiamo trasmesso la nostra vicinanza in questo momento difficile, cercando di stringere rinnovati legami e rafforzare quelli esistenti. Fortunatamente al Principe Forte dei Marmi abbiamo dehors e ampi spazi per il distanziamento che non necessitano ulteriori cambiamenti. Ciò che cambierà invece sarà una maggiore responsabilità nei confronti dei nostri ospiti. Tutto il team si muoverà con grande sensibilità, eleganza e leggerezza, per dare un benvenuto ancora più caloroso.»
Benedetta Canovi, Il Marin (Genova - restaurant manager)
«Quest’ultimo anno per me è stato un anno particolare, perché la pandemia ha coinciso con il mio cambio di vita lavorativa: da Milano a Genova, da Restaurant Manager di tutta la parte ristorativa di Eataly Milano a Restaurant Manager del ristorante fine dining Il Marin dello chef Marco Visciola. Se la posizione era la stessa, l’approccio e la gestione è cambiato. Abbiamo applicato tutte le normative richieste, abbiamo affinato l’intesa tra il personale di sala e la brigata in cucina, stabilendo comportamenti e movimenti ben precisi per ognuno, imparando a "parlare" molto di più con soli sguardi o piccoli gesti. Abbiamo trasformato la negatività della chiusura in positività, facendo corsi di formazione e di aggiornamento, abbiamo scoperto nuovi fornitori, abbiamo lavorato sull’essere un team anche in situazioni così, supportandoci l'uno con l’altro. Un altro punto importante è che la limitazione dei coperti, che era già in programma, ci ha permesso di migliorare il rapporto con i clienti, ristabilendo un rapporto di reciproca fiducia e serenità nel vivere l’esperienza. La riapertura a giugno è andata bene, i clienti abituali che nei mesi di chiusura aggiornavamo con le nostre iniziative, sono tornati tutti, complice anche il fatto dell’apertura per la stagione estiva del nostro Bistrot Anciôa, in riva al Porto Antico. Durante il secondo lockdown abbiamo declinato il servizio in sala nell’offerta delivery, dall’accoglienza virtuale, con la ricezione dell’ordine, alla cura e attenzione nella preparazione delle box e dei piatti, fino alla richiesta finale di un feedback sull’esperienza. Un percorso dove abbiamo mantenuto la dimensione umana, identico ma al contempo parallelo a quello fisico al ristorante. In futuro conterà sempre di più l’attenzione a far stare bene il cliente, una maggiore sensibilità e crescente attenzione ai dettagli».
Egidio Giovannini, MU dimsum (Milano - maître)
«Dal primo lockdown abbiamo vissuto un anno di continui cambiamenti. Questa forse è stata la parte più difficile: il doversi riadattare nel corso dei mesi, a volte di poche settimane, a nuovi modi di lavorare. La prima fase è stata molto complicata, insieme alla proprietà mi sono trovato, improvvisamente, a dover impostare il servizio delivery, che prima non fornivamo. Si andava dalla ricerca del software fino a contribuire come rider, esperienza in realtà molto piacevole: incontrare i clienti, dietro la mascherina, oltre la porta, era ogni volta una grande emozione. La struttura del nostro locale ci ha permesso, alla riapertura, di non dover rivoluzionare la sala e la sua gestione; l’igienizzazione costante delle mani, l’uso della mascherina sono diventati abitudini automatiche per tutti noi. Il nostro staff ha mostrato serenità nell’affrontare le nuove regole, forte anche del fatto che abbiamo un impianto di aerazione che garantisce un continuo ricircolo d’aria dall’esterno, un elemento importante per la tranquillità nostra e dei clienti. Devo dire che è stato bello percepire il senso di fiducia di questi ultimi nei nostri confronti, nonché la grande collaborazione nel fornire i dati necessari per il tracciamento, per la misurazione della temperatura. Un po' più difficile è stato far accettare l’impossibilità di ospitare le cosiddette tavolate, dovendo spiegare come fosse per noi impossibile accogliere allo stesso tavolo oltre un certo numero di persone. Ora che siamo di nuovo chiusi abbiamo scelto di dedicarci alla formazione, il tempo è prezioso e approfitteremo di queste settimane per dedicarci ad approfondire diverse tematiche, dai distillati cinesi, ai vini a come migliorare il servizio. Praticamente sia anche noi in DaD!»
