Quando si parla di spezie, c'è uno e un solo protagonista indiscusso: il pepe. Presente in ogni ricetta e in ogni bancone del supermercato, e ormai sdoganato in varietà che vanno ben oltre il classico "pepe nero in grani".
Che poi, questo pepe nero, da dove viene? Il Piper nigrum è una pianta, e i grani di pepe altro non sono che piccoli frutti essiccati. Quello nero viene bollito ed essicato, quello verde non viene bollito né giunge a maturazione, quello bianco viene bollito e "pelato". Insomma, vengono tutti dalla stessa pianta, ma subiscono diversi processi di lavorazione. Il termine preciso per i frutti in realtà è drupe, che si usa per indicare frutti carnosi con semi ossei. Il pepe nero è originario dell'India del Sud, ma ormai un terzo della produzione mondiale viene dal Vietnam.
E quanto alla storia, invece? Già nel quarto secolo avanti Cristo erano considerati un bene di lusso. In un brano di Plinio Il Vecchio, ad esempio, scopriamo quanto fosse costoso: "Non c'è anno in cui l'India non prosciughi all'Impero Romano cinquanta milioni di sesterzi [...] È abbastanza sorprendente che l'uso del pepe sia diventato così di tendenza, considerato che [...] la sua unica qualità desiderabile è una certa pungenza". E quando Alarico, re dei Visigoti, prese Roma, tra le sue richieste per liberare la città c'erano 3000 tonnellate di pepe. Altra curiosità: durante il Rinascimento il monopolio sul commercio europeo di pepe apparteneva all'Italia. E il viaggio di Vasco de Gama verso l'India, nel 1498, era un modo per il Portogallo di tagliare fuori il nostro paese e trovare una "rotta" oceanica del pepe per i fatti propri.
Ma la "certa pungenza" di cui parlava Plinio da cosa è data? A rendere pepato il pepe è una sostanza chimica chiamata piperina, che viene dal latino piper, a sua volta derivato dalla parola dravidica pippali. Ed è dalla metà del 1800 che il termine viene usato in senso figurativo: una persona "peperina" è qualcuno vivace, ricco di spirito ed energia.