Giovani, talentuosi e intraprendenti. Ma soprattutto, campani. Un’intera generazione di chef sparsi per l’Italia e originari di Napoli e dintorni sta portando alla ribalta la cucina della terra delle Sirene. Con un approccio gastronomico che omaggia le proprie origini, eccoli reinterpretare con twist contemporanei i sapori della Costiera Amalfitana e non solo, portando il sapere di un ricco patrimonio culinario in giro per la Penisola. Si trovano a Capri, così come a Milano o a Venezia. Tutti accomunati dal fattore C, la Campania e suoi prodotti, che portano nel cuore e che riescono a comunicare attraverso il cibo. Alcuni di loro sono stati chiamati a raccolta dallo chef partenopeo Roberto Di Pinto, che da anni è stato adottato dalla città della Madonnina, oggi alla regia di Sine by Di Pinto.
Per due sere, il suo ristorante meneghino si è trasformato in una vera e propria “Ambasciata Campana”, con cinque chef chiamati a interpretare con le proprie creazioni il limone Costa d’Amalfi igp, il cosiddetto “sfusato”, per la sua particolare forma affusolata. Un agrume che cresce solo in un’area piccola e ben delimitata, ossia nei comuni della Costiera Amalfitana, e si distingue per una buccia di spessore medio, dal profumo molto intenso, perché particolarmente ricca di oli essenziali. È il limone che viene usato per produrre il limoncello e che, nelle mani degli chef, cambia forma e consistenza, sorprendendo il palato in viaggi aromatici che partono dalla Campania per arrivare in terre lontane.
Il limone Costa d’Amalfi igp nell’interpretazione degli chef campani
Il limone, così, diventa l’originale fil jaune per narrare la trasformazione della cucina campana, affidata a una giovane generazione di chef che non si fermano alla tradizione, ma anzi evolvono con i suoi sapori e i suoi ingredienti iconici.
Il carpaccio viaggia tra la Campania e il Giappone nell'interpretazione di Valentino Palmisano, chef di origini napoletane con trascorsi in Cina e nel Paese del Sol Levante, che si è fatto conoscere al Vespasia di Norcia, in Umbria, poi a La terrazza degli dei ad Agrigento. Oggi è impegnato in un’imminente nuova apertura nell’Astigiano. Tutta la sua esperienza viene racchiusa nel suo Carpaccio a base di punta di sottofesa stagionata 60 giorni, con limone nero e misticanza di ponzu.
Descrive un nuovo mondo fatto di fermentazioni e di sapori veraci l’incredibile Risotto tra la Costiera e l'Oman di Francesco Sodano, un altro giovane talento della cucina contemporanea campana, impegnato ai fuochi del ristorante Local di Venezia, una stella Michelin, assieme al fratello Salvatore. “Il limone viene trattato come il tradizionale lime nero dell’Oman, un prodotto che compie un viaggio da una parte all’altra del Paese, facendo la traversata del deserto: una volta arrivava disidratoato, essiccato, oggi è stato trasformato in una spezia per questioni di sosteniblità”, racconta lo chef. “Con la stessa tecnica ho trattato il limone sfusato Costa d’Amalfi igp, per ottenere la polvere presente sul risotto, che viene cotto in un brodo dashi partenopeo (preparato sostituito l’alga kombu con l’alga partenopea, lattuga di mare, e il katsuobushi con alici in essiccazione), mantecato con un burro acido al limone, addolcito con zucchero e zafferano”, spiega. Al piatto viene completato con una polvere di capperi lattofermentati e una soluzione di sedano, bottarga e limone nero.
Cristoforo Trapani è un altro giovane talento originario della Penisola Sorrentina. Ha conquistato la sua prima stella Michelin al ristorante La Magnolia di Forte dei Marmi nel 2015. Qui è rimasto sino allo scorso anno, prima di tornare in Campania per una parentesi al Caruso Belmond di Ravello. Oggi lavora come private chef, nell’attesa di dedicarsi a un nuovo progetto. Il profumo di agrumi emerge dalle acque assieme al suo Morone alla Mugnaia. “Viene cotto in oliocottura, con cuore a 42 gradi, servito con salsa alla Mugnaia, con estrazione di prezzemolo, asparagi, bottarga di tonno rosso e limone”. Il risultato? Un piatto dal gusto delicato e allo stesso tempo avvolgente.
Luigi Lionetti, che a Le Mozù a Punta Tragara, Capri, è rimasto nella sua isola. Qui ha conquistato una stella Michelin con l’edizione 2019 della “Rossa” e ancora oggi un astro illumina la sua cucina. In questo caso il limone si unisce ai sapori di terra, in un piatto che omaggia totalmente i sapori campani: Maiale nero, mela annurca, indivia e limone. Una composizione gustosa, equilibrata e ben eseguita.
Ma il limone sfusato, con i suoi intensi sentori, è un ingrediente principe dei dessert. Roberto di Pinto, che vanta trascorsi nel laboratorio della mitica pasticceria napoletana Scaturchio, si fa interprete d’eccezione della sua essenza e lo restituisce al palato esaltandone la sapidità, in un dessert che vede l’impiego del caviale oscietra Ars Italica Il suo Limone e caviale, è un Paris-Brest che passa da Napoli. “Una zeppola di San Giuseppe, farcita con una crema al limone: ho voluto giocare con le sapidità, sopra c’è il caviale, ma anche a parte, con una birra di ostrica che viene servita in accompagnamento: ho fatto fermentare le ostriche, cotte in un caramello, poi ho aggiunto la birra Capri, e ho creato un’aria con acqua di mare e zucchero”. Il limone che non ti aspetti è anche questo.
Tutte le foto Mariarosaria Bruno