Simone Gussoni, L'Aria (una stella Michelin, Mandarin Oriental Lago di Como, Blevio - Food & Beverage manager)
«Il 2020 è stato indubbiamente un anno difficile per l’hotellerie e per la ristorazione in particolare. Dal mio punto di vista di Director of Food&Beverage di un resort sul lago siamo stati relativamente fortunati: abbiamo potuto aprire sia le camere che i ristoranti. Sia al CO.MO Bar & Bistrot che al ristorante L'Aria abbiamo fatto di tutto per regalare momenti di evasione e spensieratezza agli ospiti, tanto interni quanto esterni, che sono venuti a trovarci. Per il personale di sala non è stato facile. Siamo quelli che accolgono l’ospite e lo accompagnano attraverso tutta l’esperienza e la nostra sfida più grande è stata quella di trovare metodi alternativi di comunicazione. Con i sorrisi e la maggior parte delle espressioni del viso nascoste dalla mascherina, ci siamo trovati lasciare che fossero i nostri occhi a trasmettere tutta la nostra passione per questo lavoro. Ora siamo pronti e carichi di entusiasmo per la stagione 2021. Non dimenticheremo certo gli insegnamenti dell’anno appena trascorso, e continueremo a dare il massimo per far sì che i nostri ospiti si godano i nostri drink e le prelibatezze dei nostri chef, accompagnati da una vista mozzafiato sul lago di Como, in totale sicurezza».
Elisa Gulfer, Eden's Park (Villa Eden, Merano - maître e sommelier)
«Come Villa Eden siamo stati insigniti del titolo di primo Covid Safe Hotel d'Europa. Dando quindi delle garanzie superiori, posso dire che per noi non è cambiato nulla. Dopo la prima riapertura potevamo persino, per legge provinciale, mantenere i buffet delle verdure o per la colazione, rispettando però alcune accortezze, come i guanti monouso. Naturalmente, per chi lo preferiva, c'era la colazione direttamente al tavolo e il room service. Inoltre abbiamo mantenuto l'abbondante distanziamento dei tavoli. Tutti i collaboratori servono ora con guanti di stoffa bianchi anche alla prima colazione, mentre erano già abituati per il servizio del pranzo e della sera. Non è cambiato nulla nel processo di preparazione delle pietanze, da sempre scrupoloso in ogni dettaglio. Abbiamo soltanto introdotto la disinfezione delle carte menu, così come delle sedie dopo ogni servizio».
Rudy Travagli, Enoteca La Torre a Villa Laetitia (una stella Michelin, Roma - restaurant manager)
«Galileo diceva che dietro ogni problema esiste un'opportunità. È stato ed è tutt'ora un anno surreale, durante il quale la ristorazione ha subìto umiliazioni costanti. Noi di Enoteca La Torre, fra lockdown da film apocalittico e sacrifici enormi per non lasciare a casa nessuno, abbiamo scelto di non fermarci, di cambiare pelle al core business aziendale, incentrato soprattutto sull'organizzazione di eventi e matrimoni. A partire da giungo, infatti, abbiamo avviato tre nuove attività, partendo dalla Dogana a Capalbio per poi passare al Bistrot a Roma, locale che ospita anche lo shop delle Eat Me Box. Ancora Capalbio con il nuovo esclusivo Glamping. Per questo motivo stiamo addirittura facendo colloqui di lavoro per ampliare il nostro staff. Prima del covid il nostro ristorante stellato a Villa Laetitia era frequentato soprattutto da stranieri e persone provenienti da altre regioni. In questo periodo, caratterizzato da continui cambi di colore e restrizioni, abbiamo avuto la possibilità di interagire con un nuovo cliente: il romano. La sala? Diminuiscono i coperti, ovvio, ma aumenta esponenzialmente l'attenzione da parte nostra verso il cliente. Ora si vede chi è davvero bravo».
Anna Leizeriuc, Aurevo Restaurant (Castel San Pietro Terme - maître)
«Il nostro lavoro è cambiato molto, pur essendo rimasto nella sua essenza lo stesso. Accogliere i nostri ospiti e seguirli con attenzione ad ogni dettaglio era e sempre sarà il cardine del nostro mestiere, ma personalmente ritengo che l’introduzione di gesti e procedure totalmente nuovi lo abbia cambiato in maniera sostanziale. Penso al rilevamento della temperatura all’ingresso o ai ripetuti inviti ad igienizzarsi le mani e a mantenere il distanziamento o la mascherina indossata: sono tutti nuovi rituali che è necessario saper proporre ai clienti con un sorriso e la giusta sensibilità, facendoli sentire sempre a proprio agio e mai sotto sorveglianza».
