C'è il famoso detto che recita “del maiale non si butta niente”, a indicare la versatilità delle varie parti del suino. Numerose, infatti, sono le ricette popolari pronte a confermarlo, perché dedicate a ingredienti meno nobili rispetto alla saporita arista o al succulento stinco. Uno dei questi sono i così detti “piedini” o “zampetti”. Si tratta, né più né meno, delle zampe del maiale. Considerate di solito parti di scarto, si rivelano, in realtà, una vera e propria leccornia.
È difficile stabilire l’origine specifica delle ricette che riguardano gli zampetti perché, di fatto, sono diffusi fin da tempi antichi in tutte le zone più povere della penisola italiana. Spesso, facevano parte della dotazione di tagli dati come forma di pagamento ai contadini che lavoravano le terre dei ricchi nobili, o che contribuivano alla macellazione dei suini.
Le parti nobili ai nobili, le parti povere ai poveri. Tagli di valore pressoché nullo per i quali ci si ingegnava nell’inventare ricette sempre diverse che dessero loro sapore. In realtà, le zampe di maiale sono saporite già di loro: per composizione, se cotte nel modo corretto, regalano un gusto tendente al dolce, e una consistenza vellutata e molto gradevole. Anche per questo, sono diventati un ingrediente utilizzato da rinomati chef, intenti a riscoprire e rivisitare gli ingredienti della cucina povera.
Dicevamo che i piedini di maiale sono, appunto, le zampe, quindi arti inferiori di un animale pesante e in movimento. Per questo sono parti composte, essenzialmente, da tendini e pelle grassa (la tanto amata “cotica”). Questo porta a una prima conseguenza: vanno cotti per lungo tempo, perché ricchi di collagene, vale a dire una proteina. Se siete appassionati di brodo d’ossa, ricorderete che questo, grazie proprio al collagene, diventa denso e saporito.
Ed è proprio per via del collagene che il brodo ottenuto dalla cottura dei piedini è usato per ricavare dell’eccellente gelatina da usare nei piatti salati, con l’aspic. Quel che rimane in pentola, a questo punto, è una preparazione molto equilibrata, dove i tendini ormai teneri si uniscono alla cotica saporita e “fondente”.
Come cucinare i piedini di maiale
Sino a qui abbiamo esposto tutto ciò che riguarda i principi di base, ma adesso cerchiamo di capire come si cuociono in modo corretto i piedini di maiale.
La parte più importante è la preparazione iniziale. Occorre lavarli molto bene una prima volta, poi asciugarli e fiammeggiarli, ossia passarli velocemente sulla fiamma del gas per bruciarne i peli che inevitabilmente vi si trovano. A questo punto si sciacquano di nuovo e si mettono in una pentola coperti d’acqua e con sale grosso, carote, sedano e cipolla.
Una volta che iniziano a bollire, mettete la fiamma al minimo e lasciate cuocere per molto tempo. Non esiste una durata precisa, perché varia molto in base a grandezza e quantità di collagene, ma direi non meno di tre ore. C’è chi usa la pentola a pressione, per un’oretta, ma con questa è difficile stabilire se il piedino sia cotto a dovere, punzecchiandolo con una forchetta.
Una volta cotti, vanno scolati e serviti immediatamente, accompagnati da cren e verdure bollite o radicchio al forno. C’è chi va oltre, mettendo i piedini scolati e disossati in una pirofila, cospargendoli di pangrattato irrorato di olio e Parmigiano, e mettendoli in forno pre-riscaldato a 200°C, per circa mezz’ora. È una variante sfiziosa e più elaborata, da proporre a chi magari non è portato a sperimentare tagli meno pregiati. Per tutti gli altri, vale l’aurea regola del “piatto povero, cucina semplice”. E il nostro palato ringrazia.