Il primo giorno di scuola elementare Pasquale Fimognari si è dovuto presentare ai suoi compagni di classe. Ogni bambino, a turno, doveva dire chi fosse, cosa gli piacesse fare e quali fossero i suoi sogni per il futuro. Lui si è alzato in piedi e ha detto, sicuro e senza esitazioni: "Da grande farò il cuoco".
Venticinque anni dopo, l'obiettivo è raggiunto. Pasquale è il sous chef di Marco Stabile all'Ora d'Aria, una stella Michelin a Firenze. Merito degli studi, dell'impegno, della determinazione, certo. Ma anche della famiglia. "Una tipica famiglia del Sud, dove il mangiare era la cosa più importante" spiega lui "E poi siamo una stirpe di cuochi. Ho due zii che lavorano in cucina, di cui uno a Rimini: è lì che ho fatto le mie prime stagioni, lavoretti come aiuto-cameriere prima, e cuoco poi".
E a Firenze com'è arrivato?
Partendo dagli Stati Uniti! Una persona che conoscevo a Los Angeles mi ha presentato Marco Stabile. E sono arrivato all'Ora d'Aria prima ancora che prendesse la stella, nell'ottobre 2013. Siamo subito entrati in grande sinergia e affiatamento a livello umano, di idee. Poi lui è mezzo siciliano, forse ci troviamo bene anche per questo: c'è un gusto deciso nella sua cucina, come si trova al Sud, una spinta in più. Penso a uno degli ultimi dessert che abbiamo fatto, Fragole, fragole, fragole: una concentrazione assoluta di sapori forti e immediati.
È difficile trasferirsi a Firenze per uno nato a Siderno, in Calabria, a 800 metri dal mare?
Ecco, il mare: quella è la cosa che mi manca di più. E poi qui ho trovato molti conterranei, a Firenze vivo con due ragazzi de mio paese. Noi calabresi siamo dappertutto! Io sono il classico "emigrato" che fa la lista e si fa recapitare a casa il pacco con sottoli e sottaceti, la Brasilena (una sorta di gassosa al caffè) e le salsicce. Piacciono così tanto allo chef che ormai ne chiedo sempre il doppio, per darne anche a lui.
La Calabria, gastronomicamente parlando, è una regione poco nota. O meglio, poco valorizzata. Pensa mai di tornare?
Un giorno sicuramente. L'ho sempre pensato. Nel mio piccolo, vorrei fare conoscere la mia regione: sono pochi i ristoranti stellati e manca proprio la cultura dell'alta cucina. Al ristorante si va solo il sabato sera per stare insieme la famiglia e gli amici, mangiare tanto e spendere poco. Non c'è la mentalità giusta per ristoranti di un certo livello, ma proprio per questo bisogna insistere. È una delle poche regioni in cui non c'è neanche un JRE (Jeunes Restaurateurs d'Europe): spero che qualcuno ci arrivi anche prima di me ma, ovviamente, mi piacerebbe essere il primo.
Trent'anni e già un ruolo di responsabilità così grande: quanto è difficile il tuo lavoro?
Devi avere moltissima passione. Se non ti piace o non riesci, e ti limiti a cucinare, ma non a fare lo chef. Più vai avanti più hai responsabilità, non hai il tempo materiale di coltivare un hobby. Non riesco nemmeno più ad andare a calcetto! Anche nel momento della pausa pensiamo a qualche cosa di nuovo, sperimentiamo qualche ingrediente. E anche a casa amo cucinare, o girare per ristoranti.
Cos'è che non le piace vedere, quando è seduto al tavolo di un altro ristorante?
Materie prime stravolte, basse temperature a tutto spiano, la voglia di stupire a tutti i costi. Troppa tecnica, a scapito di tutto il resto. Perché non si trova più, nei menù, uno spaghetto al pomodoro? Non sto dicendo che all'Ora d'Aria proponiamo solo sapori semplici, ma riconoscibili sì.