Fabio Santilli, Gabbiano 3.0 (una stella Michelin, Marina di Grosseto - maître e sommelier)
«Il 2020 era iniziato con grandi progetti, idee e obiettivi, devo dire che a distanza di un anno, la grande voglia di mettermi in gioco mi ha portato a sposare il progetto Gabbiano 3.0, L'estate 2020 è stata dura e molto al di sopra di quelle che erano le aspettative. Particolarmente nei mesi di luglio, agosto e settembre. L'approccio dei ristoranti che ho la fortuna di rappresentare e gestire non è cambiato a causa del Covid: gli alti standard si avevano già prima e le distanze tra commensali erano già superiori al metro e mezzo. La grande differenza è stato l'obbligo della mascherina, che ci ha insegnato a sorridere con gli occhi. La più grande differenza con la sala pre Covid? La pianificazione: prima della pandemia si riusciva ad organizzare il lavoro e gli organici in maniera più semplice e sulle basi dello storico aziendale, del progetto e degli obiettivi che si volevano raggiungere. L'attuale mancanza di certezze porta invece a una riduzione del personale e ad incognite non indifferenti. Nella mia esperienza precedente a Il Piccolo Principe ho cercato di creare uno stile moderno e allo stesso tempo maniacale nella gestione. Le attenzione, con il Covid, non per forza di cose cresciute e questo rimarrà: far vivere un'esperienza in un luogo sicuro, sanificato al meglio sarà un impo biglietto da visita importante biglietto da visita.»
Roberta Corradin, Il Consiglio di Sicilia (Scicli - maître e owner)
«Dopo il primo lockdown, abbiamo deciso di chiedere una consulenza a un medico gourmet prima di ripartire. È stato importante scegliere un medico particolarmente interessato alla cucina, il suo approccio nell'indicarci le prassi da seguire è stato gaudente, pragmatico nel darci dritte perché gli ospiti si sentissero in sicurezza. sabiamo inoltre seguito un corso su come trasmettere il concetto di accoglienza e la nostra vicinanza agli ospiti, specialmente agli habitué, senza le strette di mano e indossando mascherine. Dopo i primi aggiustamenti è stato facile. gli ospiti hanno più consapevolezza, gli si spiega che i tavoli sono assegnati in funzione del distanziamento e mostrano comprensione e alla capacità di adattamento. I nostri movimenti e le prassi che si seguiamo sono come quelle di un balletto, da imparare e coordinati. Un'altra nostra invenzione? La sala a distanza. Siamo il primo ristorante siciliano che raggiunge con il menu delivery tutta Italia e anche l'Europa. I nostri ospiti più affezionati ci chiamano su zoom prima, durante, dopo la cena. Scambiamo due chiacchiere, i saluti, ci ringraziano per averli fatti sentire un po' in Sicilia nonostante la distanza».
Enrico Moschella, George Restaurant (una stella Michelin, Napoli - maître)
«L’ultimo anno è stato dominato dal disorientamento e dall’incertezza e noi attori del mondo della ristorazione ed hospitality abbiamo pagato il prezzo più alto purtroppo. Far convivere il rispetto delle regole con l’arte dell’accoglienza non è facile. Io e il mio team ci impegniamo ogni giorno affinché i nostri ospiti riescano a vivere al George Restaurant un’esperienza che, nonostante le restrizioni, sia pur sempre memorabile. Non saranno certo la mascherina, il distanziamento tra i tavoli o la mancata stretta di mano a spegnere la luce e l’entusiasmo nei nostri occhi, mentre siamo artefici per i nostri ospiti di un momento di evasione dalla quotidianità. Per loro rappresenta un’esperienza di ritrovata felicità. La pandemia è stata la conferma che non vi sono certezze assolute e il mondo della ristorazione da questo momento dovrà adattarsi con ulteriore flessibilità al cambiamento che la vita ci impone, mantenendo un’unica consapevolezza: non perdere mai la voglia di far vivere all’ospite il calore della passione».
Antonella Butticé, Il Moro (Monza - maître e sommelier)
«In quest’ultimo anno la ristorazione ha dovuto adattarsi, è tutto cambiato, con paure, incertezze, tra apri, chiudi, sposta, misura, calcola, igienizza. Ancora studio delle nuove normative di sicurezza e sanitarie, con formazione di tutto il personale per la tutela degli ospiti e di noi stessi. Mancano i gesti di accoglienza che caratterizzava l’operatore di sala, iniziando con il sorriso, al momento dell’ingresso al ristorante. Oggi non è più possibile il contatto, bisogna stare lontani e rispettare le distanze, dopo il saluto bisogna ricordare di igienizzare le mani e controllare la temperatura. Ma non ci perdiamo d'animo e anzi la sala ha imparato a sorridere con gli occhi, ad esprimere serenità con un gesto, a rendere indimenticabile l'esperienza culinaria coccolando gli ospiti, per fagli godere i pochi momenti di libertà che questo anno trascorso ci ha concesso e tutt'ora ci concede».