Dopo aver lavorato in Svizzera per molti anni, passando dalla cucina di Pietro D'Agostino, a La Capinera di Taormina, il giovane Peppe Torrisi, formazione all'alberghiero di Giarre, è ora chef presso Talè Restaurant & Suite di Piedimonte Etneo, in provincia di Catania.
Noi di Fine Dining Lovers l'abbiamo intervistato. Ecco cosa ci ha raccontato Peppe Torrisi sugli inizi, la carriera e il suo lavoro quotidiano presso l'elegante hotel siciliano.
Com'è iniziato il suo percorso in cucina?
Il mio percorso in cucina è iniziato da piccino. Sono cresciuto tra gli odori del forno di casa, la cucina della nonna, dalla quale ho appreso l’amore per la panificazione, imparando da mio padre il rispetto per la terra e la cura dell’orto, prendendomi cura del pollaio di casa. Gli stimoli per innamorarmi della cucina c’erano tutti e si univano perfettamente alla tradizione della mia famiglia. Poi ovviamente la scuola alberghiera ha fatto il resto e da lì in poi non ho mai più smesso di cucinare.
Qual è stato il vero “salto”?
Il salto, quello vero, l’ho fatto andando via dall’Italia per un po’, l’esperienza all’estero ti arricchisce e ti fortifica come persona. Ho avvertito di aver fatto un grande passo avanti, lavorando nella cucina del ristorante Le table D’Adrien, 1 stella Michelin dell’hotel Chalet D’Adrien a Verbier, in Svizzera.
E com'è arrivato al Talè Restaurant & Suite?
Quando mi hanno chiamato da Talé mi trovavo ancora in Svizzera, ma in me era già forte la volontà di ritornare nella mia isola. C’era in gioco una duplice sfida, mettermi alla prova come primo chef e farlo addirittura per una nuova apertura. Non nascondo di aver trovato difficoltà, immagino comuni a chi si accinge a creare qualcosa di nuovo: c’era da trovare la squadra di collaboratori e dare la giusta direzione al ristorante. Nonostante i sacrifici, i risultati sono arrivati prima di quanto sperato.
Vista la sua esperienza, in cosa un ristorante all'interno di un hotel differisce maggiormente da un ristorante "classico"?
Ovviamente, rispetto al classico ristorante con una o due aperture al giorno, l’hotel richiede una valutazione globale per garantire un lavoro continuo e costante di 24 ore. Inoltre Talé ospita eventi privati, quindi bisogna far conciliare le due realtà ristorative di una cucina slow di sapori insieme ad un momento di più caotica festività.
C’è qualcuno che considera il suo maestro?
Ogni chef per il quale ho lavorato mi ha insegnato qualcosa, ma tra tutti devo ringraziare Pietro D’Agostino, Mirto Marchesi ma soprattutto Gianluca Mignemi.
II primo consiglio che darebbe ai giovani cuochi che vogliono crescere in questo lavoro?
Bisogna avere tenacia e voglia di imparare. Il lavoro in cucina è sacrificio e rinuncia, bisogna metterlo in conto se si decide di affrontare davvero questo percorso.
Quali sono i piatti più rappresentativi della sua cucina?
I piatti che rappresentano la mia cucina sono quelli semplici, quelli che mangerei per le festività con la mia famiglia. Direi i piatti che cucinava mia nonna. Ecco, forse direi proprio la pasta al pomodoro come la faceva mia nonna, piatto che io oggi propongo ai miei clienti al ristorante. Ma mi piace stupire e mettermi alla prova anche con piatti nuovi che richiedono tecnica, trovo sempre interessante proporre il buon pescato del nostro mare siciliano.