Originario di Mondragone, in provincia di Caserta, Pierluigi Police ha lavorato per diversi anni nel mondo della moda, fino a quando, nel 1995, arriva ad Arezzo ed apre il suo primo ristorante Masaniello. Con il tempo la pizza diventa la sua occupazione e la sua passione primaria. Nasce così 'O Scugnizzo, che nel 2017 riceve il riconoscimento dei 3 spicchi del Gambero Rosso.
Un cambiamento radicale di vita e professione, fatto di sacrificio e soddisfazioni, che Pierluigi Police racconta a Fine Dining Lovers.
Lei è originario della provincia casertana, eppure il suo esordio con la pizza è avvenuto in Toscana. Come mai Arezzo?
Per puro caso. Provengo da una famiglia che ha sempre lavorato nel tessile ed io, come molti, intrapresi molto giovane le orme di mio padre. Mi occupai di quel settore fino ai 33 anni. Per una serie di motivi, tra cui la crisi e le difficoltà a cui va spesso incontro chi vuole fare impresa in certe zone del Paese, decisi di cercar fortuna altrove. Ritrovai un amico che non vedevo da molti anni, si era appena trasferito ad Arezzo e mi parlò di un negozio di mozzarella di bufala che stava cedendo l'attività. Colsi la palla al balzo e la rilevai. Mentre ero impegnato con il negozio, la mia compagna, che oggi è mia moglie, mi convinse ad andare per un breve periodo da un suo parente pizzaiolo fuori città, per imparare il mestiere. Per fortuna in quel periodo nella città toscana le pizzerie utilizzavano stendi-pizze, matterelli ed altre diavolerie, mentre io mi concentravo sulla manualità per un risultato più autentico. Trovai subito lavoro come pizzaiolo il un locale della zona.
Quando ha maturato l'idea di Masaniello, il primo progetto tutto suo?
Dopo meno di un anno mi resi conto di aver acquistato una buona padronanza del prodotto. Come mia moglie al mio fianco decidemmo di cercare un locale vuoto per metterci in proprio e sviluppare un progetto nostro. Forti anche della fortuna di essere affiancati da familiari che avevano ottime abilità culinarie. Dopo tanta ricerca lo trovammo, lo ristrutturammo e così partì Masaniello.
Cosa caratterizzava quel progetto?
Per Arezzo fu veramente un’apertura sensazionale, a differenza di tutti gli altri ristoranti di quei tempi, proponevamo una cucina diversa, focalizzata sui piatti di mare campani e la pizza. Nel menu i piatti di carne erano completamente assenti. Avevamo liste interminabili di prenotazioni, su ogni giorno della settimana. Il pesce di qualità era il nostro plus: io, che sono anche sub, scendevo due volte alla settimana a Mondragone, dove avevo molti amici pescatori, ritornando verso la Toscana con un furgone refrigerato colpo di pescato freschissimo.
Qual è stato il vero “salto” nella sua carriera?
Più che un salto, il mio fu uno scossone. Avvenne quando, sfogliando una rivista di settore, mi cadde l'occhio su un annuncio. Pubblicizzava alcuni corsi per istruttore pizzaiolo. La mia consueta curiosità mi portò ad iscrivermi. Partecipai e capii di dover mettere in discussione tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento. Mi resi conto di quanto ancora avevo da imparare in materia di impasti e tecniche. Fu fondamentale.

Quando è nato invece il locale 'O Scugnizzo?
Nel 2000. Anche qui niente di programmato: mi offrirono questo locale già pronto e mai aperto prima. Lo presi. Decidemmo di dare un taglio diverso al locale, più giovane rispetto al Masaniello, che cedemmo nel 2002, più informale. La nostra proposta fu quella della pizza napoletana con un formato da ½ metro fino al 2015, data in cui ci associammo ad AVPN Associazione Verace Pizza Napoletana ed iniziammo a proporre la pizza classica.
E com'è oggi la proposta di ‘O Scugnizzo?
‘O Scugnizzo si fonda su due cardini, ugualmente identificativi dell'indirizzo: la pizza e la birra. Tanto tempo fa, in una serata di degustazione organizzata con il birrificio Maltus Faber di Genova, un ospite, tale Lorenzo Dabove in arte Kuaska, definì ‘O Scugnizzo la pizzeria più birreria d’Italia. Ancora oggi mi piace molto questa definizione, veritiera, vista la passione e la ricerca che facciamo anche nell'ambito della birra artigianale.
La sua pizza in tre parole?
Fragrante, profumata, maledettamente napoletana.
Qual è la sua pizza più rappresentativa?
Tra tutte, una pizza molto importante per me è quella dedicata a Slow Food, di cui faccio parte. Si tratta della pizza Presidio, che prevede un topping di provola affumicata di bufala, salsiccia rossa di Castelpoto, papaccella napoletana grigliata e conciato romano.
Le tematiche della territorialità e del km 0 le sono dunque care?
Uso solo prodotti di stagione, d’estate anche molti a km 0. Ho un caro amico, appena fuori Arezzo, che ha un’azienda agricola e produce moltissime verdure ed ortaggi rigorosamente con metodi naturali. Ogni giorno mi reco da lui per avere queste delizie. Altri prodotti, come la salsiccia di suino brado del casentino, la battuta di Chianina, il prosciutto del casentino e tanti altri, arrivano direttamente dalla Macelleria Fracassi del caro amico Simone. Tengo a precisare che non sono un fanatico del km 0, mi piace piuttosto pensare al “km buono” o al “km di qualità”. Per esempio i latticini li reperisco da aziende del sud con le quali ho un rapporto ormai ventennale e che mi garantiscono un prodotto eccellente.

Che insegnamento darebbe ad un giovane che vuole fare la sua professione?
Ho potuto sperimentare sulla mia pelle che per andare avanti ci vuole una buona dose di voglia, curiosità e spirito di sacrificio ma la cosa che non deve assolutamente mancare è lo studio. Solo con esso si riescono a raggiungere i traguardi desiderati.
Quando ha riaperto la sua pizzeria dopo il lockdown? Qual è il cambiamento maggiore a cui avete dovuto adattarvi?
Abbiamo riaperto venerdì 29 maggio con tutti gli accorgimenti necessari che il momento richiede. Abbiamo passato gli ultimi mesi impegnati nella consegna a domicilio, cercando di strutturarla al meglio. Il cambiamento che più ci colpisce è la mancanza di contatto fisico. Noi siamo abituati a stringerci la mano, ad abbracciarci, a dare un piccolo bacio sulla guancia. Sia con le persone che lavorano qui che con i clienti, che spesso diventato persone di casa. Speriamo davvero che tutto passi in fretta, per poterci riprendere le nostre abitudini. Un altro aspetto che ci accompagnerà per molto tempo e potrebbe segnare un punto di non ritorno è quello della distanza tra i tavoli. I clienti pare apprezzino molto lo spazio che possono avere oggi a disposizione e, a pensarci bene, anche noi riusciamo ad offrire un servizio qualitativamente più elevato.